Jorge Amado, Cacao, Milano, Mondadori, 1984
› La strada costeggiava un braccio del fiume. Sull'altra sponda apparivano le rocas. Alcune barche discendevano il fiume cariche di sacchi di cacao. Indicai gli alberi piegati sotto il peso dei frutti gialli:
"Quello è cacao, no?"
"Non l'avevi mai visto?" (p. 36)
Philippe Delerm, Pagine e cioccolato, Milano, Frassinelli, 2006
› Che importa se la barretta di cioccolato al latte non piace alle papille adulte amare, la sua soavità d'infanzia ne esce moltiplicata. E poi, a guardare meglio, il viola della confezione non è così dolciastro. Il paesaggio elvetico vi dispiega una monocromia quasi temporalesca, e un fulmine d'acciaio lo attraversa quando lo schiudete e arrivate allo strato di alluminio. (p. 33)
Laura Esquivel, Dolce come il cioccolato: romanzo piccante in 12 puntate con ricette, amori e rimedi casalinghi, Milano, Garzanti, 1991
› In casa facevano la cioccolata come da nessun'altra parte, perché mettevano molta cura in tutte le fasi della preparazione, dalle materie prime fino alla battitura, che è un altro capitolo importantissimo. L'imperizia nello sbatterla può far sì che una cioccolata di ottima qualità diventi disgustosa, o per scarsa cottura, o per troppa cottura, o perché troppo spessa, o addirittura perché bruciata. (p. 134)
Tina Grube, Gli uomini sono come il cioccolato, Milano, TEA, 2000
› Ah, proprio così! Al gianduia. Il migliore. Questo se non altro manteneva quello che prometteva. Aprii avidamente la confezione. La crema al gianduia in particolare ha uno straordinario effetto consolatorio veramente unico. Il dolce ripieno che scioglie in bocca è un vero e proprio balsamo dalle evidenti qualità taumaturgiche. Soprattutto se mangiato accompagnato da pasta al pomodoro. (p. 110)
Joanne Harris, Chocolat, Milano, Garzanti, 1998
› E' come uno dei miei sogni. Mi rotolo nel cioccolato. Immagino me stesso in un campo di cioccolatini, su una spiaggia di cioccolatini, mentre mi crogiolo-grufolo-ingozzo. Non ho tempo per leggere le etichette, mi infilo dei cioccolatini in bocca a caso. Il porco perde la sua astuzia di fronte a tanto piacere, ritorna a essere di nuovo un porco, e anche se qualcosa in fondo ai miei pensieri urli di smetterla, non riesco a farlo. Una volta cominciato, non può finire. (p. 319)
Rosetta Loy, Cioccolata da Hanselmann, Milano, Rizzoli, 1995
› In seguito la bibliotecaria aveva preso l'abitudine di mettergli accanto al libro una tavoletta di cioccolato, una di quelle con la veduta della Svizzera, perché aveva capito che era in difficoltà alimentari e quei biscotti che gli offriva con il tè li vedeva sparire in un attimo. Si fermava compiaciuta a guardargliela mangiare, pezzetto dopo pezzetto, senza smettere di leggere. (p. 141)
Senel Paz, Fragola e cioccolato, Firenze, Giunti, 1994
› Ci siamo conosciuti proprio qui, da Coppelia, in una di quelle giornate in cui uno non ha la più pallida idea di che fare dopo la merenda, se bighellonare in su o bighellonare in giù per la strada. Si è avvicinato al mio tavolo, e mormorando un "Posso" si è seduto sulla sedia di fronte con le sue borse, lre sue cartelle, l'ombrello, i rotoli di carta ele coppe di gelato. Gli ho gettato un'occhiata: non c'era bisogno di essere un'aquila per capire che razza di tipo era; e comunque, c'era il gelato di cioccolato e lui avesse preso quello di fragola. (pp. 13 - 14)
James Runcie, La scoperta del cioccolato, Milano, Garzanti, 2002
› La prima volta in cui la assaggiammo capimmo di avere inventato qualcosa di assolutamente straordinario.
Le donne offrirono la bevanda ai loro clienti, che portarono addirittura la ricetta alle mogli. Fece davvero sensazione in città, e si sparse la voce che avevo creato un autentico nettare.
Ogni volta che la preparavo mi era impossibile non pensare a Ignacia. La cioccolata divenne il mio modo di ricordarla, il tepore dell'aroma non mancava mai di riportarmi alla felicità che avevamo assaporato nella piantagione. (p. 85)
Philibert Schogt, La bottega del cioccolato, Milano, Garzanti, 2003
› Fu soprattutto la sobrietà della vetrina a piacergli. Niente fronzoli, niente orpelli, niente scatoline con nastrini rosa, ma solo e unicamente cioccolato. Ripensandoci, si rendeva conto che era una sobrietà diversa da quella moderna, trendy, che gli faceva orrore, diversa da quel design paranoico, freddo e distaccato, che sembrava studiato apposta per far apparire il cibo immangiabile. No. Lì i cioccolatini erano esposti uno accanto all'altro in modo tranquillo, naturale. Non avevano bisogno di dimostrare niente, bastava guardarli per capire che erano di alta qualità, al punto che Joop, pur continuando a non essere un grande amante del cioccolato, si sentì venire l'acquolina in bocca. (p. 94)