Le lavandaie del canale di Reno

Nella stagione invernale, addossati ai muraglioni interni venivano costruiti alcuni casotti in legno lunghi e bassi, sotto i quali si svolgeva il lavoro delle lavatrici, ma in primavera i casotti venivano smontati e le lavandaie lavoravano di nuovo all'aperto.

Spingendosi fino in via della Grada, a fior d'acqua, sui bordi formati da teorie di pietre levigate e inclinate, lavoravano e chiacchieravano.

Colpivano l'occhio dei passanti i loro abiti a colori vivaci, la biancheria agitata nell'acqua e battuta sulle pietre, lo sventolio delle vaste lenzuola messe ad asciugare sulle corde che attraversavano la strada  congiungendo le case.

Non era raro poi ascoltare il canto di qualche lavandaia innamorata, il racconto inframmezzato da risate su qualche pettegolezzo o i commenti sulle rappresentazioni all'Arena del Sole, alle quali le lavandaie erano spettatrici d'obbligo alla recinta diurna del lunedì.

Tutto questo aspetto colorito era talmente pittoresco e nel medesimo tempo intimo e raccolto da sembrare impossibile nel cuore della città.

 

(da: Alessandro Cervellati, Bologna al microscopio, vol. 4.: Curiosità delle cronache, Bologna, Edizioni aldine, 1957)