Scrittori e scrittrici

Bino Binazzi

1878-1930

Nasce nel 1878 a Figline Valdarno, in provincia di Firenze. Frequenta il liceo ad Arezzo e comincia a Firenze gli studi superiori, dovendo presto interromperli per le difficoltà economiche della famiglia. Li prosegue però da autodidatta, in nome di una fede incondizionata nella cultura classica.

A vent'anni si trasferisce a Prato, città alla quale sarà sempre legato. Inizia per lui, dopo un'infanzia e una giovinezza serena, un periodo di disorientamento dal quale non uscirà mai completamente. Insegna in vari collegi, a Terni, Assisi, Torino, insoddisfatto della propria condizione. Al Cicognini di Prato ha come allievo in greco e latino il giovane Curzio Malaparte.

Nel 1906 è iniziato a Prato alla massoneria nella loggia "Intelligenza e lavoro". Professa idee socialiste, anche se più avanti l'amico Soffici lo dichiarerà fascista convinto.

Nel 1907 pubblica Eptacordo, la sua prima raccolta di poesie, che risente della lezione di Carducci e Pascoli. Seguono Canti sereni (1909), Turbini primaverili (1910), Oltre il dolore (1911). Questa produzione giovanile è accusata di scarsa originalità, sembra "esclusivamente protesa a cercare la grazia antica".

Abbandonato l'insegnamento, si dedica al giornalismo letterario e culturale. E' redattore del "Fieramosca" di Firenze e nel capoluogo toscano frequenta il Caffè delle Giubbe Rosse, dove conosce molti protagonisti della cultura italiana, quali Svevo, Marinetti, Palazzeschi, Papini, Soffici. Con il suo "eloquio arrotondato da brevi gesti della mano che aveva fine e aristocratica" si intrattiene volentieri con loro e non perde occasione di partecipare ai dibattiti.

Nel 1914 si trasferisce a Bologna nella redazione del "Giornale del mattino", per un "misero stipendio di 200 lire". Su questo foglio appoggia la campagna a favore dell'intervento, allineandosi alle posizioni del movimento futurista fiorentino. Considera il giornalismo solo come un mezzo di sostentamento, tuttavia lo pratica con grande impegno. Per lui "è segno di bassezza d'animo il pensare che il dovere sia legato al sacrifizio. Il dovere è necessità delle coscienze illuminate".

A Bologna abita in un albergo di second'ordine, il "Giardinetto", nei pressi della stazione ferroviaria. E' assiduo al Caffè di San Pietro, dove incontra Morandi, Bacchelli, Raimondi, Mario Pozzati, De Pisis. Insieme fanno lunghe passeggiate sotto i portici o in collina. "Col suo passo di frate cercatore, ciabattante, e di vagabondo" Binazzi parla di poesia ai suoi giovani adepti, cita a Memoria Orazio, Lucrezio, Virgilio. Porta anche d'estate un abito pesante, di lana e camminando suda copiosamente. Mangia poco, sta leggero, un pò perché non ha soldi, un pò perché soffre di "disturbi epatici e viscerali".

E' l'unico vero amico di Dino Campana. Da subito ne coglie la grandezza. Il poeta di Marradi lo cerca nei caffè di Bologna, lo va a trovare al "Giornale del Mattino", dove lavora come correttore di bozze.

Nel dicembre 1914 pubblica prontamente su questo foglio filo-massonico il primo articolo dedicato ai Canti Orfici, dal titolo Un poeta romagnolo (Dino Campana), inaugurando una lunga bibliografia critica. A suo favore affronta una accesa polemica con Papini, che considera Campana un poeta di non grande levatura.

Nel 1916 fonda con Francesco Meriano la rivista "La Brigata", che unisce "la spregiudicatezza eretica dell'avanguardia al rispetto per la tradizione". Essa si pone come un argine al dilagare degli scrittori post-futuristi, che "avvantaggiandosi di una accademia troppo facile, hanno appestato con le loro cretinaggini l'atmosfera letteraria italiana". Contro le "canaglie della malavita letteraria", contro i "pezzenti dell'intelligenza", i redattori proclamano "il definitivo ritorno alla tradizione, alle difficoltà formali, ai metri complicati, al linguaggio aristocratico".

Sulla "Brigata" appaiono versi, che saranno in seguito raccolti nella Via della ricchezza, la sua opera più importante, uscita da Vallecchi nel 1919 e lodata da De Pisis, che ricorderà con rimpianto le "serate e ore bolognesi" passate insieme.

Alla fine della guerra comincia a collaborare al "Resto del Carlino", con articoli di critica letteraria, e alla rivista "I Mediterranei". Nel 1922 pubblica sul "Carlino" un secondo articolo su Campana, Gli ultimi bohémiens d'Italia. Dino Campana, in cui alimenta la fama del marradese quale poeta maledetto e ultimo dei romantici, accostando il suo nome a quello di Shelley, anch'egli interessato alla chimica, materia adatta "ad attrarre la curiosità di un poeta cosmico". Ma dal manicomio Campana lo smentisce:

Io studiavo chimica per errore e non ci capivo nulla. Non la capivo affatto. La presi per errore, per consiglio di un mio parente. Io dovevo studiare lettere. Se studiavo lettere potevo vivere. Le lettere erano una cosa più equilibrata, il soggetto mi piaceva, potevo guadagnare da vivere e mettermi a posto. La chimica non la capivo assolutamente, quindi mi abbandonai al nulla.

Binazzi vede con favore l'ascesa del movimento fascista. Nel 1924, dopo l'assassinio di Matteotti, lascia temporaneamente il "Carlino" dopo che il direttore Monicelli ha preso posizione contro il regime. Da questo momento rimane isolato e incapace di promuovere la sua opera. La sensazione di essere ingiustamente tenuto ai margini alimenta in lui una costante amarezza.

Nel 1928 cura per Vallecchi la riedizione dei Canti Orfici, pur senza il permesso di Campana, ormai recluso per sempre nel manicomio di Castel Pulci.

Consumato da una penosa malattia, muore a Prato nel 1930. Nel 1934, con l'introduzione di Soffici, è pubblicata postuma la raccolta Poesie, mentre nel 1941 appaiono i saggi critici - tra essi quelli su Svevo e Campana - raccolti nel volume Antichi, moderni e altro.

  • Greta Bilancioni, Dino Campana e Bino Binazzi a Bologna, in: "Il carrobbio", 28 (2002), pp. 251-259
  • Campana dal vivo. Scritti e testimonianze sul poeta, a cura di Pedro Luis Ladron de Guevara, Reggello, FirenzeLibri, 2006, p. 237
  • Gloria Manghetti, Appunti per una biografia: Bino Binazzi, in: I portici della poesia: Dino Campana a Bologna (1912-1914), a cura di Marco Antonio Bazzocchi e Gabriel Cacho Millet, Bologna, Pàtron, 2002, pp. 123-136
  • Clelia Martignoni, "La Raccolta" (1918-1919), in: Atlante dei movimenti culturali dell'Emilia-Romagna. Dall'Ottocento al contemporaneo, a cura di Piero Pieri e Luigi Weber, Bologna, CLUEB, 2010, vol. 2., pp. 7-11
  • Carlo Pariani, Vita non romanzata di Dino Campana. Lettere scelte (1910-1931), a cura di Tiziano Gianotti, Firenze, Ponte alle Grazie, 1994, pp. 44-45
  • Giuseppe Raimondi, I divertimenti letterari (1915-1925), Milano, A. Mondadori, 1966, pp. 27, 81-84, 132

Internet

Luoghi
  • Caffè dell'Arena via dell'Indipendenza, 45
  • Palazzo Loup piazza Calderini, 4
  • Caffè di San Pietro via dell'Indipendenza, 7
  • Caffè dei Cacciatori Piazza della Mercanzia, 6
  • Caffè della Fenice - Bottega del fumista via Santo Stefano, 15. Bologna
  • Santuario di S. Maria della Vita - Il Compianto via Clavature, 10
  • Albergo Giardinetto piazza XX Settembre
  • Palazzo - Via dei Mille - Giornale del Mattino via dei Mille, 18
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