1855-1925

Nasce il 7 agosto 1855 a Bologna. Suo padre è caffettiere e affittuario di un modesto appartamento in via Vinazzetti.

A sedici anni deve abbandonare le scuole dei Barnabiti per aiutare la famiglia. Si guadagna da vivere facendo lo scritturale. Ama però la letteratura e fa di tutto per continuare gli studi umanistici interrotti.

Una borsa di studio lo aiuta a completare il liceo, poi partecipa al concorso per una delle sei borse di seicento lire messe a disposizione nel 1873 dalla facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Bologna. In questa occasione incontra Giovanni Pascoli:

Una fresca mattina dei primi dell'ottobre 1873 entravo lento e pensoso sotto il portico del Bibbiena, che è l'atrio esterno del Comunale di Bologna, quando un giovinetto, alto, smilzo, con aria di collegiale sperduto che veniva su da via dei Castagnoli, attirò curiosamente i miei occhi. Avvicinatici, egli guardò me, io lui: forse dai reciproci sguardi guizzò un lampo di simpatia ...

Entrambe risultano vincitori del concorso. Attraverso Brilli, Pascoli conosce anche Severino Ferrari, con il quale inizia un'amicizia "tanto più intensa profonda affettuosa", e i tre ragazzi diventano assidui dei corsi di Carducci, accompagnando spesso il professore, anche dopo le lezioni, nelle sue passeggiate sotto i portici e nelle soste al caffè.

Piuttosto basso, rotondo, con gran baffi, era buffo assai ... di famiglia popolana e bolognesissimo, e certe volte, quando non c'era altro modo per rimettere di buon umore il Carducci, e quei figlioli a vederlo corrucciato stavano muti e cauti, allora ... il Brilli, con quei gran baffi, si metteva a recitare passi della Divina Commedia in dialetto bolognese; e se il Carducci gridava: "Taci, taci sciagurato" ... la battaglia era vinta. (M. Valgimigli)

La sua ammirazione per il professore-poeta sfiora a volte la cortigianeria e gli amici non mancano di rimproverarlo:

Una volta che Carducci lesse in aula una delle sue Odi Barbare, uscendo, uno degli studenti, Ugo Brilli, amico di Pascoli, gridò in bolognese: "E' un uomo superiore: gli altri possono impiccarsi tutti!". Giovanni proprio non la mandò giù e, inviperito, si rivolse all'amico ribattendo: "Perchè dici che quando Carducci fa una bella poesia gli altri devono impiccarsi tutti? Impiccati tu, io non m'impicco davvero!". (G.L. Ruggio)

Anche per Ferrari, dopo l'uscita dei suoi Bordatini, usa parole adulatorie:

Tu sei un nuovo, un grande astro che sorge sopra il cielo d'Italia. Non è arte la tua, è poesia, è perfezione.

Brilli si laurea con Carducci nel 1878 e per qualche tempo insegna al Ginnasio municipale "Guido Guinizelli" di Bologna. In seguito si trasferisce a Novara e Lodi.

Collabora a periodici quali "Don Chisciotte" e "Rivista d'Italia". Sul periodico "Preludio" lancia una difesa delle Odi barbare di Carducci.  La sua polemica sulla rivista "Pagine sparse" di Bologna con il Doctor Veritas, cioè Leone Fortis, della "Illustrazione italiana", è all'origine del poemetto satirico Il Mago di Severino Ferrari, stampato nel 1884 da Sommaruga.

Il Ferrari aveva dato al Brilli il soprannome di Mago, celebrando le gesta di lui in un poema , che non finiva mai, e che credo non sia stato, né sarà mai finito. D'allora in poi il Carducci chiamò sempre il Brilli con il nome di Mago, o Maghetto; e questo nome dava spesso occasione ai suoi scherzi.

Il soprannome è ispirato ai versi di una sua poesia giovanile:

Bella signora, s'io fossi Merlino,
Merlino possente incantator ...

L'ingegno elevato ed arguto di Brilli lo rende caro al Carducci, con il quale collabora alla compilazione delle Letture italiane, "scelte e ordinate per le scuole superiori", la prima sistematica antologia scolastica italiana. Pubblicato nel 1883, il libro ha grande diffusione e contribuisce alla fortuna dell'editore Zanichelli.

E il Brilli fu Uguccione il contrabbandiere, fu il maghettaccio Uguccione. Fu sua gloria collaborare col Carducci alle famose Letture e insieme il suo tormento con quel pungolo del Carducci alle spalle. Lettera a Zanichelli: "Stia col pungolo addosso a Brilli, che ari bene". Lettera alla moglie: "Se fosse venuto il maghetto, ti prego, bastonalo".

Il volume da lui curato delle Tragedie di Vittorio Alfieri inaugura nel 1889 la Biblioteca scolastica dei classici italiani, diretta da Carducci per l'editore Sansoni di Firenze.

Dal 1885 è docente al Liceo "Mamiani" di Roma e poi al "Tasso". Nel 1894 è nominato Provveditore agli Studi e inviato in varie città italiane, concludendo la sua carriera a Lucca.

Nel 1901 rende omaggio a Carducci, per il 40° del suo magistero:

Due cose contrassegnano la vita del Carducci a Bologna: la solitudine, quasi sdegnosa, e la profonda applicazione negli studi; la modestia e la semplicità paesana di tutte le sue abitudini.

Vi è una toccante testimonianza di Lorenzo Viani del suo ultimo periodo di vita:

Dopo quarantacinque anni di insegnamento Ugo Brilli prese commiato dalla Scuola e si ridusse in Viareggio: il mio paese. Rasi i baffi serotini, che un dì gli valsero il soprannome di Mago, il viso glabro aveva del canonico accigliato; quasi cieco, incerto nell'incedere, ma grave, con la fronte a larghe bozze, aculeata di ciglia aspre, su cui sgrondava un cappelluccio fioscio e leggero, il Vecchio faceva sosta all'Orione. Nella piccola mescita intestata al figlio di Poseidone, tra i discorsi senza costrutto veruno e senza fondamento, egli doveva affliggersi, chè assumeva degli atteggiamenti disperati, ora serrandosi la fronte con ambo le mani, ora lasciando cadere la testa pesante sul petto ...

Muore a Viareggio il 24 agosto 1925.

  • Albo carducciano. Iconografia della vita e delle opere di Giosue Carducci, Bologna, Zanichelli, 1980, p. 99
  • Gian Luigi Ruggio, Giovanni Pascoli. Tutto il racconto della vita tormentata di un grande poeta, Milano, Simonelli, 1998, p. 49
  • Severino Ferrari e il sogno della poesia, mostra documentaria, Biblioteca comunale S. Ferrari, 28 febbraio-28 marzo 1999, a cura di Simonetta Santucci e Carlotta Sgubbi, Molinella, BIME Tipo-Litografia, 1999, p. 40, 42
  • Manara Valgimigli, Uomini e scrittori del mio tempo, Firenze, G. C. Sansoni, 1965, pp. 58-60

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