Casa Tommasini

via San Vitale, 58

Io non ho bisogno di stima, né di gloria, né d'altre cose simili, ma ho bisogno d'amore ... trovandolo così vivo e sincero in voi e nella vostra famiglia ... siccome si possono amare in un tempo due patrie come proprie, così io amo come proprie due famiglie in un tempo: la mia e la famiglia Tommasini la quale da ora in avanti, se così vi piace, chiamerò parimenti mia.

(G. Leopardi, Lettera ad Antonietta Tommasini, 1828)

Casa Tommasini, in via San Vitale, tra il 1815 e il 1829 ospitò un salotto letterario frequentato dai migliori intellettuali bolognesi. Era animato da Antonietta Ferroni, moglie dell'illustre medico e scienziato Giacomo Tommasini, donna "di corporatura esile e delicata", ma forte d'animo, colta, raffinata, appassionata di problemi pedagogici e ardente patriota.

Il professor Tommasini, docente di Clinica medica all'Università, fu promotore del rinnovamento della scienza medica, con una connotazione patriottica che suscitò l'entusiasmo degli studenti, i quali accorrevano numerosi alle sue lezioni e a volte lo portavano in trionfo. Egli assommava alle non comuni capacità di scienziato, anche notevoli doti umane, "di affabilità, modestia, benevolenza, sensibilità".

Leopardi ebbe modo di incontrarlo e di conoscere la sua famiglia - oltre alla moglie, la figlia Adelaide, con la quale rimase in contatto epistolare fino alla fine della sua vita - per motivi legati alla sua malferma salute. Nel gennaio 1826, all'amico Antonio Papadopoli, che voleva procurargli una visita dal rinomato medico, scrisse una lettera dal tono scettico:

Quanto a Tommasini, fa quello che ti piaccia, ma tu sai da una parte che io spero poco né medici; dall'altra che io non posso pagare le visite di un Tommasini.

L'esito dell'incontro dovette essere più positivo del previsto: oltre che suo paziente, egli divenne suo caro amico.

La casa di via San Vitale, luogo di incontro degli amici parmensi e bolognesi della famiglia Tommasini, diede a Leopardi l'occasione di ampliare le sue conoscenze a Bologna, fino ad allora assai ristrette.

Con Antonietta, e con l'amica Caterina Franceschi Ferrucci, cultrice di prosa e filosofia ed esperta latinista, meditò e discusse problemi pedagogici ed educativi. Nel salotto lesse i suoi versi e ricevette in cambio una ammirazione senza confini e un affetto duraturo.

Approfondimenti
  • Giacomo Leopardi, Lettere da Bologna, a cura di Pantaleo Palmieri, Paolo Rota, Bologna, Bononia University Press, 2008, p. 153
  • Pantaleo Palmieri, Leopardi: frequentazioni bolognesi, in: Gioachino in Bologna. Mezzo secolo di società e cultura cittadina convissuto con Rossini e la sua musica, a cura di Jadranka Bentini e Piero Mioli, Bologna, Pendragon, 2018, pp. 126-128
  • Arabella Riccò, Giacomo Tommasini, in: Giacomo Leopardi e Bologna: libri, immagini e documenti, a cura di Cristina Bersani e Valeria Roncuzzi Roversi-Monaco, Bologna, Pàtron, 2001, pp. 295-297
  • Arabella Riccò, Antonietta Ferroni Tommasini, in: Giacomo Leopardi e Bologna, cit., pp. 298-299