Bologna negli anni Sessanta

Bologna negli anni Sessanta

“Ho fatto la mia città. Mi è dolce pensare che dopo di me, grazie a me, gli uomini vi si riconosceranno più felici, migliori e più liberi. Per il bene dell’umanità futura ho fatto la mia opera. Ho vinto”  (Teseo, fondatore di Atene)

cit. da: Bologna dall’autarchia al boom, a cura di F. Varigana, Bologna 1997, p. XVI

Bologna che risorse dal disastro della guerra non fu, come la mitica Atene, opera di un solo artefice. Grandi personaggi, come Dozza e Lercaro, Morandi o padre Marella,  contribuirono alla ricostruzione sia architettonica, che culturale e morale della città. Ma il merito va soprattutto a tante persone comuni che, lasciatasi alle spalle la tragedia immane del conflitto, si incamminarono con fiducia nella nuova era. Gli anni Sessanta furono per molti, forse per tutti, l’epoca del riscatto dalla miseria, l’avvento della civiltà dei consumi, vista allora con grande favore. Entravano nelle case la TV e gli altri elettrodomestici, gli oggetti in plastica e tanti nuovi prodotti colorati. Con la 500 o la Vespa si poteva andare in autostrada o in centro al supermercato. E’ un periodo ricordato anche per la buona politica: i quartieri, la salvaguardia del centro storico e della collina, i piani PEEP ... Ma mentre il “modello” sociale emiliano pareva imporsi, le profonde inquietudini prodotte dalla Guerra Fredda cominciavano a manifestarsi negli scioperi e nelle prime occupazioni all’università ...

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