Bar Nazionale - Libreria Feltrinelli

piazza di Porta Ravegnana, 1, Bologna

In questo ambiente romantico e tumultuoso, scapigliato e beffardo capitò un giorno un individuo strano, accigliato e male in arnese. Al primo apparire al Bar Nazionale non ispirò gran simpatia: ma era con Olindo Fabbri, uno dei nostri e questo bastò per introdurlo gaiamente, per farlo conoscere a tutti. Aveva nome Campana, era studente di chimica, poeta e giramondo.

(F. Ravagli)

Il Bar Nazionale era situato sotto le due torri, all'angolo "dei Birri", tra via Rizzoli e piazza Ravegnana. Gestito da Giovanni Querzè, lo frequentavano i goliardi bolognesi, che risalivano dalla vicina via Zamboni e qui cenavano a base di tagliatelle nelle prime ore della notte. Non era un vero e proprio cenacolo, ma una compagnia rumorosa e gioviale:

si sorbiva il caffè nella prima sala, e si conversava forte; si beveva vino nella seconda, e si discuteva calorosamente, si giocava a carte e al biliardo al piano superiore ... e si perdevano i denari.

Secondo la testimonianza di Giuseppe Raimondi, sui suoi tavoli, durante la guerra tripolina, ai goliardi si mescolavano gli agitatori socialisti, contrari all'avventura coloniale. La "piccola e provinciale" bohème bolognese si disperse lentamente allo scoppio della guerra mondiale.

Per un breve periodo del dopoguerra, tra il 1918 e il 1919, il locale fu sede del Bologna Football Club, la società di calcio nata il 3 ottobre 1909 presso la birreria Ranzani di via Spaderie.

Durante il ventennio fascista, precisamente nel 1937, fu tra i tanti locali - bar, negozi, cinema - ristrutturati secondo lo stile moderno e razionale diffuso a Bologna dalla ditta Bega. La "Rivista del Comune" lo indica a quei tempi come un caffè "con annesso Ristoratore rapido e rinomata Gelateria - Via Rizzoli 36-38".

Dino Campana al Bar Nazionale

Secondo Federico Ravagli, uno dei suoi più autorevoli biografi, Dino Campana, poeta giramondo, apparve agli studenti che frequentavano il Bar Nazionale negli ultimi mesi del 1912. Già un tempo studente a Bologna, "sceso una prima volta nel 1906 dai monti di Marradi con le tasche piene di arruffati esperimenti poetici", dopo una breve degenza nel manicomio di Imola, si era nuovamente iscritto alla facoltà di Chimica, che frequentava in modo saltuario, preferendo le aule di lettere e le lezioni del prof. Galletti.

Eri un ignoto: eri un uomo strano e sognante, un viandante senza pace giunto a una tappa del suo cammino: eri un eccentrico studente di chimica che per laboratorio avevi scelto le strade del mondo ... eppure ti fermasti con noi.

Rispetto agli altri goliardi dimostrava alcuni anni in più. "Tarchiato, biondastro, di mezza statura", sembrava "un eccentrico mercante con magri affari". Portava un "cappellone rotondo di feltro" e un "giacchettone dalle tasche ampie, capaci, piene di fogli, di carte, di libretti". Teneva sempre addosso, custodendoli gelosamente, i suoi manoscritti, "per averli sottomano quando gli fosse venuto l'estro di rileggere, di limare, di rifinire".

Ed era ciò che qualche volta faceva, in condizioni davvero poco propizie, tra lo stupore dei testimoni presenti: "riusciva a lavorar di lima al bar Nazionale, sulle carte dei suoi manoscritti, anche quando, tutt'intorno, ferveva il tumulto delle discussioni più animate".

Altre volte "parlava di Nietzsche, citandone a memoria sentenze ed aforismi" o ricopiava pagine della Gaia Scienza nella versione di Antonio Cippico. Sui tavoli del Bar Nazionale si sentiva a casa sua, era come in famiglia:

Nessuno gli chiedeva confessioni di vita o atti di fede o prove estemporanee di cultura. Poteva vivere in pace, respirare a suo agio. Abbandonarsi liberamente alle sue meditazioni ... senza sentirsi osservato , vigilato, spiato: senza che alcuno lo disturbasse con indiscrezioni.

Anche quando aveva preso dimora a Badia, veniva di tanto in tanto a Bologna per rifornirsi di libri e a incontrare amici quali Bino Binazzi o Nicola Spano, segretario della facoltà di lettere ed aspirante drammaturgo.

Al "Nazionale" conobbe il suo primo biografo bolognese, Mario Bejor e alcuni dei suoi compagni di avventure. Tra essi, oltre a Ravagli e Binazzi, anche i bolognesi Riccardo Bacchelli, Giuseppe Raimondi e il "quasi amico" Giorgio Morandi.

A Bologna tornò saltuariamente anche in anni seguenti, tra un vagabondaggio e l'altro. "Assiduo silenzioso" della prima sala, talvolta vendeva di persona, con l'aggiunta di dediche e autografi, copie dei suoi Canti Orfici, ricostruiti a memoria dopo lo smarrimento del manoscritto a Firenze da parte di Papini e Soffici e finalmente stampati nel 1914 da un altro Ravagli, tipografo nella natia Marradi.

La libreria Feltrinelli

Al pianterreno dell'antico palazzo degli Strazzaroli, in piazza di porta Ravegnana, nel 1964 aprì la libreria Feltrinelli. Era caratterizzata da una serie di sale e salette che favorivano la divisione dei vari settori editoriali e disciplinari.

Negli anni Ottanta si ampliò fino ad occupare quasi tutte le vetrine della piazza. Ospitò di frequente conferenze e incontri con gli autori ponendosi come uno dei centri più vivi di divulgazione e promozione culturale.

Tra i dibattiti alla Feltrinelli di Bologna si ricordano la presentazione, nel 1967, del volume di Herbert Marcuse L'uomo a una dimensione con Federico Stame; la presentazione degli studi di antipsichiatria di Franco Basaglia; la discussione sul libro di Nanni Balestrini Vogliamo tutto.

Memorabile fu il dibattito con Camilla Cederna per il libro sul caso Pinelli e i serrati incontri con i redattori della rivista "Il cerchio di gesso" nel 1977 - tra essi Gianni Scalia, Pietro Bonfiglioli, Federico Stame, Roberto Roversi - rispecchianti la tensione e la crisi di quel periodo.

Approfondimenti
  • Mario Bejor, Dino Campana a Bologna 1911-1916, a cura di Antonio Castronuovo, Roma, Elliot, 2018, p. 49
  • Federico Ravagli, Dino Campana e i goliardi del suo tempo, 1911-1914. Autografi e documenti, confessioni e memorie, Bologna, CLUEB, 2002