copertina di Non si dice sayonara
Antonio Carmona

Non si dice sayonara

traduzione Mirta Cimmino

dagli 11 anni

Il papà di Elise cucina torta di cipolle più volte alla settimana, non vuole che si parli giapponese, che si leggano Manga o si guardino anime. E dai suoi occhi si capisce chiaramente che dentro di lui c’è una specie di demone che lo rende insensibile a ciò che succede attorno. È così da quattro anni, da quando la mamma di Elise è morta. La mamma era giapponese, il papà è francese. 
Elise fa moltissimi puzzle, li compone velocemente, senza pensare a nient'altro e ogni lunedì a casa di Stella, all’insaputa del papà, guarda episodi su episodi di Naruto. 
Inaspettata la nonna giapponese decide di fare visita alla nipote. È decisa a purificare la casa, a tenere in vita il ricordo della figlia, a cucinare cibo giapponese e a scuotere tutta la tristezza che si è accumulata in casa e nel giardino.
La voce che racconta è proprio quella di Elise e non è una voce triste, è la voce di chi desidera non perdere ricordi e pezzi del proprio passato per potere pensare a un futuro possibile e sereno. Leggendo si può piangere un po’, ma capita anche di sorridere e di ridere.

 

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