Carcere di San Giovanni in Monte

piazza San Giovanni in Monte , 2

Verso sera, come usavo fare in quel tempo, mi diressi alla casa del mio amico M. Suonai, mi venne ad aprire una delle sorelle, mostrando il viso di chi ha pianto. Mi comunicò che il fratello era stato prelevato dalla Polizia, poche ore prima. Dopo un attimo di smarrimento, una tranquilla considerazione prevalse su ogni diverso sentimento. Forse non lo pronunciai, ma ammisi: "Me l'aspettavo". Al domicilio di altri amici, appresi una eguale notizia. Rientrai a casa mia, pensando di preparare mia moglie ad un evento consimile. Cosa che feci. L'indomani, lunedì, fui condotto a San Giovanni in Monte.

(G. Raimondi, Giuseppe in Italia, 2. ed., Milano, Mondadori, 1957, pp. 173-174)

l convento di San Giovanni in Monte fu fondato nel X secolo e più volte ricostruito a partire dal 1286. Trovò un assetto definitivo tra il 1543 e il 1549 per mano dell'architetto Antonio Morandi, detto il Terribilia, che in particolare realizzò i due chiostri: quello piccolo "alla rustica", nella maniera di Giulio Romano, e quello più grande in stile classico, di tradizione bolognese e ferrarese.

La congregazione dei Padri Lateranensi, che per secoli occupò il convento, fu tra le prime soppresse dopo l'occupazione francese, il 10 marzo 1797. Il grande complesso divenne sede del Tribunale speciale e di un ufficio di polizia cantonale.

Nelle stanze di detenzione annesse furono rinchiusi "qual belve feroci" alcuni agitatori giacobini: i fratelli Gioannetti, i fratelli Ceschi, l'ex conte Riario e altri. La "cocentissima stagione" trasformò le loro "murate anguste tane in tanti forni".

Condannati ai ferri

Il 28 ottobre 1800 un decreto stabilì che fossero ristretti a San Giovanni in Monte i condannati "ai pubblici lavori o ai ferri". Ogni giorno, ad ore stabilite, i forzati erano condotti in fila fuori dalla prigione: in inverno pulivano le strade della città, mentre in estate le annaffiavano, oppure inghiaiavano le strade di campagna.

Le nuove carceri giudiziarie, succursali al famigerato Torrone in Palazzo pubblico, furono da alcuni definite "orride": i lavori di adattamento ostruirono quasi del tutto le finestre, privando le piccole celle dell'aria necessaria.

Per i condannati a morte, provenienti da questa prigione, fu innalzata una ghigliottina nel prato del Baraccano. Dal 1812, assieme al convento dell'Annunziata, San Giovanni cominciò ad ospitare detenuti politici, molti dei quali potevano ricevere cibo e masserizie dall'esterno.

Pascoli in prigione

Il fallito attentato al re Umberto I da parte di Giovanni Passannate nel 1878 diede al governo il pretesto per una repressione su vasta scala del movimento anarchico. Le sezioni dell'Internazionale furono considerate associazioni di malfattori e i loro affiliati trattati penalmente come i vagabondi, i giocatori d'azzardo, i briganti.

Si processavano come malfattori quelli che aspiravano a togliere dal mondo il male e si condannavano.

Il 7 settembre 1879, durante una manifestazione a favore di alcuni internazionalisti imolesi, i carabinieri arrestarono, nei pressi del carcere di San Giovanni in Monte, alcuni giovani, "i più scalmanati", tra quelli che inneggiavano ai "malfattori".

Tra essi c'era anche lo studente Giovanni Pascoli, allora amico di Andrea Costa e attivista socialista. Pur dichiarandosi contrario alla violenza e desideroso di migliorare la società "senza pervertimento dell'ordine", fu condannato alla detenzione fino al 22 dicembre successivo.

Nel mezzo di un inverno rigidissimo e con abiti inadatti, Pascoli soffrì tremendamente il freddo e la promiscuità con i compagni di prigionia, avendo come svago solo i libri prestati dagli amici e il lavoro a maglia. In una lettera a Severino Ferrari si legge infatti:

Se vuoi una berretta rossa e grigio-perla mandami la lana, 6 once per colore, anche meno. Io te la farò. Nell'aspettativa della grammatica, contentati d'una berretta.

Nella poesia La voce c'è un ricordo della triste esperienza del carcere:

Una notte dalle lunghe ore
(nel carcere!), che all'improvviso
dissi - Avresti molto dolore,
tu, se non t'avessero ucciso,
ora, o babbo!

La piazza davanti al carcere, dove Pascoli fu rinchiuso, è accennata nella prosa Scirocco (Bologna) contenuta nei Canti Orfici di Dino Campana:

La piazzetta di S. Giovanni era deserta: la porta della prigione senza le belle fanciulle del popolo che altre volte vi avevo viste.

Le donne andavano forse a parlamento con i loro uomini in prigione e il poeta camminava errabondo per la città: i portici, le piazze, i muri di mattoni rossi "ringiovaniti" dalla pioggia, la verde campagna fuori porta ...

Morandi, gli azionisti e i partigiani

Tra maggio e giugno 1943, a poche settimane dalla caduta del fascismo, furono arrestati alcuni giovani studiosi d'arte e letteratura: tra essi Giancarlo Cavalli, Cesare Gnudi, Francesco Arcangeli, Luigi Serra, Giuseppe Raimondi. Erano tutti sospettati di antifascismo e accusati di frequentare il critico d'arte toscano Carlo Ludovico Ragghianti, dirigente del Partito d'Azione clandestino.

Il 23 maggio anche il pittore Giorgio Morandi, amico degli arrestati, venne rinchiuso in San Giovanni in Monte. Fu scarcerato dopo una settimana, per intercessione di Roberto Longhi e Mino Maccari.

Durante la seconda guerra mondiale il carcere divenne, assieme alla Facoltà di Ingegneria, il principale centro di detenzione dei partigiani. Dall'estate del 1944 decine di prigionieri furono prelevati da questa prigione e fucilati al Poligono di Tiro, mentre altri furono trascinati in piazza Nettuno e giustiziati nel cosiddetto "posto di ristoro dei partigiani".

Negli ultimi mesi di guerra, fino alla Liberazione, gruppi di partigiani detenuti a San Giovanni in Monte furono fucilati dai tedeschi e dai fascisti a Sabbiuno, a San Ruffillo e a Rastignano. Altri furono avviati ai campi di sterminio nazisti, compreso il cappellano del carcere don Giuseppe Elli.

Il 9 agosto 1944 una squadra di gappisti, in parte travestiti da tedeschi e da repubblichini, penetrarono nel carcere e liberarono centinaia di detenuti, tra i quali molti partigiani e politici.

Una mongolfiera per il Movimento

San Giovanni in Monte ospitò decine di attivisti del movimento studentesco fermati dopo gli scontri e le manifestazioni seguite all'uccisione dello studente Francesco Lo Russo, l'11 marzo 1977. La protesta contro gli arresti assunse a volte la veste di veri e propri happening politico-teatrali, come nel caso del lancio, davanti al carcere, di una mongolfiera a forma di pesce, un'idea di Giuliano Scabia, che nel '77 teneva al DAMS il laboratorio "Macchine Volanti", accompagnato da canzoni scritte da Enrico Palandri di Radio Alice.

Il 10 dicembre 1985 il carcere di San Giovanni in Monte venne chiuso e trasferito in località Dozza. L'antica struttura fu restaurata in virtù del progetto "Acropoli", coordinato dall'arch. Roberto Scannavini e ospitò, a partire dal 1996, alcuni dipartimenti universitari di storia e archeologia.

Approfondimenti
  • Dino Campana, Canti orfici, Marradi, Tip. F. Ravagli, 1914, p. 151
  • Pascoli. Vita e letteratura. Documenti, testimonianze, immagini, a cura di Marco Veglia, Lanciano, Carabba, 2012, pp. 97-98, 130-143
  • Giuseppe Raimondi, Giuseppe in Italia, 2. ed., Milano, A. Mondadori, 1957
  • San Giovanni in Monte convento e carcere. Tracce e testimonianze, Bologna, Bologna University Press, 1995
  • San Giovanni in Monte recuperato, a cura di Roberto Scannavini, Bologna, Grafis, 1996
  • Fiorenza Tarozzi, I giorni e le notti dalle lunghe ore. Nel carcere di San Giovanni in Monte nell'Ottocento, in: Criminalità e controllo sociale a Bologna nell'Ottocento, a cura di Giovanni Greco, Bologna, Patron, 1998, pp. 51-65