Scrittori e scrittrici

Giardino Martinetti - Collegio Ungarelli

via San Vitale, 56
Per lei ebbe anche un sorriso Lord Byron; per lei dettò versi immortali il Foscolo; lei Canova volle ritrarre nel marmo, e poi, in un momento di gelosia, fece in pezzi la statua davanti alla contessa che posava. E parimenti per lei arse di geloso amore il Giordani, che per lunghi anni la perseguitò. Non più fortunato fu con lei Paolo Costa.

(F. Moroncini)

In via San Vitale, nei pressi del torresotto del Mille, all'inizio dell'Ottocento c'era un sontuoso palazzo ricavato da un convento benedettino e un favoloso giardino informale all'inglese. Entrambi furono fatti costruire dall'ingegnere ticinese Giovanni Battista Martinetti, ricco possidente e personaggio influente della cerchia di Antonio Aldini. Destinataria di tanto impegno era la moglie, la contessa Cornelia Rossi, di nobile famiglia lughese, donna piena di fascino, colta e intelligente, che amava ospitare nel suo salotto, famoso in Europa, artisti e scrittori di passaggio a Bologna: Canova, Byron, Foscolo, Stendhal, forse Leopardi.

Il cosiddetto Orto delle Esperidi, rispondeva al desiderio, tipico del periodo, di ritorno a una natura selvaggia e piena di sorprese. Era dotato di "viali ombreggiati, rialzi e scalinate, fontane, sedili, tempietti con colonne e statue antiche". Da esso si accedeva a un "armonioso speco", una grotta ornata di stalattiti, che un tempo era la cripta romanica della chiesa dei SS. Vitale e Agricola.

Dove i primi cristiani tenevano malinconiche riunioni e più tardi freddolose si aggiravano le monache benedettine nere, ora la bella Cornelia tiene corte fra spiriti eletti e aspira fremente i primi spifferi del romanticismo.

Il palazzo, divenuto “tempio del gusto, del sapere e del genio”, fu decorato a più riprese dal pittore Felice Giani, "dalla grafia appassionata e focosa", chiamato dal Longhi il "caporale di una napoleonica scapigliatura", attivo nei palazzi delle famiglie più in vista dell'epoca.

Il collegio Ungarelli

Nel 1867 Germano Rossi, nipote della contessa Martinetti, concesse il palazzo in affitto al Collegio Ungarelli, un istituto privato per gli studi "infantili, elementari, tecnici, ginnasiali e liceali", fondato nel 1859.

Al piano terra furono posti uffici amministrativi del collegio, mentre i piani superiori ospitarono in "ampie sale ben arieggiate e luminose" le aule, le sale studio e i dormitori. Il giardino della contessa fu usato per la ricreazione degli alunni.

Tra gli allievi dell'Ungarelli vi fu, tra il 1865 e il 1870, il poeta e filologo Severino Ferrari, pupillo di Carducci. Dal Collegio mandava alla famiglia, ad Alberino di Molinella, piccoli disegni e le prime poesie. Tra gli insegnanti vi furono alcuni letterati, allora alle prime armi, quali Ugo Brilli e Renato Serra.

Giovanni Pascoli, che abitava vicino al collegio - nell'attuale via Petroni - ed era in un periodo di gravi ristrettezze economiche, tentò inutilmente di sostituire l'amico Brilli. Confessò la sua delusione in una lettera al Ferrari: "Brilli non mi può dare il suo posto Ungarellesco perché Ungarelli non s'accontenta. Dunque ... bujo pesto".

Accanto al giardino Martinetti abitò anche il museologo e storico dell'arte Corrado Ricci, allievo di Carducci e studioso di Dante. Anni dopo la sua partenza, si chiedeva se esso esistesse ancora, rispondendosi di non volerlo sapere: "la notizia della sua scomparsa mi darebbe una nuova amarezza".

Nei suoi scritti Ricci ha ricordato che nel 1891 fu restaurata, ad opera di don Luigi Breventani, la cripta di S. Vitale, l' "armonioso speco" della Martinetti. E questo fu il suo commento: "dove Foscolo rivelò il suo amore a Cornelia, il prete ridice la messa".

Nel corso della grande guerra l'ex "Giardino di Calipso" fu occupato dalla Casa del Soldato, un ente ricreativo e di assistenza per i militari feriti, in licenza o in riserva dal fronte. Ridotto a piazzale, vi furono installati vari padiglioni con tavoli e sedie e allestiti concerti e spettacoli di burattini.

Nel 1922, secondo una testimonianza di Oreste Trebbi, del "giardino della maga Cornelia che ebbe invidiati splendori e fu propizio alle schermaglie d'amore" non era rimasta più traccia.

Approfondimenti
  • Alessandro Cervellati, Certosa bianca e verde. Echi e aneddoti, Bologna, Tamari, 1967, pp. 46-50
  • Giacomo Leopardi e Bologna: libri, immagini e documenti, a cura di Cristina Bersani e Valeria Roncuzzi Roversi-Monaco, Bologna, Pàtron, 2001, p. 170
  • Lilla Lipparini, La divina Cornelia, in: "Strenna della Fameja bulgneisa", 1956, pp. 60-62
  • Maria Chiara Mazzi, Quattro passi nei salotti di cultura nella Bologna del primo Ottocento, Bologna, in riga edizioni, 2019, pp. 23-27
  • Anna Montanari Baldini, Un palazzo, un giardino, una contessa, in: F.I.L.D.I.S., Cenacoli a Bologna, Bologna, L. Parma, 1988, pp. 37-41
  • Mario Gerardo Murolo, Il giardino Martinetti-Rossi, una pagina inedita dell'architettura dei giardini, in: "Strenna storica bolognese", 1988, pp. 299-322
  • Pascoli. Vita e letteratura. Documenti, testimonianze, immagini, a cura di Marco Veglia, Lanciano, Carabba, 2012, p. 112
  • Filippo Raffaelli, I segreti di Bologna, Bologna, Poligrafici, 1992, pp. 9-10
  • Le strade di Bologna. Una guida alfabetica alla storia, ai segreti, all'arte, al folclore (ecc.), a cura di Fabio e Filippo Raffaelli e Athos Vianelli, Roma, Newton periodici, 1988-1989, vol. 1., pp. 16-18, vol. 4., p. 1015, 1017