Scrittori e scrittrici

Casa del melograno

Dove
via Broccaindosso, 20

L'albero a cui tendevi 
la pargoletta mano 
il verde melograno 
Da' bei vermigli fiori 
Nel muto orto solingo 
Rinverdì tutto or ora 
E giugno lo ristora 
Di luce e di calor 

[...]

(G. Carducci, Pianto antico)

In una stradina della vecchia Bologna, "abitata in gran parte da popolo minuto", al numero 777 del rione di Santa Maria dei Servi (via Broccaindosso, 20) c'è una casa "ad un piano e solaio, con sette finestre nella facciata, di aspetto modesto, ma decente e pulito". Non ha il portico come quasi tutte le case intorno, ma un "solido e imponente" portone ad arco.

Giosue Carducci abitò qui dal 1861, in un piccolo appartamento "luminoso e sereno", sulla sinistra del loggiato d'ingresso. L'amico Giuseppe Chiarini ha ricordato il piccolo salotto da pranzo "molto umilmente arredato", con "il muro imbiancato di calce, senza un cencio di tappezzeria o uno sgorbio di pittura; poche sedie impagliate, una tavola e un armadio di legno grezzo".

Come si legge nella lapide all'esterno, da queste mura Carducci "lanciò all'Italia i Giambi ed epodi". Vi scrisse inoltre tutte le poesie della raccolta Levia Gravia e alcune Rime nuove.

Trascorse in questa casa una breve stagione felice, in seguito rimpianta, della sua vita, condotta con molta semplicità, tra gli studi e gli affetti: "una casa, un prato, tre donne, un fratello". E in un'altra lettera: "Io ho un orto, e il mio studio c'è sopra, e i bambini ci sono".

Decise di lasciare Brocca in dosso n. 777 nel 1876, spinto dal ricordo di lutti recenti - la morte della mamma e del figlio - e dalla necessità di avere più spazio per la sua biblioteca. Si trasferì quindi in Strada Maggiore 37, in un palazzo di proprietà del chirurgo Francesco Rizzoli.

Nel "muto orto solingo", dove il poeta curava con orgoglio una vite capace di tanta uva "da saziarne la moglie" e ricavarne per sé novanta litri di vino, fiorisce ancora, su un lieve rialzo sopra una ghiacciaia in disuso, "il verde melograno da' bei vermigli fiori" da lui cantato nella lirica Pianto antico, composta dopo la morte prematura del figlioletto Dante.

La famiglia Natali, proprietaria della casa, conservò ostinatamente la memoria di quest'albero, mandando i suoi fiori alla figlia di Carducci finché fu in vita.

Approfondimenti
  • Albo carducciano. Iconografia della vita e delle opere di Giosue Carducci, Bologna, Zanichelli, 1980, pp. 71-72
  • Franco Bergonzoni, Le case di Carducci, in: Carducci e Bologna, a cura di Gina Fasoli, Mario Saccenti, Bologna, Cassa di Risparmio, 1985, p. 48
  • Davide Daghia, Bologna insolita e segreta, Versailles, Jonglez, 2017, pp. 98-99
  • Giuseppe Lipparini, L'innamorato di Bologna e altre pagine bolognesi, Bologna, Boni, 2001, p. 102
  • Alberto Menarini, Athos Vianelli, Bologna per la strada. Leggende e curiosità, Bologna, Tamari, 1973, pp. 86-87 (foto)
  • Le strade di Bologna. Una guida alfabetica alla storia, ai segreti, all'arte, al folclore (ecc.), a cura di Fabio e Filippo Raffaelli e Athos Vianelli, Roma, Newton periodici, 1988-1989, vol. 1., pp. 124-125
  • Marco Veglia, La vita vera. Carducci a Bologna, Bologna, Bononia University Press, 2007, pp. 64-65, 137, 169