Testo di Sergio Rossi

"Sono un tipo noioso, lo so. Scrivilo pure. No, non ho detto metodico. Ho detto noioso. Mio fratello Franco mi definisce addirittura un truce. Certo, lui è sempre stato giudicato l’estroverso della famiglia e io il suo contrario. Però non credo alle definizioni così nette, anche nelle mie storie non esistono quasi mai i “buoni” e i “cattivi”, tutti i personaggi sono ambivalenti o polivalenti. Perché la realtà è proprio così, fatta di continue sfumature. Infatti Franco, che di mestiere lancia i cantanti di musica leggera e vive quindi in un mondo tipicamente consumistico e superficiale, ed è lui stesso, a prima vista, allegrone e compagnone, poi ha scritto un romanzo molto amaro, quasi una confessione, che è il suo vero risvolto. Insomma, abbiamo tutti almeno due facce e quanto più la situazione contingente ci costringe a vivere un personaggio che ci appartiene solo a metà, tanto più l’altro personaggio – quello vero – dentro di noi diventa forte".

 

Così Guido Crepax si descriveva in un’intervista a Marisa Rusconi pubblicata nel n. 44 di «Linus» del novembre 1968 e poi contenuta nel primo (e unico) volume de L’enciclopedia del fumetto curata da Oreste del Buono per Milano Libri nel 1969. Valentina, la sua creatura di carta, era già esplosa sulle pagine di «Linus», guadagnandosi la parte di prima attrice e scalzando dalla scena il suo fidanzato, il critico d’arte americano Philip Rembrandt e il suo alter ego Neutron, a metà tra lo 007 di Ian Fleming e il giustiziere alla Dick Tracy di Chester Gould, e portando alla ribalta una nuova idea di figura femminile in cui si respirava a pieni polmoni l’aria dell’epoca ripresa in tempo reale con le sue mode, i sui tic intellettuali, i dischi, la musica, i vestiti, le macchine, i giornali e le notizie che riportavano, che erano poi le stesse che leggeva il suo autore mentre le disegnava. Per questo, prima dell’intervista Marisa Rusconi immaginava un Crepax «come un intellettuale inquieto, irrequieto e raffinato, che ha letto naturalmente tutto Freud e Marx ma nelle edizioni di lusso, uno che vive immerso in un disordine un po’ snob, pieno di appuntamenti che dimentica, di prenotazioni (sul jet) che perde. Preso dentro un vortice di viaggi – lunch ad Amburgo, pranzo a Londra, domani mattina a Manila – e di amori altrettanto rapidi, caotici, esaltanti […] è facile immaginarlo così, attraverso le sue storie, o meglio, attraverso certi leit-motiv nei personaggi e negli ambienti. Le ragazze che hanno professioni attuali, ma si spogliano anche volentieri, i giovanotti che passano da un emisfero all’altro e partecipano a orge senza mai sorridere; il salotto intellettual-mondano, ma anche la clinica psichiatrica stile neo-gotico, la spiaggia di moda, la mostra del momento, l’happening, l’opera lirica come riscoperta culturale. E poi tanti amori con qualche sfumatura morbosa, situazioni oniriche, angosce e incubi freudiani, torture fisiche e psichiche che farebbero felici anche il marchese de Sade e il signor Masoch».

Invece Guido Crepax, all’anagrafe Crepas (la “x” finale è un suo vezzo artistico), nato a Milano il 15 luglio 1933 e ivi scomparso il 31 luglio 2003, non ha mai amato viaggiare se non all’interno della sua casa di via de Amicis 45 (la stessa in cui farà abitare Valentina), ordinata fino alla pignoleria. Non era un tipo mondano, non ha avuto altri amori se non la moglie Luisa, da sempre modella sia di Valentina sia di molti altri personaggi raffigurati nelle illustrazioni per riviste come «Novella» insieme a se stesso, che aveva lo stesso fisico sia di Philip Rembrandt sia di molti altri modelli maschili che si trovano all’interno della sua opera. Forse è solo da questo apparente ordine esteriore che poteva svilupparsi la formidabile forza creativa caratterizzante tutta l’opera di Crepax che, vista tutta insieme, ha la grandezza e la complessità di un mare magnum composto da illustrazioni, fumetti originali, trasposizioni di opere letterarie, commissioni per il teatro e il cinema. Questa bulimia grafico-narrativa è molto precoce. Si dice che già a tre anni il piccolo Guido si divertisse a ridisegnare le illustrazioni della «Domenica del Corriere», mentre a otto anni, quando viveva a Venezia poiché il padre era primo violoncello al Teatro la Fenice, imbastiva dei teatrini animati con personaggi che disegnava e ritagliava personalmente. A dodici anni, una volta rientrati a Milano, disegnava battaglie e soldatini per giocare insieme al fratello Franco e gli amici Claudio Abbado ed Emilio Tadini. Rientrando a Milano scopre anche il fumetto, come racconta lo stesso Crepax ancora a Marisa Rusconi: «Un giorno, dopo la fine della guerra – me ne ricordo come se fosse oggi –, comprai per la prima volta in una stazione ferroviaria “Topolino”. Era il momento in cui cominciavano a uscire le strip americane: c’erano su anche le storie di Mandrake e mi fecero una grande impressione». Da lì in poi il mondo del fumetto e dell’illustrazione lo agguanta e non lo lascia più. Contemporaneamente si forma il suo gusto per la narrativa fantastica e orrorifica, che sarà una costante della sua opera: dopo la visione de L’uomo invisibile di James Whale ne realizza un adattamento a fumetti, poi tocca al Dr. Jekyll e mr. Hyde, quindi a Il vampiro, sua creazione autonoma, e a Frankenstein, la sua passione, il cui adattamento sarà l’ultima sua opera.

Intanto arriva all’università, frequenta la facoltà di architettura, si laurea ma non eserciterà mai. Già nel 1953, per guadagnarsi da vivere, comincia a illustrare centinaia di copertine di dischi (sua per esempio quella di “Nel blu dipinto di blu” di Domenico Modugno), specie per la Ricordi dove lavorava il fratello Franco, e soprattutto di musica jazz, che ben si sposano alla sua linea grafica che si rifaceva al segno dell’americano Ben Shahn. La copertina per il complesso The Crew Cuts viene notata da Luigi Morisetti, executive della Shell Italia, che lo ingaggia per una campagna che nel 1957 vince la Palma d’oro per la pubblicità. Nel 1958 comincia una pluridecennale collaborazione con la rivista «Tempo medico», di cui illustra tutte le copertine nonché la rubrica Circuito interno, una serie di quiz a fumetti pensati dal radiologo Pino Donizetti. Segue un’intensa attività di illustratore per Mondadori (il periodico «Per voi ragazzi»), Vallardi (l’enciclopedia “la Civiltà”), la rivista «Velocità», le pubblicità per Campari e i periodici Rizzoli, le copertine per la “Piccola biblioteca Ricordi” e la rivista di fantascienza «Galaxy», i testi scolastici per Loescher e Calderini. Nel 1965 approda sulle pagine della appena debuttante «Linus» di Giovanni Gandini con il suo primo fumetto: La curva di Lesmo, dove appaiono il critico d’arte Philip Rembrandt e la fotografa Valentina Rosselli, di cui sarà il fedele cronista delle vite che svolgeranno parallelamente a quella del loro creatore. Finalmente libero da testi altrui, Crepax conosce la «gioia di esser completamente libero», di inventare storie e realizzarle graficamente. Ancora Crepax a Marisa Rusconi: «Non so scrivere, ma l’unica strada possibile mi sembra quella di un’invenzione contemporanea fra testo e disegni e soltanto mia: ogni volta che ho disegnato storie di altri mi sono sentito un intruso».

Non smette l’attività di illustratore, e fra il 1966 e il 1973 disegna le 192 copertine per i volumetti di avventure dei Nuovi Sonzogno, mentre in campo pubblicitario ricordiamo almeno due personaggi-testimonial femminili: nel 1969 la campagna per le gomme Dunlop (poster, calendario, adesivi) con un personaggio che ricalca Valentina e porta il nome un po’ sibillino di Dunlopella; nel 1970 è la volta di Terry, per la campagna pubblicitaria del tessuto sintetico Terital. La sua attività di fumettista non si ferma a Valentina. Il fumetto rimane il linguaggio a lui più congeniale, in cui trova sfogo la sua bulimia creativa e il suo impegno politico, come ne La calata di Mac Similiano XXXVI (1969), dove descrive il suo disprezzo per la guerra del Vietnam, o le sue simpatie per gli outsider politici nel precendente romanzo a fumetti L’astronave pirata (1967), che è anche il primo graphic novel italiano. Le donne rimangono le sue protagoniste preferite, e anche in questo si differenzia dal resto degli altri autori che, specie nel fumetto industriale, privilegiano personaggi maschili, tranne per quello che riguarda i fumetti erotici le cui eroine – citiamo a caso la duchessa Isabella, l’imperatrice Teodora, l’indiana bianca Vartan, la fuorilegge anni Venti Bonnie – vengono malmenate da critici e giornalisti, mentre quelle di Crepax vengono portate sugli altari anche in campi al di fuori del Fumetto, grazie alle continue innovazioni da lui portate nel montaggio delle vignette, nella costruzione delle storie, nei riferimenti a un mondo onirico che mescola fantastico, miti d’oggi e psicanalisi.

Nascono così tre eroine la cui fama si espande fuori dai confini delle riviste del fumetto: Belinda (1967), viaggiatrice nel mondo dei giovani anni Sessanta; Bianca (1968), dove sfoga la sua vena più surreale; Anita (1971), dove si narra della relazione di una donna con la televisione raffigurata in un bellissimo quanto famoso Brionvega portatile (qualche anno dopo Anita cadrà in tentazione con un computer nel volume Anita in diretta). Bianca, per esempio, viene pubblicata a puntate nel mensile «Kent», uno dei tanti che con «Sir», «Playmen» e «ABC» si muove sulla scia di «Playboy», proponendo servizi fotografici di nudo accanto ad articoli di costume, cinema, letteratura spesso redatti da alcuni outsider della letteratura come Gian Carlo Fusco e Luciano Bianciardi.

Nel 1968 firma le scenografie per La gabbia, opera teatrale di Renzo Rosso diretta da Luigi Squarzina; collabora con Tinto Brass, allora celebrato come il Godard italiano, per i film Col cuore in gola e Nero su bianco, e già si parla di un lungometraggio a quattro mani tra il fumettista e il regista, che non sarà mai realizzato. Negli anni Settanta e Ottanta, oltre alla sua Valentina, Crepax si dedica agli adattamenti dei classici della letteratura (Poe, Stevenson, Shelley, James), dell’erotismo (De Sade, Masoch, Arsan), mentre per Bonelli realizza due volumi della collana “Un uomo, un’avventura” (L’uomo di Pskov e L’uomo di Harlem). Negli anni Novanta, per il mensile «L’espresso Più» inventa il personaggio di Giulietta, moderna incarnazione dell’omonima protagonista del dramma di Shakespeare ma che non si strugge troppo nell’attesa del suo bel Romeo, nonché la teenager Francesca per il «Lupo Alberto Magazine», mensile per ragazzi dalla vita troppo breve. L’avanzare della malattia non lo fa desistere dal disegnare: realizza Salomè, continua le storie di Valentina, ormai cinquantenne, e disegna il suo amato Frankenstein, amore letterario e cinematografico fin da quando era bambino, che chiude la sua parabola di uomo e di artista delle nuvole parlanti.

 

Sergio Rossi