Il Giardino dei Semplici di Ulisse Aldrovandi

copertina di Il Giardino dei Semplici di Ulisse Aldrovandi

Ulisse Aldrovandi (1522-1605), attento osservatore del mondo che lo circondava, credeva fermamente nella spiegazione dei fenomeni naturali attraverso l’osservazione diretta e la loro descrizione minuziosa. Nel corso della sua vita raccolse campioni ed esemplari sia animali che vegetali, compilando oltre 360 volumi e analizzando i più diversi aspetti delle scienze naturali. Egli compose anche uno dei primi erbari “moderni” organizzando, in 15 volumi rilegati, oltre 5000 campioni di piante essiccate. Titolare della cattedra universitaria dei Semplici - erano così chiamate le piante utilizzate per produrre medicamenti - presso lo Studio bolognese, Ulisse Aldrovandi ottenne la possibilità di fondare un orto botanico in città, il quarto al mondo dopo Pisa, Padova e Firenze, realizzati nei decenni precedenti. L’Orto Pubblico dei Semplici venne aperto nel 1568 all’interno del Palazzo comunale in luogo dell’antico Viridario già presente dal Medioevo, sul terreno oggi occupato dalla biblioteca Salaborsa. Nato come vera e propria aula didattica all’aperto dove gli studenti imparavano a conoscere le erbe medicinali e loro proprietà curative, l’Orto venne successivamente arricchito da specie esotiche e rare tanto da contare in pochi anni circa 800 piante. Data la necessità di maggiore spazio l’orto botanico venne in seguito parzialmente trasferito in San Giuliano presso Porta Santo Stefano, per poi tornare nel Palazzo comunale e trovare sistemazione definitiva in epoca napoleonica accanto alla Palazzina della Viola, in via Irnerio 42, nell’attuale sede. Le descrizioni del Giardino del Palazzo, redatte tra la fine del 1600 e i primi decenni del 1700, evocano - grazie alla presenza di numerose specie arboree - un’atmosfera fresca e ombreggiata del luogo, dedicato dunque non solo all’insegnamento e allo studio, ma anche al piacere e allo svago per i visitatori. Salaborsa ospita e fa propria con orgoglio parte della sua storia, ancora visibile negli scavi archeologici della Biblioteca.