Palazzo Cavazza

via Farini, 3

In casa del conte Cavazza non si ballava, ma io ero diventato uno degli ospiti abituali del giovedì sera e mi trovavo con varie personalità bolognesi. Vi andava anche Giosuè Carducci, ma non in serate di ricevimento; gli piaceva giocare a briscola e gradiva che in un tavolino accanto a lui fosse posto un fiasco di Chianti.

(A. Ghigi)

 

I "giovedì" della contessa Cavazza, che si tenevano nei bellissimi saloni del palazzo di via Farini, decorati tra 1898 e 1900 con gusto liberty da Achille Casanova e da altri artisti, non erano ricevimenti mondani, ma "convegni spirituali".

Vi si ritrovavano i personaggi più rappresentativi della cultura, della politica e delle arti. Erano spesso presenti Alfonso Rubbiani e la sua "gheldria" di artisti: oltre a Casanova, Augusto Sezanne, Alfredo Tartarini, Enrico Barberi, il pittore Raffaele Faccioli.

Il palazzo era sede del Comitato per Bologna storico artistica, presieduto dal conte Francesco Cavazza, "generosissimo benefattore", da anni impegnato in opere di assistenza e nella protezione delle arti.

Egli aveva fondato e diretto in modo efficiente l'Istituto dei Ciechi, aveva sostenuto e incrementato l'Asilo Primodì e il Collegio Venturoli per giovani artisti. Aveva contribuito alla ricostruzione dell'Accademia Clementina. Intanto onorava la carica di Deputato in Parlamento.

Nelle sue attività filantropiche il conte fu coadiuvato dalla moglie Lina Bianconcini, che assieme alla contessa Carmelita Zucchini Solimei fondò nel 1901 un'azienda di ricami e merletti con l'intenzione di sovvenire ragazze povere.

Le due contesse promossero il recupero di antiche pratiche artigianali e formarono ricamatrici in grado di riprodurre rari disegni rinascimentali. Poco tempo dopo l'azienda confluì nell'Aemilia Ars, società artistica fondata dal Cavazza e da Alfonso Rubbiani, e durante la Grande Guerra fu convertita in attività di cucitura di camicie e capi di vestiario per i soldati al fronte.

Intanto Lina ebbe l'idea geniale di fondare in palazzo Cavazza l'Ufficio Notizie alle famiglie dei militari di terra e di mare, che permise ai congiunti dei soldati al fronte di rimanere informati sui loro cari. L'iniziativa si diffuse in ambito nazionale, divenendo un utilissimo strumento di supporto dello sforzo bellico.

Ai convegni di Palazzo Cavazza partecipava anche Giosuè Carducci, impegnato con Rubbiani, tramite la Deputazione di Storia Patria, nella salvaguardia di monumenti storici e opere d'arte. Gli argomenti preferiti di queste elette conversazioni erano infatti di tipo urbanistico e vedevano la partecipazione di amministratori quali Dallolio, Tanari, Bacchelli. Spesso "la voce squillante di Enrico Panzacchi scaturiva per concludere con parole quasi fatate" le accese discussioni. Grazie a Panzacchi la contessa Lina riuscì a combinare un incontro tra Carducci e Antonio Fogazzaro, che portò al loro riavvicinamento dopo un lungo malinteso.


Approfondimenti

Luigi Federzoni, Bologna carducciana, Bologna, L. Cappelli, 1961, pp. 227-229


Industriartistica bolognese. Aemilia ars. Luoghi, materiali, fonti, a cura di Carla Bernardini e Marta Forlai, Cinisello Balsamo, Silvana, 2003, pp. 26-27


Erica Landucci, Passeggiata nel Liberty Bolognese, Bologna, Paolo Emilio Persiani, 2020, pp. 97-98


Corrado Ricci, Ricordi bolognesi, Sala Bolognese (BO), Forni, 2008, pp. 136-137