Cronologia di Bologna dal 1796 a oggi

Archivio di notizie sulla storia della città e del suo territorio dal 1796 ad oggi. Con riferimenti bibliografici, link, immagini.

1 gennaio 1936

Canapa e canapifici nel Bolognese

Tra il 1936 e il 1939 la produzione della canapa in Emilia raggiunge il 56 percento del prodotto nazionale. La cannabis sativa è “la spina dorsale” dell'economia agricola bolognese, la sua coltivazione è un'attività di grande importanza nelle zone di pianura.

Fin dal XVI secolo la rotazione frumento-canapa è usuale nei poderi del territorio. Nel XVII la coltivazione è aumentata nei comuni di Budrio, Medicina e Molinella.

Nel Bolognese la coltura della canapa ha toccato la massima estensione negli anni Settanta dell'Ottocento, contribuendo, assieme alla risicoltura, all'estensione della manodopera bracciantile. La produzione si è però ridotta sensibilmente con la crisi agraria degli anni Ottanta e la crisi è giunta al culmine nel 1905.

La canapa si semina tra la fine di febbraio e la prima quindicina di marzo e il raccolto si effettua all'inizio di agosto, coinvolgendo intere famiglie contadine, spesso tra loro associate.

La pianta tagliata è lasciata nel campo ad essiccare, poi battuta per staccarne le foglie e disposta in pile (o prille) - capanne a forma conica - per preservarla dalle piogge.

In seguito viene stesa su cavalletti di legno (bancate), per l'operazione di tiratura: gli steli vengono separati dalla massa legnosa e riuniti in piccoli fasci (mannelle). Tagliata la cima, la canapa è quindi portata al macero.

Il macero è una vasca rettangolare di circa 25 per 15 metri, presente in quasi tutte le case contadine della pianura. Ha sponde inclinate in muratura e un buco per la raccolta dell'acqua.

La macerazione della canapa è molto importante perché segna la separazione delle fibre tessili dagli steli. Le piante vengono affondate sotto il peso di grossi sassi e rimangono nell'acqua per circa otto giorni.

In seguito le donne, stando a bagno, lavano le mannelle e le ributtano a riva. Si riformano quindi le prille per l'asciugatura.

Si tratta di un “lavoro massacrante, reso ancora più penoso dal caldo, dagli insetti, dal fetore sprigionato dal processo di macerazione della pianta e, in generale, dallo sforzo fisico richiesto” (Bonazzi).

Una volta trasportato via il raccolto, il macero viene ripulito e usato come vasca per l'allevamento dei pesci.

Le operazioni successive della pianta si svolgono nell'aia: con la scavezzatura e la gramolatura si batte e si lavora la fibra in modo da renderla liscia e morbida, quindi essa viene pettinata da operai ambulanti - i canapini o gargiolai - che passano di casa in casa e sono pagati a giornata.

Tra la fine dell'800 e i primi del '900 sorgono nella campagna bolognese numerosi canapifici, che spesso riutilizzano vecchie costruzioni, nelle quali sono aperti i muri esterni per favorire la ventilazione.

Nei canapifici è accentrato ed effettuato meccanicamente il lavoro che un tempo i gargiolai svolgevano nelle case. Una volta ottenuti i filamenti, raccolti in mazzi da 25 chilogrammi, questi vengono imballati e in gran parte spediti all'estero.

Solo una parte della canapa prodotta è trattenuta in loco, filata e tessuta a mano nelle case dalle donne. Il tessuto viene poi imbiancato in grandi paioli riempiti di cenere. I lunghi teli ottenuti sono infine stesi ad asciugare lungo le cavedagne.

Alla fine degli anni Trenta le esportazioni della fibra crolleranno e la produzione di canapa, sempre più sostituita da fibre artificiali, entrerà in una crisi irreversibile. Nel dopoguerra solo i maceri rimarranno a testimoniare il suo ruolo da protagonista nell'economia agricola del Bolognese.

Approfondimenti

Barbara Baraldi, 101 perchè sulla storia di Bologna che non puoi non sapere, Roma, Newton Compton, 2018, pp. 248-249


Gabriele Bonazzi, Bologna in duecento voci. Dizionario minimo di storia, cultura, umori di una città davvero europea, Sala Bolognese, A. Forni, 2011, pp. 48-49


Borgo Panigale nella storia. Studi e testimonianze, Bologna, Banca popolare dell'Emilia, 1987, pp. 43-49


La canapa, riprese e montaggio rvm di Atos Battistini, testo di Francesco Fabbri, Bentivoglio, Museo della Civiltà Contadina, 1986, videocassetta VHS


C'era una volta la canapa... Immagini e testimonianze, a cura di Magda Burani, Francesco Fabbri, s.l. : s.e., 1997


Cento anni sono un giorno. 1893-1993. Il centenario della Camera del Lavoro di Bologna nelle immagini dell'archivio storico, s.l., Musea, 1993, p. 12, 49 (foto)


Dalla guerra al boom. Territorio, economia, società e politica nei comuni della pianura orientale bolognese, vol. 2: Mirco Dondi, Tito Menzani, Le campagne. Conflitti, strutture agrarie, associazioni, San Giovanni in Persiceto, Aspasia, 2005, p. 27


Una fibra versatile. La canapa in Italia dal Medioevo al Novecento, a cura di Carlo Poni, Silvio Fronzoni, Bologna, Clueb, 2005


Luciano Gherardi, Il sole sugli argini. Testimonianza evangelica di S. Clelia Barbieri, 1847-1870, e storia di famiglia delle Minime dell'Addolorata, Bologna, Il mulino, 1989, pp. 18-19


Il macero nell'ambiente e nella memoria. Ricerche, testimonianze, immagini, San Giovanni in Persiceto, Tipo-litografia Il torchio, 1996


Alberto Preti, La vita economica bolognese nel cinquantennio post-unitario, in: ... E finalmente potremo dirci italiani. Bologna e le estinte Legazioni tra cultura e politica nazionale 1859-1911, a cura di Claudia Collina, Fiorenza Tarozzi, Bologna, Editrice Compositori - Istituto per i Beni artistici, culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna, 2011, p. 51


Giuseppe Romagnoli, Storia di una fibra prestigiosa nella civilta contadina bolognese: la canapa, Bologna, Officina grafica bolognese, 1976


Maria Luisa Scarin, I maceri, presenza fondamentale nella coltura della canapa, in: "Il carrobbio", 21 (1995), pp. 291-294.


Tra passione e professione. Il lavoro della canapa nelle fotografie di un cicloturista: Antonio Pezzoli (1870-1943), a cura di Angela Tromellini, Stefano Pezzoli, Silvio Fronzoni, Bologna, Compositori, 2001


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