Trentuno anni fa

Il 27 giugno ricorre il 31esimo anniversario della strage di Ustica. Biblioteca Salaborsa lo ricorda attraverso le parole di Pietro Alagna, uno dei dipendenti del Comune di Bologna che ha collaborato alla ricostruzione del relitto nel Museo per la Memoria di Ustica e che ha gentilmente offerto la propria testimonianza. Suggerimenti di lettura, approfondimenti e immagini sulla strage di Ustica sono disponibili nella proposta bibliografica La via dell'ombra e sulla Cronologia di Bologna: è sufficiente inserire la parola Ustica nel campo testo libero.

"Mitakuye oyasin"
siete tutti miei parenti (saluto rituale Lakota)

La prima volta che sono entrato nell'hangar della base aerea di Pratica di Mare sono rimasto senza fiato. Per quanto avessi letto o visto sull'evento, niente era paragonabile all'impatto dal vivo: la struttura dell'aereo era ricostruita nelle reali proporzioni, con i pezzi grandi e piccoli ritrovati e appesi da mani sconosciute e certosine all'intelaiatura, tutti corredati dal proprio cartoncino con numero identificativo, alcuni ancora incrostati dal fango degli abissi da cui erano stati estratti. Intorno all'aereo c'erano poi, divisi per settori, tutti i resti delle attrezzature di bordo: sedili, salvagenti, canotti, scivoli, mascherine d'ossigeno, quasi tutta la moquette del pavimento, i motori, il carrello portavivande, il serbatoio supplementare di un aereo da caccia americano, la strumentazione quasi completa della carlinga del MIG libico abbattuto sulla Sila e gli effetti personali. Il settore degli effetti personali è stato il più sconvolgente, a causa della loro disposizione a terra in file ordinate, ognuno racchiuso in sacchi trasparenti di plastica che attraverso la polvere pluriventennale lasciavano intravedere gli oggetti all'interno. Tra questi, una bambola che ti guardava inquietandoti l'anima. Imballato e portato il tutto a Bologna, si decise di fotografare il contenuto dei sacchi: nel rimuovere gli effetti personali dall'imballaggio, uno dei sacchi si sbriciolò facendo cadere a terra il contenuto: dei vestiti tutti stropicciati, una busta con rossetti, matite e trucchi e una borsa sportiva che appena toccò terra si aprì, rovesciando fuori parte del suo contenuto che consisteva in vari tipi di scarpe: c'erano un paio di zatteroni in sughero, uno zoccolo di legno, una scarpetta da tennis superga bianca o quasi, e una bustina stretta e lunga contenente bijoux ormai saldati tra loro. Colto di sorpresa, riposi frettolosamente gli oggetti all'interno della borsa, quasi a scusarmi della mia sbadataggine. Ma questi, ormai mossi, sembravano non voler rinunciare a questa nuova libertà. Faticai e tentai parecchio e, nell'estrarre la mano dalla borsa, mi rimase impigliato al mignolo un laccio, al quale era attaccata una scarpina di bambino, di pelle bianca, nuova di zecca.
La visione mi sconvolse a tal punto che misi tutto dentro un nuovo sacchetto e me ne andai a casa. Per diversi giorni e notti non feci altro che pensare a quella scarpetta. Poi, una mattina molto presto, mi tornò alla mente il ritrovamento in uno scantinato, molti anni prima, del baule da viaggio del mio bisnonno emigrato in America a metà '800: ne uscirono pezzi di vita. Piccoli oggetti di antica memoria, foto, lettere dal fronte della guerra '15-'18, biglietti della metropolitana di Nuova York, certificati di morte scritti in inglese di qualche amico o parente deceduto in terre lontane e di cui si era persa la storia e la memoria. Riprendendo poi con più serenità d'animo i lavori di preparazione nei magazzini comunali, incoraggiato anche dalla presenza del caro collega Malossi "il fotografo", cominciammo ad aprire i sacchi e a fotografare il loro contenuto, meravigliandoci di come alcuni oggetti fossero ancora attuali e di uso comune. Di come fossero trasformati dall'esplosione, dagli abissi e dal tempo. Tra una fotografia e l'altra, la loro contemplazione dava il tempo di pensare al loro proprietario o all'uso che ne avrebbe fatto, sul lavoro, nello sport, nell'amore, nella vita quotidiana. Si trova tutto questo, racchiuso in ogni valigia pronta per un viaggio. Ogni cosa ti donava un’emozione: stupore, meraviglia, angoscia, dispiacere o un sorriso, anche la bambola che tanto mi aveva inquietato nell'hangar di Pratica di Mare: una volta inserita nel suo nuovo sacchetto e accomodata orizzontalmente nella nuova scatola di cartone, chiuse un occhio. Una "strizzatina" che mi alleggerì il cuore e lo riempì di gioia.   
Pietro Alagna