Maeve Binchy, La ricetta di un sogno, Milano, Sperling & Kupfer, 2003
› "Prima servivano solo minestra annacquata e pane tostato con i fagioli".
"Non lo sapevo"
"A quei tempi la gente non chiedeva altro. E guarda com'è diverso oggi. Potreste raccontare le storie delle persone che frequentano "Quentins": è cambiato tutto dai tempi in cui era pieno di gente con la valigia legata con lo spago che andava a prendersi un tè e due uova fritte prima di salpare con la nave degli emigranti. (p. 99)
Anthony Bourdain, Kitchen confidential: avventure gastronomiche a New York, Milano, Feltrinelli Traveller, 2002
› No, io voglio parlarvi degli oscuri recessi delle retrovie di un ristorante - una sottocultura la cui gerarchia militare e l'etica vecchie di secoli a base di "rum, sodomia e frusta" creano una miscela di ordine inossidabile e caos capace di mettere a dura prova i nervi di chiunque - perché le trovo piuttosto rilassanti, al pari di un bel bagno caldo. (p. 13)
Aldo Busi, Le persone normali. La dieta di Uscio, Milano, Mondadori, 1992
› All'interno del ristorante che si perde a vista d'occhio fin dentro le cucine senza fine ci separiamo e resto lì in piedi senza sapere dove andare a sedermi; arriva di lato una caposala dalle molte dentiere ridenti e mi dà un tavolo "Per intanto", un po' in disparte, l'ideale per snidare poco visto tutti gli altri commensali, molti già al caffè - d'orzo. (p. 47)
Dal Greco al Florian: scrittori italiani al caffè, a cura di Riccardo Di Vincenzo, Milano, Archinto, 2003
› E' una generazione, la mia, che ancora ha inteso il caffè come succursale dello studio. E difatti noi ci abbiamo passato anni della nostra vita, nei caffè: ora qua ora là secondo l'estro e le circostanze; dibattendo idee e facendo programmi, lottando e magari menando le mani, per l'arte. (p. 67)
Fannie Flagg, Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop, Milano, Sonzogno, 2000
› Il Caffè di Whistle Stop ha aperto la settimana scorsa, proprio di fianco a me alla posta, e le proprietarie, Idgie Threadgoode e Ruth Jamison, affermano che fin dal primo giorno gli affari sono andati a gonfie vele. Idgie dice che la gente non deve aver paura di restare avvelenata, perché non è lei che cucina ma due donne di colore, Sipsey e Onzell, mentre al barbecue c'èBig George, il marito di Onzell. (p. 11)
Patricia Gaffney, Un cuore nel piatto, Milano, Salani, 2004
› Rallentò passando davanti al ristorante, sforzandosi di guardarlo con gli occhi di Anna.A Carmen piaceva il tendone rossiccio sull'entrata, diceva che dava un tocco di classe, ma Rose non ne era convinta. All'improvviso ebbe la certezza che Anna lo avrebbe odiato. Pretenzioso, ecco com'era, e troppo grande per la piccola facciata di mattoni. Le gialle pansé nella fioriera accanto alla porta non avevano un bell'aspetto, erano secche e piene di polvere; Louis si era dimenticato di innaffiarle. Almeno aveva lucidato l'ottone della porta, alleluia, e aveva lavato la finestra dai vetri fumé. Chissà se aveva anche spazzato? (p. 27)
Naghib Mahfuz, Il caffè degli intrighi, Salerno, Ripostes, 1990
› Mi sedetti su una sedia e cominciai a guardarmi intorno per familiarizzare con quel posto. Era solo una grande stanza, ma piacevole ed elegante, con pareti verdi ed arredata con sedie e tavoli nuovi, con molti specchi sui muri, lampade colorate, vasi puliti, che lo rendevano un luogo di riposo attraente, irresistibile. (p. 15)
Giuliana Morandini, Caffè Specchi, Milano, Bompiani, 1983
› Poche persone sostavano sedute all'aperto. Il caffè anche se riparato, era quasi deserto. La folla fluiva e quei colori erano scintille per la sua mente.
Ad un tratto l'orchestrina, sonnacchiosa nell'angolo del caffè si risvegliò. Gli orchestrali, che poco prima Katharina osservava compiaciuta per il silenzio e gli strani atteggiamenti d'abbandono, si attaccavano agli strumenti come per sostenere i loro corpi. (p. 38)
Elliott Murphy, Note al Caffè, Trezzano su Naviglio, FBE edizioni, 2004
› Aveva fissato il nostro primo incontro per le tre di un martedì pomeriggio, al "Caffè Beaubourg", vicino al "Centre Pompidou". Era facile da trovare. Sapevo dov'era, poiché si trovava proprio accanto al rinomato museo che, per via di tutte quelle condotte di aerazione esterne, sembra costruito al contrario: con l'interno all'esterno. (p. 6)
Ruth Reichl, Aglio e zaffiri: vita segreta di una gastronoma mascherata, Milano, Ponte alle Grazie, 2005
› Un grande ristorante è come un purosangue. Può volerci un po' per riconoscerne la classe ma una volta lanciato al galoppo diventa travolgente. (p. 193)
Nora Seton, Il circolo della cucina, Milano, Rizzoli, 2000
› Quando sento la mancanza di mia madre, la rivedo sempre in cucina. E' quello il luogo a cui tornano di continuo i miei pensieri, e mi rivedo aprire l'anta di un pensile, o il frigorifero. Qual era il cassetto con la vecchia scatola di latta della farina? Me lo domando, perché il passare degli anni ha interferito con ciò che un tempo era familiare, spargendo sul cammino cumuli di moderni dettagli che testimoniano del procedere della vita. (p. 12)
Anne Tyler, Ristorante nostalgia, Milano, TEA, 1997
› La cucina del ristorante aveva un'aria sovraffollata; era un miracolo che ne riuscissero a emergere dei piatti accettabili. Ezra era ai fornelli, e soprintendeva alla schiumatura di qualche brodo o minestra: una ragazza giovane sollevava dei mestoli di liquido fumante e li versava in una ciotola. (p. 110)
Annie Vivanti, Marion artista di caffè-concerto, Palermo, Sellerio, 2006
› - Sono tutti così i vostri Caffè-Concerti - chiese mettendo la tuba sulla sedia vicina e scotendo dalla fronte le cioche dei capelli biondi. - Non vi si può condurre la moglie o la sorella.
- Qui a Genova no - disse Mario. - Sono indecenti. Ma Roma e Firenze è tutt'altra cosa. (p. 67)
Banana Yoshimoto, Kitchen, Milano, Feltrinelli, 1993
› Illuminati da un piccolo neon vari tipi di piatti tranquillamente in attesa del loro turno e bicchieri scintillanti. Si capiva al primo sguardo che, nonostante un po' di disordine avevano solo cose di primissima qualità. C'erano stoviglie per usi specifici: grandi scodelle per zuppe, pirofile per gratin, piatti di misura extra, boccali di birra col coperchio. Chissà perché, mi sembrò un buon segno. Anche nel frigorifero, che Yuichi mi invitò ad aprire, se volevo, tutto era sistemato con cura e si vedeva che niente era lì da troppo tempo.
Giravo e osservavo tutto, approvando. Era una buona cucina. Me ne ero innamorata a prima vista. (p. 14)