La città a fumetti

Due Torri

Dove
piazza Ravegnana, Bologna

Le due torri sono il monumento bolognese più noto. L’Asinelli fu innalzata tra il 1109 e il 1119. Per la sua notevole altezza, di oltre 97 metri, fu celebre fin dall’inizio. Benchè colpita più volte da fulmini e terremoti, non ha mai subito crolli notevoli. La rocchetta che ne circonda la base ospitava soldati di guardia: originariamente in legno, fu rifatta in muratura nel 1488 e infelicemente restaurata nel 1921. La torre Garisenda è coetanea dell’Asinelli, ma molto meno alta: circa 48 metri. Un cedimento del terreno la rese subito obliqua e costrinse ad interromperne la costruzione. Anzi nel XIV secolo fu addirittura abbassata e da allora fu chiamata torre mozza.


> Corrado Ricci e Guido Zucchini, Guida di Bologna, con aggiornamenti di Andrea Emiliani e Marco Poli, nuova ed. illustrata, San Giorgio di Piano, Minerva edizioni, 2002, pp. 129-130


e ancora ...

L’origine delle torri gentilizie bolognesi risale al periodo comunale, tra i secoli XII e XIII. Bologna fu tra le città più turrite d’Italia, vantando oltre 200 torri nella prima cerchia. Le mura delle torri sono più grosse in basso, a volte più del vuoto interno. Sono costituite di due camicie di mattoni, fra le quali è gettato un composto di ciottoli e calce. Le basi sono spesso rivestite di blocchi di selenite, provenienti da Monte Donato.


> ivi, p. 125


 

curiosità ...

Il 7 aprile 1878 un lanternaro di 19 anni, Luciano Monari, scese dalla torre Asinelli aggrappato al parafulmine. Il 4 maggio successivo Luigi Galloni, muratore di 26 anni, salì e scese all’esterno della torre in soli 22 minuti e facendo esercizi di ginnastica. Nonostante i divieti dell’autorità queste imprese destarono una pericolosa emulazione e altri “ascensionisti", nella vita pompieri o muratori, tentarono con maggiore o minore successo di raggiungere la cima della torre.


> Cent’anni fa Bologna. Angoli e ricordi della città nella raccolta fotografica Belluzzi, a cura di Otello Sangiorgi e Fiorenza Tarozzi, Bologna, Costa, 2000, pp. 68-69