Bottiglieria e pasticceria Rovinazzi

via D'Azeglio, 34

Dolci di circostanza, Bomboniere di tutte le forme, di tutte le dimensioni, di tutti i prezzi. Vini e liquori che fanno leccar i baffi anche a chi non li ha. E' inutile che parliamo della bontà dei generi; la ditta Rovinazzi va famosa per tutto il mondo dove si mangia e si beve (fino adesso, malgrado le ultime esplorazioni, non si è trovato alcun paese in cui non si abbia questo brutto difetto) e perciò sarebbe una superfluità indecente. Il fare delle raccomandazioni del resto sarebbe un mostrare di dubitare del buon gusto dei nostri lettori, che conoscono già quanto tutto quello che si vende in questo negozio sia eccellente, perciò ci guarderemo bene dal farne.

(Réclame della ditta G.M. Rovinazzi)

La bottiglieria e premiata pasticceria Rovinazzi era in via S. Mamolo (poi via D'Azeglio) n. 34. Nel 1830 Giacomo Rovinazzi aveva fondato con Jean Buton, fabbricante di liquori, emigrato dalla Francia dopo la caduta di Napoleone, la distilleria Giovanni Buton & C. Grazie ad essa, l'Italia ottenne l'unica medaglia d'oro all'Esposizione universale di Parigi del 1888.

All'inizio del '900 la Buton passò, tramite Maria Rovinazzi, al marchese Filippo Sassoli de' Bianchi, mentre la pasticceria in S. Mamolo, costituita nel 1869 e passata nel 1880 ad Augusto Pedrini, pervenne nel 1906 a Enrico Zanarini, originario di Borgo Panigale, già proprietario di un forno pasticceria in via Repubblicana (poi via Augusto Righi).

Zanarini mantenne la vocazione dell'esercizio, accrescendo i prodotti in vendita e alcuni anni dopo trasferì sopra il negozio la propria abitazione.

L'ingresso della pasticeria bottiglieria era riparato da una pensilina in ferro battuto e vetro, pregevole opera dell'artista Sante Mingazzi, e immetteva in un ampio locale. Sulla destra il bancone, in legno scuro con il piano di marmo, era ingombro di "vetrinette basse, vasi di cristallo, ciotole e piatti d'argento".

Alcune scatole metalliche contenevano vari tipi di thè verdi, neri e profumati. A fianco c'erano scatole con zuccheri sfusi e in zollette, confezioni di pastiglie, caramelle e frutti essiccati. Dietro il banco l'intera parete era impegnata da scaffali pieni di bottiglie di vino, liquori, sciroppi. Tra i vini offerti vi era il "Casaglia bianco", prodotto nell'omonima località sulle colline di Bologna, in una villa della ditta Rovinazzi.

Sulle poltroncine di velluto di una delle salette private o nell'ampio salone, decorato nel 1900 da Achille Casanova con un finto pergolato a fitta trama, si davano a volte convegno Giosue Carducci ed alcuni dei suoi discepoli più affezionati, quali Giovanni Pascoli, Severino Ferrari e Ugo Brilli, soprannominato il Maghetto.

Approfondimenti
  • Bologna nelle sue cartoline, a cura di Antonio Brighetti, Franco Monteverde, Cuneo, L'arciere, 1986, vol. 2: Vedute della città, p. 43 (foto)
  • L'Emilia Romagna com'era. Alberghi, caffè, locande, osterie, ristoranti, trattorie. Sulle tracce di un passato recente alla riscoperta dei segni mutati o cambiati di una secolare tradizione d'ospitalità, a cura di Alessandro Molinari Pradelli, Roma, Newton Compton, 1987, pp. 53-55
  • Industriartistica bolognese. Aemilia ars. Luoghi, materiali, fonti, a cura di Carla Bernardini e Marta Forlai, Cinisello Balsamo, Silvana, 2003, p. 35
  • Erica Landucci, Passeggiata nel Liberty Bolognese, Bologna, Paolo Emilio Persiani, 2020, pp. 139-141
  • Alessandro Molinari Pradelli, Bologna tra storia e osterie. Viaggio nelle tradizioni enogastronomiche petroniane, Bologna, Pendragon, 2001 , pp. 64-65
  • Alessandro Molinari Pradelli, Osterie e locande di Bologna. La grassa e la dotta in gloria della tavola: folclore, arte, musica e poesia nelle tradizioni contadine e gastronomiche della città felsinea, Roma, Newton Compton, 1980, pp. 109-110
  • Marco Poli, La Bologna dei caffè, Bologna, Costa, 2005, pp. 32-35