Teatro del Corso - Casa Aliprandi

via Santo Stefano, 31

Qui ho tolto a pigione per un mese un appartamentino in casa di un'ottima e amorevolissima famiglia, la quale pensa anche a farmi servire e darmi da mangiare, perchè io non amo di profittar molto degli inviti che mi si fanno di pranzare fuori di casa.

(G. Leopardi, Lettera a Monaldo Leopardi, 3 ottobre 1825)

In strada Santo Stefano, conosciuta come il corso di Bologna, si trovava dal 1805 un bel teatro in stile neoclassico. Fu costruito dall'architetto Francesco Santini, ingegnere e professore all'Accademia di Belle Arti, che si ispirò al teatro nuovo di Ferrara. La sua proposta fu preferita dall'impresario Badini, soprattutto per ragioni economiche, a quella dell'architetto Ercole Gasparini.

L'edificio era dotato di una sontuosa sala a pianta ellittica, con quattro ordini di palchi e un ampio palcoscenico attrezzato. Tutti gli ambienti erano decorati con pitture, motti e medaglioni raffiguranti i maggiori attori del passato.

Nel complesso il teatro si presentava come una struttura polivalente per l'intrattenimento: in corrispondenza del terzo ordine di palchi, si apriva infatti una grande sala, con due ridotti laterali e due piccoli, eleganti appartamenti, uno dei quali era sede di una società di gioco.

Dopo il restauro del 1822, la sala ospitò soprattutto commedie, ma anche opere liriche e ogni tanto esibizioni di "grandi equilibri e forze erculee", saltimbanchi, tombole e due veglioni a carnevale.

Giacomo Leopardi fu a pensione dal 29 settembre al 3 novembre 1826 nel palazzo all'ingresso del teatro, presso i coniugi Aliprandi, "due ex cantanti già famosi", che avevano da tempo abbandonato la musica e facevano gli impresari. Frequentò di rado gli spettacoli, ma non poté evitarli completamente, data la prossimità del suo appartamento:

I teatri di Bologna io non so ancora come siano fatti, perché gli spettacoli mi seccano mortalmente ... il muro della mia camera è contiguo al teatro del Corso talmente che mi tocca sentir la commedia distintamente, senza muovermi di casa.

Nell'800 il Corso seppe a lungo rivaleggiare con il Comunale. Qui furono allestite, tra le altre, numerose commedie dialettali di Alfredo Testoni. Nel 1906 qui si ebbe il debutto bolognese del suo celebre Cardinale Lambertini, recitato da Ermete Zacconi.

La sera del 19 gennaio 1914, al teatro del Corso, lo stato maggiore futurista, di cui facevano parte Carrà, Boccioni, Balilla Pratella e Russolo, tentò di mettere in scena una sintesi dal titolo Elettricità. La rappresentazione venne interrotta dalle intemperanze del pubblico, compreso il proverbiale lancio di ortaggi, una continua e densa pioggia "floreo-vegeto-minerale".

Anche i più scalmanati goliardi bolognesi non accettarono le sequele "di parole buttate là alla rinfusa" dei futuristi. Non erano pronti ad accettare messaggi di distruzione assoluta in nome della bellezza e risposero minacciosamente:

Ci vogliono patate - signori futuristi
E un rullo di legnate - per voi poveri cristi.

Nella sua stagione bolognese Pier Paolo Pasolini, giovane studente universitario, assistette ad alcune rappresentazioni, che alimentarono la sua precoce passione per il teatro: alla vigilia di Natale del 1940, ad esempio, vide recitare Memo Benassi ed ebbe modo di giudicare il suo modo - estroverso ed eccentrico - migliore di quello di Zacconi. Le sue preferenze andarono comunque al teatro di regia, piuttosto che alla tradizionale performance del "grande attore".

La presenza di Leopardi - e assieme di Rimbaud - è evocata in un sogno di Giuseppe Raimondi, descritto nel suo Giuseppe in Italia. Lo scrittore passeggia assieme a Giorgio Morandi in via Santo Stefano e passa davanti al Teatro del Corso. Alzando gli occhi sulla "vecchia facciata dal sapore neoclassico", vede un uomo che fa cenni verso di loro da una finestra del secondo piano. Poco dopo avviene l'incontro sulla porta del teatro:

Era un uomo sulla cinquantina. Vestiva un soprabito di foggia disusata, che finiva in una sorta di mantellino, o pipistrello ... ci colpì l'accento francese delle sue parole ... Lo credemmo un vecchio professore; un pensionato; un commediante di passaggio. Ma quando, con voce opaca, e scandendo un poco le parole, disse: "Cercavo il figlio del conte Leopardi", allora pensai a uno studioso forestiero.

Il teatro venne distrutto dal bombardamento del 29 gennaio 1944, durante le prove del Barbiere di Siviglia di Rossini. Nei mesi seguenti le sue rovine ospitarono famiglie di sfollati e dopo la guerra non fu più ricostruito.


Approfondimenti
  • Umberto Beseghi, Palazzi di Bologna, 2. ed., Bologna, Tamari, 1957, p. 324
  • Marina Calore, Il teatro del Corso 1805-1944. 150 anni di vita teatrale bolognese tra aneddoti e documenti, Bologna, Lo scarabeo, 1992
  • Giacomo Leopardi e Bologna: libri, immagini e documenti, a cura di Cristina Bersani e Valeria Roncuzzi Roversi-Monaco, Bologna, Pàtron, 2001, p. 69, 73, 77
  • Gianmario Merizzi, "... e tutta la città era in suoni". I luoghi della storia della musica a Bologna, Bologna, Comune di Bologna, 2007, pp. 38-39
  • Pasolini e Bologna, a cura di Davide Ferrari e Gianni Scalia, Bologna, Pendragon, 1998, pp. 37-38
  • Federico Ravagli, Dino Campana e i goliardi del suo tempo, 1911-1914. Autografi e documenti, confessioni e memorie, Bologna, CLUEB, 2002, p. 15
  • Giuseppe Raimondi, Giuseppe in Italia, 2. ed., Milano, A. Mondadori, 1957, pp. 170-173
  • Athos Vianelli, Bologna in controluce. Storie e curiosità fra un secolo e l'altro, Bologna, Inchiostri, 2001, pp. 94-96