Cronologia di Bologna dal 1796 a oggi
Archivio di notizie sulla storia della città e del suo territorio dal 1796 ad oggi. Con riferimenti bibliografici, link, immagini.
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luglio 1796Progetto di illuminazione pubblicaL'Assunteria di Magistrato incarica in luglio gli architetti Giuseppe Tubertini e Giuseppe Guidicini di redigere un piano per la pubblica illuminazione. Sarà presentato e approvato nel novembre seguente, ma non sarà subito realizzato per sopravvenute difficoltà finanziarie. Una parziale tentativo di illuminazione sarà fatto durante la Reggenza. Gli Austriaci, trovando la città di notte "pienamente buia", per motivi di sicurezza imporranno ai cittadini di rischiarare con propri fanali i portici e le strade davanti alle abitazioni.dettagli
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2 agosto 1796Il "Monitore Bolognese"A cura dei librai francesi Bouchard, con stamperia sotto il portico delle Scuole, esce il 2 agosto il “Monitore Bolognese”, bisettimanale (poi trisettimanale) stampato in quattro grandi pagine. Promette di dare ragguaglio dei cambiamenti politici in atto e del ritorno di Bologna all'antico statuto di libera repubblica. “Si darà continuamente una ben ragguagliata istoria, autenticata da' migliori documenti, estratti da sicurissima fonte, del pacifico rivolgimento del nostro Governo”. All’inizio è una sorta di organo ufficiale del Senato e in particolare di quella parte, facente capo al senatore Angelelli, che aspira alla "restituzione delle antiche forme di libertà e di repubblica senatoria benché temperate da opportune concessioni ai tempi nuovi". Per l'epoca risulta comunque un giornale ben fatto, impaginato a dovere e ricco di notizie, tanto da essere spesso copiato da altri fogli simili. Dal luglio 1797 il "Monitore" sarà stampato dai Sassi, prima editori della "Gazzetta", ed erediterà alcuni tra i migliori compilatori del vecchio foglio. Si spegnerà il 21 dicembre 1798 dopo essersi affermato come il più diffuso e autorevole giornale bolognese del triennio giacobino.dettagli
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18 ottobre 1796L’Albero della LibertàLa sera del 18 ottobre alcuni cittadini democratici, tra i quali Giuseppe Gioannetti, i fratelli Ceschi e Giacomo Greppi, piantano in mezzo a Piazza Maggiore l’Albero della Libertà. La cerimonia avviene a distanza di quattro mesi dall’occupazione francese. I promotori hanno dovuto superare l’ostilità del Senato, che teme l’entusiasmo popolare e ritiene “breve il passo all’animosità, al fermento, alle stragi, al massacro”. L’albero è un lungo abete ornato di frasche e cartelli inneggianti contro la monarchia. Ha il tronco fasciato di tela bianca, rossa e turchina e in cima esibisce una berretta rossa, il berretto frigio della “plebe infima”, diventato simbolo repubblicano. A metà del tronco sono appese due bandiere, due fasci e altri emblemi repubblicani. È stato fabbricato nel palazzo degli Aldrovandi in via Galliera. Carlo Filippo Aldrovandi è stato il primo nobile a indossare la coccarda tricolore dopo l’arrivo dei Francesi. Viene innalzato al suono del tamburo tra gli evviva e i canti patriottici. Gioannetti intona in a solo l’inno propiziatorio: “Ecco il segnal benefico / della più dolce dea ...”. Poco dopo ai primi patrioti si uniscono molti popolani. A una “provocazione” del cancelliere di piazza, il “popolaccio entusiasmato” risponde assaltando la caserma dei “birri” - i gendarmi - sotto il portico del Podestà e appiccando fuoco alla porta. Il bargello Pietro Ferri è accompagnato fuori dall’edificio assieme alla moglie e mostrato sulla pubblica piazza alla luce delle fiaccole. La plebe comincia a devastare e bruciare tutto quanto trova. Per fortuna viene fatta uscire in tempo una certa quantità di polvere da sparo presente nel camerino del bargello, evitando uno scoppio, che avrebbe potuto far saltare una parte dello storico palazzo. Durante la notte la plebaglia si presenta in molte case, conventi e botteghe, “esigendo pane, vino e altro”. La sommossa dura fino al giorno successivo. Per mantenere la quiete pubblica i Massari delle arti vengono incaricati di formare un corpo di Guardia Civica di seicento uomini, poi distribuiti nei quattro quartieri cittadini. Da ognuno dei conventi utilizzati come caserme partono durante la notte squadre formate di “persone di buona condizione” per controllare le strade, mentre cittadini e soldati francesi fanno la guardia all’Albero della Libertà. Intanto molti degli autori dei saccheggi della notte precedente vengono catturati e incarcerati. Bonaparte, di passaggio a Bologna tra il 18 e il 19 ottobre, deplorerà l’accaduto e pretenderà l’arresto dei colpevoli della sedizione e la condanna a morte di uno dei capi dei saccheggiatori. La sentenza sarà però “commutata nella galera”, su insistenza di molti.dettagli
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6 giugno 1797Una "torma di fanatici" abbatte gli stemmiIl 5 giugno alcuni agitatori giacobini, tra i quali i fratelli Ceschi e Giuseppe Gioannetti, dopo un comizio davanti al Caffè degli Stelloni, percorrono le strade cittadine e sottraggono dalle case nobili diverse armi e stemmi non ancora cancellati, nonostante i recenti divieti. Il giorno seguente sono levate dalle chiese le armi delle cappelle nobiliari e quelle sulle inferriate e sulle panche, “deturpando ogni bel monumento”. Vengono rimossi gli stemmi in bronzo della fontana del Nettuno - saranno rimontati più avanti in ordine errato - e cancellati quelli del portico di San Luca, degli Scalzi e dei Mendicanti. Alcune sottrazioni non vengono autorizzate dal Comitato centrale di Governo, che ha appena rilevato i poteri del Senato cittadino.dettagli
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11 dicembre 1797Si levano i paracarri dai porticiPer ordine della municipalità di San Domenico vengono tolti i “fittoni” e i gradini a capo dei portici cittadini, visti, oltre che come intralcio alla circolazione, come appropriazione indebita di suolo pubblico. Laddove vi sono più di tre gradini vengono costruite delle rampe o discese. Tra i paracarri abbattuti ci sono i famosi Stelloni che delimitavano la piazza del Nettuno separandola dal Mercato di Mezzo e le colonnette con i leoni poste davanti al Foro dei Mercanti. Nel febbraio 1798 l'ex senatore Aldrovandi farà cavare dalla facciata del suo bel palazzo in via Galliera i 23 fittoni di marmo d'Istria presenti, rovinando il marciapiede. Viste come simboli del passato, anche le catene tra i paracarri saranno in alcuni casi rimosse e deposte come trofei attorno agli alberi della libertà.dettagli
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28 maggio 1798Pranzo Patriottico delle CittadineOltre mille commensali prendono parte a un Pranzo Patriottico riservato alle donne. La piazza è ornata di alberi e le tavole formano un ottagono iscritto in un quadrato. Ai quattro angoli quattro tende ospitano i militi della Guardia Nazionale. Le tavole sono coperte da tovaglie con i tre colori nazionali. Al centro della piazza un tendone ripara la bottiglieria, mentre due cori e l'orchestra sono sistemati accanto ad essa sotto “boschetti con alberi e festoni”. Entrambe i cori, uno di cantanti professionisti, uno “di dilettanti delle scuole nazionali”, intonano inni patriottici: "Oggi tutte siamo uguali, siam compagne e siam sorelle; oggi tutte siamo ancelle di giuliva povertà...". Dopo la prima portata un violento nubifragio costringe i partecipanti a rifugiarsi sotto i portici e nel palazzo pubblico, dove il resto del pranzo è dispensato “confusamente” alle indigenti che lo richiedono. Cessata la pioggia la Guardia Nazionale compie evoluzioni militari nella Piazza del Mercato, mentre alla sera si tiene un veglione gratuito nel teatro comunale “riccamente illuminato”. Per rendere lo spettacolo più degno, nel fondo del palcoscenico è ricavata una grande apertura e un ponte collega il teatro col terrapieno del Guasto, in cui è costruito “un ameno giardino con alberi” e innalzata in mezzo una grande statua della Libertà.dettagli
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1 gennaio 1799"Il Relatore bolognese" e "Il Proto-Monitore"Nella prima metà del 1799, fino al ritorno degli Austriaci, si stampano a Bologna "Il Relatore bolognese" e "Il Proto-Monitore". Il primo ha grande formato a due colonne e si vende "nel negozio del Canetoli sotto le Scuole", cioè sotto il portico del Pavaglione. Presenta parecchie corrispondenze, soprattutto con la Francia e le sigle L ed E, Libertà e Eguaglianza. Esce due volte alla settimana (dall‘1 gennaio al 28 giugno) e costa 15 paoli al semestre. "Meglio redatto e più informato" di esso è "Il Proto-Monitore", che ha anche per titolo "Amor di Patria". Ben stampato dalla tipografia Marsigli ai Celestini, esce dal 29 dicembre 1798 al 29 giugno 1799 in quattro pagine (ma a volte anche in sei). Appaiono qui per la prima volta gli avvisi a pagamento nell'ultima pagina "per opere di carattere politico , o per affari riguardanti anche privati". (Sorbelli)dettagli
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3 maggio 1799La chiesa di Santa Maria della LibertàIl conte Carlo Caprara acquista la chiesa della Madonna della Libertà, costruita presso le mura tra Porta San Mamolo e Porta Saragozza all'altezza del baraccano di Borgo Marino. Nel 1574 i devoti della Compagnia della Trinità costruirono qui una cappelletta, che lasciarono alcuni anni dopo per passare in via Santo Stefano. Nel 1631 essa passò a una congregazione della chiesa di San Mammante. Vi venne collocata una antica immagine della Vergine conservata in Palazzo Albergati, chiamata Madonna della Libertà per la sua provenienza dal quartiere del Gonfaloniere in Palazzo pubblico. La chiesetta venne in seguito ampliata e dal 1663 fu costruito il portico antistante, completato nel 1768. La compagnia venne soppressa il 28 luglio 1796. Pochi giorni dopo l'acquisto il conte Caprara cederà la chiesa a due soci che continueranno a farla officiare. Sarà tra le poche che rimarranno aperte per il decreto 10 marzo 1808. Dopo un periodo di chiusura, a metà dell’800 la chiesa risulta gestita dal “solerte” sacredote don Angelo Ricci. Nelle ore pomeridiane delle Feste d’estate vi si terranno “Esercizi spirituali, o Catechismi che dir si voglia”. Il sacro edificio sarà quindi convertito ad uso profano. L’icona della Madonna verrà conservata nella basilica di Sant’Antonio.dettagli
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1 giugno 1799Saccheggio di San Giovanni in PersicetoA San Giovanni in Persiceto, ostile al governo francese, viene abbattuto l'Albero della Libertà. Il 20 maggio arriva in paese il marchese Luigi Davia (o Da Via), “uomo di strambo temperamento, di età settuagenaria” e si pone a capo degli insorti. Poco dopo giunge l'armata austriaca del generale Klenau, che il 31 maggio deve però spostarsi a Ferrara. Il generale Oulin (Hulin), stanziato a Bologna, manda allora a San Giovanni un forte contingente di soldati cisalpini, francesi e sardi, comandato dal capo brigata Clausel. Con cannoni e bombe gli attaccanti sopraffanno le difese del marchese Davia, che muore sotto il portico del palazzo comunale, dopo aver gridato, gravemente ferito e ormai alla fine, “le peggiori ingiurie” contro i soldati francesi. La truppa francese, minacciata dal ritorno degli Austriaci, si ritira verso Bologna dopo aver saccheggiato “dentro e fuori”, per oltre sei ore, il paese ribelle.dettagli
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17 agosto 1799Chiusi i caffè giacobiniPer ordine del commissario imperiale vengono chiusi il caffè degli Stelloni e il caffè Trebbi in via Galliera, locali frequentati dai giacobini. Gli Stelloni al Canton de' Fiori sono un luogo di raduno per le pubbliche manifestazioni e teatro delle sfuriate libertarie di Giuseppe Gioannetti. Al Trebbi sono distribuiti i giornali "L'Abbreviatore" e "Discussioni preparatorie sopra gli Affari pubblici". Il 2 settembre è la volta della libreria Bouchard e della libreria e stamperia dei Canetoli sotto il portico dell'Archiginnasio. Ai Bouchard, distributori del "Monitore Bolognese", è dato l'esilio. Viene chiusa anche la bottega di Jacopo Marsigli, editore di Foscolo, che viene tratto in arresto. Sono inoltre proibiti i club, accusati di diffondere “notizie allarmanti e perniciose”.dettagli
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2 febbraio 1800Una polveriera nella chiesa di MiramonteI militari austriaci trasformano in polveriera la chiesa della Madonna di Miramonte o delle Febbri, santuario sorto nel 1480 a seguito della scoperta di un'immagine della Vergine dipinta sul muro a capo della via omonima. Sul luogo della primitiva cappella, posta in corrispondenza di un “cancello” delle mura, nel 1572 fu costruita una bella chiesa con portico, su progetto di Domenico Tibaldi. Era simile a quella del Baraccano, più larga che profonda, con tre altari. Dopo la soppressione della Confraternita di S. Maria delle Febbri nel 1798, la chiesa fu venduta e la sacra immagine collocata nel vicino oratorio San Girolamo. In seguito sarà trasportata nella basilica di San Domenico. Nel santuario c'era anche un affresco con la Madonna gravida trasferito, assieme alle immagini di tante altre chiese bolognesi, nel chiostro delle Madonne della Certosa.dettagli
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14 aprile 1801Il nuovo cimitero della Certosa di San GirolamoIl 3 marzo 1801 è stabilito un cimitero pubblico presso il monastero della Certosa di San Girolamo, soppresso nel 1797. L'idea di un cimitero extraurbano risale al secolo precedente. Nel 1784 il Senato esamnò i progetti di quattro cimiteri appena oltre le mura, uno per ogni quartiere. Nel 1797 Mauro Gandolfi, pittore e professore all'Accademia di Belle Arti, formulò invece l'ipotesi di un unico, grande camposanto nei pressi del Meloncello. Il dott. Luigi Pistorini, presidente della Commissione sanitaria del Dipartimento del Reno, ha con tenacia promosso la soluzione economica e di immediata realizzazione del camposanto alla Certosa, "impresa che che per sé sola basterebbe a renderne chiarissima e benemerita la memoria". Secondo il valente medico non c'è scelta migliore: l'antico convento "giace nel centro di ampia e deliziosa pianura". L'aria che lo investe e ravviva è per ogni lato libera, mossa ed “irrequieta”. Si trova in una zona soleggiata e bagnata da un torrente "copioso d'acqua". Ad accudire il cimitero vengono nominati i Padri Zoccolanti dell'Annunziata, il cui convento in San Mamolo è trasformato in ospedale militare (assieme a San Michele in Bosco, che è anche carcere). Come camera mortuaria è scelta la chiesa di San Rocco, situata in fondo a via del Pratello, a ridosso delle mura cittadine. Il Presidente della Commissione di Sanità Berti con un proclama invita gli aspiranti addetti del nuovo cimitero a presentarsi: i portantini, che dovranno condurre i feretri dalle case alla camera mortuaria, quelli che li recheranno al cimitero "su carri tirati da muli", infine gli scavatori delle fosse. Dal 13 aprile è proibito sotterrare i morti "qualunque siano in qualunquesiasi luogo" della città. Il 24 germile dell'anno IX repubblicano (14 aprile 1801) il nuovo camposanto accoglie le prime salme: un fornaio di 50 anni morto d'inedia e una donna di 53 anni di Borgo Polese morta di idropisia. Secondo altre fonti la prima sepoltura in Certosa è quella del monaco Faustino Baretti. Per iniziativa dell'Accademia Clementina vengono qui raccolti i monumenti antichi provenienti dalle chiese e dai conventi della città. Gli accademici propongono di far trasportare i monumenti direttamente dalle famiglie, in cambio della sepoltura nel loggiato per cento anni senza ulteriori spese. Per le numerose tombe senza eredi - alcune molto antiche e di grande valore artistico - i deputati dell'Accademia prospettano l'adozione, che comprende il trasporto e la sistemazione alla Certosa, in cambio dello stesso diritto d'uso. Nella chiesa soppressa di San Girolamo sono concentrati anche parecchi affreschi raffiguranti la Beata Vergine, che in seguito troveranno sede nel chiostro detto, appunto, delle Madonne. Nel 1803 sarà attuato il progetto di Ercole e Giovanni Bassani di quattro grandi pilastri per il cancello d'ingresso, sormontati dalle statue dei “Piangoloni” (o Piagnoni) di Giovanni Putti. Per dare comodo accesso al cimitero, a partire dal 1811 verrà costruito, a cura dell'architetto Ercole Gasparini, un lungo portico collegato al Meloncello con quello di San Luca, con un grande arco (Arco Guidi) a scavalcare la strada per Casalecchio. Nel 1816 l'arcivescovo di Bologna Oppizzoni riconoscerà il cimitero della Certosa come luogo sacro e nel 1821 il consiglio comunale delibererà l'allestimento, all'interno di esso, di una sala contenente i busti degli “Uomini Illustri e Benemeriti” della città.dettagli
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luglio 1801Giovanni Antonio Antolini presenta il progetto del Foro BonaparteGiovanni Antonio Antolini (1753 – 1841), architetto originario di Castel Bolognese e laureato a Bologna, presenta in luglio a Napoleone il progetto per il Foro Bonaparte, nuovo centro politico e direzionale di Milano. Attorno al castello Sforzesco è previsto un grande piazzale circolare limitato da un portico e lambito da un canale derivato dai navigli. Sul perimetro del piazzale sono sistemati quattordici edifici pubblici, dalle terme al museo, dalla dogana al teatro, tutti in stile neoclassico. Il progetto, considerato dal suo rivale Giuseppe Pistocchi (1744-1814) un "mostruoso aborto dell'architettura", sarà ritenuto irrealizzabile e eccessivamente costoso anche dall'autorità francese, che affiderà a Luigi Canonica (1762-1844) la sistemazione dell'area del castello. Dal 1803 al 1815 Antolini sarà chiamato sulla cattedra di architettura civile e militare dell'Università di Bologna, incarico che ricoprirà non senza gravi rimpianti e contrasti. Gli unici progetti bolognesi di una qualche importanza sono quello di una villa per Antonio Aldini “alla Bastia”, assieme a G.B. Martinetti, e quello per una grandiosa residenza napoleonica alle Budrie nei possedimenti del conte Carlo Caprara. Di quest'ultimo si conservano alcuni disegni presso la Pinacoteca di Bologna. Con la Restaurazione Antolini sarà esonerato assieme al suo assistente Carlo Aspari e al segretario dell'Accademia Pietro Giordani e dovrà riparare a Milano. Da allora fino alla morte, avvenuta nel 1841, terrà la cattedra di architettura a Brera. Sarà ricordato come uno dei massimi artefici e teorici dello stile neoclassico in Italia.dettagli
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8 marzo 1803Danni in città e nelle campagne per le continue pioggeLe intense e continue piogge di questo periodo gonfiano i fiumi della provincia, che rompono gli argini in più punti e allagano i terreni e i paesi della Bassa. Gran parte dei territori di Molinella, Marmorta, Baricella sono sott'acqua. In montagna, invece, sono continue le frane. Gli smottamenti del terreno fanno crollare alcuni archi del portico di San Luca e un tratto delle mura cittadine nei pressi del ponte sul torrente Aposa all'Annunziata.dettagli
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19 maggio 1805Apertura del teatro del CorsoIn Strada Santo Stefano, conosciuta come il corso di Bologna (vi si svolge tradizionalmente il corso mascherato di Carnevale), sul terreno un tempo occupato dal palazzo senatorio Rossi Turrini, apre il 19 maggio un bel teatro in stile neoclassico, di proprietà dell'impresario Giuseppe Badini. Questi già nell'agosto del 1802 ha diffuso un bando in cui spiegava la mancanza di un teatro di media grandezza “in uno dei più comodi e migliori punti della Città”. Per sostenere l'edificazione ha distribuito quaranta carati, con ciascuno dei quali ogni “caratista” ha acquistato un palco con annesso camerino. Tra i compratori di spicco vi sono il principe Astorre Hercolani, l'avvocato Filicori e l'ingegnere Martinetti. Il grande edificio è stato progettato e costruito dall'architetto Francesco Santini (1763-1840), ingegnere e professore di Prospettiva all'Accademia di Belle Arti, che si è ispirato al nuovo teatro di Ferrara, progettato da Giuseppe Foschini e Cosimo Morelli (1796). La sua proposta è stata preferita a quella dell'architetto Ercole Gasparini (1771-1829), soprattutto per ragioni economiche. E' dotato di una sontuosa sala a pianta ellittica con quattro ordini di palchi, più il “lubione”, con palchetti a forno e un ampio palcoscenico attrezzato, che appoggia sui muri della chiesa di San Giovanni in Monte. Tutti gli ambienti sono decorati con pitture, motti e medaglioni raffiguranti i maggiori attori del passato, dovuti ai migliori artisti sulla piazza, quali Giovanni Putti, Serafino Barozzi, Filippo Pedrini, Giuseppe Muzzarelli. Nel complesso, esso si presenta come una struttura polivalente per l'intrattenimento: in corrispondenza del terzo ordine di palchi, si apre infatti una grande sala, con due ridotti laterali e due piccoli, eleganti appartamenti, uno dei quali destinato a sede di una società di gioco. Lungo il portico archivoltato, con quattordici colonne doriche, sono distribuiti tre portoni, due dei quali immettono al teatro e uno conduce agli "appartamenti di società". Le stanze dell'annesso casino e del ridotto sono elegantemente mobigliate, riccamente illuminate e disposte per una scelta conversazione e per una festa di ballo. Al piano terra si trova un caffè, dotato di cinque stanze per il ricevimento e la bottega. Nei pressi sarà edificato, su progetto dello stesso Santini, un albergo “nobile”, molto comodo per gli appassionati, che “senza veruna deroga potranno dal proprio alloggio portarsi a godere lo spettacolo”. La prima rappresentazione è l'opera seria Sofonisba di Ferdinando Paer (1771-1839), seguita dal ballo mitologico Perseo e Andromeda, curato da Gaetano Gioia (1765-1826), ballerino e compositore. Il 20 giugno vi sarà una seconda inaugurazione ufficiale alla presenza di Napoleone. Il teatro del Corso sarà prediletto soprattutto dalla borghesia e dagli intellettuali e a lungo saprà rivaleggiare con il Comunale. Le famiglie bolognesi nobili e facoltose avranno d'abitudine un palco sia nell'uno che nell'altro teatro. Nei primi mesi di vita del teatro prevarrà la rappresentazione di opere in musica, ma già nel 1806 cominceranno ad esibirsi compagnie teatrali, come la Venier e la Vicereale. Non mancheranno i lucrosi veglioni di Carnevale, che scateneranno la concorrenza con gli altri teatri cittadini. Nel 1813 il Corso ospiterà l’opera Lodoiska di Simon Mayr e il ballo eroico I Riti Indiani del Gioia. Nel 1814 sarà in scena l’Italiana in Algeri, primo capolavoro di Rossini, dopo il grande successo ottenuto a Venezia.dettagli
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1807Un popolo "senza dignità"Nel romanzo Corinne ou l'Italie, ispirato a vicende autobiografiche, Madame de Stael (1766-1817) restituisce un vivo quadro della miseria e del degrado della popolazione bolognese. Arrivando nel bel mezzo del carnevale, i due protagonisti, Osvaldo e Lucilla, sentono giorno e notte per le strade grida di gioia "affatto simili agli urli della collera". Il popolo bolognese è assimilato ai lazzaroni di Napoli. Di notte molti dormono per strada sotto i portici, in inverno portano con sé un po' di fuoco usando un coccio, mangiano in terra e perseguitano i forestieri con continue richieste. Le voci melodiose che si sentono di notte in tante città italiane sono rimpiazzate a Bologna da osceni schiamazzi. I due giovani rimangono colpiti dalla presenza in pieno centro delle carceri del Torrone, con le inferriate che sporgono sulla strada. Da esse i carcerati si rivolgono alle persone di passaggio "con la voce del tuono" e chiedono soccorso "con ignobili buffonerie e grida smodate". "In poche parole", conclude Mme de Stael, tutto dà l'idea "di un popolo senza dignità". Pur con tutte le forzature di linguaggio della cultura romantica, la descrizione della scrittrice coglie la precaria condizione di buona parte della popolazione bolognese, condizione destinata a protrarsi per tutta la prima metà del secolo. Nel 1838 la definizione da parte di Jules Janin di Bologna come "continuazione del cimitero" scatenerà le proteste di Marco Minghetti. Ancora nel 1855 altri ospiti stranieri, i Goncourt, troveranno dappertutto in città "mendicanti a posto fisso", febbricitanti, ciechi, vecchie fameliche: "una popolazione d'esseri cenciosi, stracciati, sbrindellati, che sono come un cantico della sofferenza".dettagli
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luglio 1808Demolito il convento di San BenedettoPer allargare la Montagnola nel lato occidentale, tra luglio e agosto viene atterrato il braccio dei dormitori - superiore e inferiore - del convento di S. Benedetto. E' mantenuta solo una piccola parte dell'edificio, come abitazione per il parroco. A causa dell'innalzamento della Montagnola, per collegare il giardino al borghetto di S. Benedetto, è costruita una scalinata di 25 gradini. Il convento di S. Benedetto, costruito nel 1529 dai frati di S. Francesco di Paola e soppresso nel triennio giacobino, ha servito come caserma dei coscritti, poi come carcere e infine come ospedale. Il 30 giugno 1799, dopo il ritorno degli Austriaci, il comandante della piazza ordinò ai cittadini bolognesi di consegnare qui tutte le loro armi. La chiesa di S. Benedetto è orientata su via Galliera. Nel 1892, con la costruzione di via dell'Indipendenza, verrà invertita e la facciata sarà ricostruita, con l'aggiunta di un portico, sulla nuova prestigiosa strada.dettagli
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26 giugno 1809Impresa in pallone del libraio MarcheselliIl bolognese Antonio Marcheselli, libraio sotto il Portico della Morte, compie il 26 giugno un volo con il pallone aerostatico, partendo dalla cittadella di Ferrara. Nel 1810 volerà a Cesena e nel 1811 a Lugo, “tra gli entusiasmi” che trascinano gli appassionati “da una città di Romagna all'altra”. Nel 1812 sarà a Venezia, dove si esibirà una prima volta il 30 maggio, alzandosi alle sette di sera dai giardini pubblici davanti alle autorità e a tanta folla e atterrando felicemente circa un'ora più tardi all'Arsenale in tempo per ricevere “una vera ovazione” dal pubblico, che lo acclamerà nel teatro di San Benedetto. Per “aderire al comune desiderio” dei veneziani, Marcheselli effettuerà una seconda ascensione il 23 giugno, ma questa volta il vento forte lo costringerà a un atterraggio sulla laguna “a guisa di barchetta a vele spiegate”. Il libraio continuerà la sua avventura aeronautica fino al 1814. In quell'anno volerà a Modena e a Lucca, sempre suscitando ammirazione e entusiasmo: il pubblico lo vedrà ancora una volta “lasciato in balia del vento”, dolcissimamente spinto a ponente, mentre “con grave lentezza” si allontana dal suolo. Negli anni '20 la libreria di Marcheselli sarà la più cospicua di Bologna, con un grande assortimento di volumi, ma alla fine del decennio speculazioni sbagliate condurranno l'impresa al fallimento e costringeranno il coraggioso aeronauta a riparare in Svizzera.dettagli
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1810La villa del ToianoAl confine tra i comuni di Casalecchio di Reno e di Sasso Marconi, sopra una collina che affianca la strada Porrettana, sorge la villa del Toiano. Sulla strada si affaccia un cancello monumentale e un viale dal quale si accede al palazzo. Intorno vi sono prati e campi coltivati. La villa prende il nome dalla località e il toponimo è di origine romana, forse Predium Tullianum (terreno di Tullio). Tipica residenza estiva senatoria, fu fatta costruire nel 1549 da Camillo Bolognetti. Ha una facciata con frontone triangolare, una loggia passante, quattro portici, uno per ogni lato. Per la sua qualità architettonica, di sicuro fu edificata da uno dei grandi artefici attivi a Bologna in quel periodo. Si fa il nome di Pellegrino Tibaldi (1527-1596) o di Bartolomeo Triachini (1516-1587). Nel 1770, dopo il trasferimento a Roma dei Bolognetti, venne acquistata dall'abate Pier Antonio Odorici, tesoriere ed amministratore di Bologna e delle Romagne, proprietario in città di Palazzo Zani, mentre nel periodo napoleonico passò al marchese Antonio Bovio -Silvestri Nel 1810 la villa ospita Giovanni Maria Pujati (1733-1824), monaco benedettino friulano, esponente del giansenismo. L'insigne teologo scrive un poemetto in versi sciolti che esalta l'eleganza dell'edificio, il casino, il giardino, l'anfiteatro, e vede nella residenza del Toiano l'unione fra la bellezza della natura e l'arte dell'uomo. Come tutte le altre costruzioni intorno, anche la villa del Toiano subirà notevoli danni nel corso della seconda guerra mondiale.dettagli
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1810Risaie a Selva MalvezziI Malvezzi impiantano, nei pressi del borgo di Selva, le prime risaie del Molinellese. Un ramo della famiglia ebbe per 340 anni la signoria di questo territorio, che fu soggetto nel XV secolo a una vasta opera di bonifica. Il feudo fu abolito nel 1797 all'arrivo dei Francesi e non più ricostituito dopo il ritorno del potere papale. Il paese è vigilato da opere difensive come il Palazzaccio, fatto costruire dal quarto conte della Selva, ed è disposto attorno a un'ampia piazza, in parte coltivata come un piccolo podere. “Ciò che uomini e tempo hanno fatto dopo non ha cancellato l'impronta originale di un paese tipicamente feudale" (Beseghi). Vi sono il palazzo del conte, "forte e massiccio con una torre tozza al centro”, l'edificio del governatore con portici ad archi tondi che ospitano botteghe artigiane, l'ospedale voluto dal marchese Camillo Malvezzi Locatelli (1731-1808). Di aspetto più moderno è la chiesa parrocchiale di Santa Croce, progettata dall’architetto medicinese Angelo Venturoli (1749-1821). La coltura del riso si estenderà rapidamente nella Bassa bolognese e nel territorio di Molinella in particolare. Nel 1851 a Molinella si conteranno 1.185 ettari di risaia, che arriveranno a quasi 2.000 ettari all’inizio del ‘900, prima di diminuire anche a causa degli scioperi bracciantili.dettagli
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1811Il Banco CavazzaGirolamo Cavazza avvia in un negozio sotto il portico del Podestà un banco di cambiavalute. La famiglia è dedita per tradizione al mestiere di selciaio e al commercio illegale di canapa. In breve tempo il Banco Cavazza avrà una grande fortuna. Al ritiro di Girolamo nel 1836 i quattro figli potranno dividersi un patrimonio di circa 30.000 mila scudi in crediti e terreni. Con un capitale di 8.000 scudi versato dai fratelli in parti uguali il Banco continuerà per alcuni anni l'attività nel nome del fondatore, per assumere nel 1841 la denominazione di Banco Fratelli Cavazza. Dal 1847 il maggiore dei fratelli, Giuseppe, cederà il suo posto ai figli Luigi e Felice, che daranno grande impulso all'impresa in anni molto difficili per la generale situazione economica e politica. Felice condurrà "una fortunata speculazione nella rendita italiana all'indomani dei disastri della guerra del 1866" (Volta).dettagli
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1811Atterrata la chiesa di S. AgneseViene abbattuta la chiesa esterna del convento delle suore domenicane di Sant'Agnese, fondato nel XIII da Diana degli Andalò.Il sacro edificio fu ampliato nel 1615 e nel 1790 venne decorato da Petronio Fancelli (1734-1800).Le monache di Sant'Agnese furono soppresse il 31 gennaio 1799 e il loro convento fu in gran parte destinato a caserma pontificia.Il monastero di Sant'Agnese era uno dei più ricchi di Bologna e prima della soppressione dell'ordine arrivò a contenere più di cento religiose.Aveva una chiesa interna per le suore e una esterna per i fedeli. Il chiostro grande, con portico ad archi a tutto sesto, aveva al piano superiore una loggia architravata, "esempio singolarissimo" a Bologna (Malaguzzi Valeri). dettagli
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16 settembre 1811Un portico dal Meloncello alla CertosaIl 16 settembre il prefetto del dipartimento Luigi Querini Stampalia pone la prima pietra del portico che unisce il Meloncello al cimitero della Certosa, nell'ambito di un ambizioso progetto di ampliamento di quest'ultimo, volto a farne "un monumento permanente, di un uso continuato". La connessione del portico della Certosa con quello del Santuario della Madonna di San Luca ha lo scopo di unire “due celebri monumenti” di Bologna, gloria e lustro della città. Una buona ragione per l'avvio dei lavori è anche quella di procurare “la sussistenza a molti operai disoccupati e resi miserabili” da anni di crisi economica e di carestia. La “via coperta” è considerata inizialmente dall'arch. Ercole Gasparini (1771-1829) una diramazione del cimitero, con camere sepolcrali dietro ciascun arco e celle più distinte nei 18 capi-archi previsti (vasti ambienti di stazionamento dotati di frontoni). L'idea di rinnovare il modello tipico dell'antica Roma del sepolcro su strada, ma coniugato al portico bolognese, sarà presto accantonata e mantenuta solo come ipotesi futura. La galleria porticata avrebbe inoltre dovuto proseguire all'interno dell'ex convento, ridefinendo il perimetro del chiostro maggiore e collegandosi poi alla nuova cappella dei Suffragi, considerata il fulcro dell'area cimiteriale. Fino al 1831 saranno edificati 131 archi. Il portico scavalcherà con il grande Arco Guidi - demolito nel 1934 per ragioni di viabilità - la strada Sant'Isaia per Casalecchio e, con un ponte coperto, il canale di Reno, per connettersi infine al circuito perimetrale del cimitero. Al termine dei lavori, completati nel 1835, con alcune modifiche, da Luigi Marchesini (1796-1882) grazie a un lascito di Luigi Valeriani, gli archi del portico della Certosa saranno 220, scanditi da capiarchi di dimensione maggiore.dettagli
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23 settembre 1811Soggiorno di StendhalMarie-Henri Beyle (1783-1842), poi conosciuto come Stendhal, ex ufficiale napoleonico affiliato alla Massoneria del Grande Oriente di Francia, è a Bologna tra il 23 e il 25 settembre. Arriva “à la tombée de la nuit”, proveniente da Milano e dopo aver deposto i bagagli all'Albergo Reale corre al Teatro comunale dove è in scena l'opera Ser Marcantonio di Stefano Pavesi (1779-1850). Avendo visitato la Scala di Milano, il teatro bolognese gli appare "nu et pauvre". Il giorno seguente percorre la città. Giudica i portici del centro comodi, ma tristi: contribuiscono, secondo lui, a rendere le strade vuote e silenziose. E' sensibile alla semplicità e alla grandeur degli edifici, ma nota anche una certa trasandatezza e sporcizia: il nuovo palazzo Hercolani gli sembra sale (sporco) e il palazzo Tanari, pieno di capolavori, ha camere "che fanno male al cuore", con letti orrendi e lavabi "comme ceux des auberges". E' colpito soprattutto dalla ricchezza dei musei: oltre alla Pinacoteca visita alcune importanti gallerie private - Hercolani, Marescalchi, Tanari, Fava e Zambeccari - rimanendo impressionato soprattutto dalle prime due. Gli piacciono Guercino e Reni, mentre le tele dei Carracci lo lasciano freddo: la loro pittura è povera, i quadri sono dipinti con colori comuni e su pessime tele. Tra le case che ospitano Stendhal in questo soggiorno vi è quella del conte Antonio Aldini, ministro del Regno e amico di Napoleone - e personaggio di primo piano della vita politica bolognese - conosciuto durante la residenza di questi a Parigi. All'Università visita le collezioni naturalistiche di Aldrovandi, Marsili e Cospi conservate a Palazzo Poggi: giudica i reperti “nuls, pires que nuls, ennuyeux”. Depreca il governo dei preti, che contrasta la Bologna sensuale, mondana e vivace che tanto gli piace. I preti limitano i piaceri e tra questi soprattutto la musica, di cui si dichiara assetato. E il piacere musicale è per lui legato in modo particolare al melodramma, al bel canto, alla romanza, mentre la musica strumentale non gli interessa. Henri Beyle tornerà a Bologna nell'ottobre 1814, proveniendo da Firenze attraverso la Futa, e si fermerà “deux jours francs”. Avrà modo di conoscere meglio i tesori d'arte e i monumenti e di frequentare la buona società. Riporterà una buona impressione della città e delle donne bolognesi, che paragonerà per bellezza ed eleganza alle parigine.dettagli
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1812Pietro Giordani denuncia l'abbandono della Palazzina della ViolaParlando all'Accademia di Belle Arti, il segretario Pietro Giordani (1774-1848) denuncia le condizioni di abbandono e di incuria della Palazzina della Viola, la delizia dei Bentivoglio presente nell'area dell'Orto botanico dell'Università. Si tratta di un edificio di particolare pregio architettonico e artistico, affrescato dai migliori artisti dell'epoca rinascimentale: Innocenzo da Imola, Amico Aspertini, Prospero Fontana, Nicolò dell'Abate. Dopo la caduta dei signori di Bologna la villa ospitò l'Accademia del Viridiario di Giovanni Filoteo Achillini e quella dei Desti. Tra il 1540 e la fine del Settecento fu aggregata al vicino Collegio Ferrerio. Nel 1803, divenuta di proprietà pubblica, fu destinata a sede della Scuola universitaria d'Agricoltura, diretta da Filippo Re. Quando all'inizio del '900 verrà acquistata dalla Cassa di Risparmio per la Scuola superiore di Agraria, la Viola apparità come una casa colonica, con buona parte del portico e della loggia superiore chiusi, gli ambienti frazionati, gli affreschi ricoperti di calce. Sarà restaurata nel 1907, nel 1928 e poi ancora nel 1948, dopo i danni subiti durante la seconda guerra mondiale.dettagli
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14 giugno 1812Gli Addobbi dei ServiNella parrocchia dei Servi è allestito un grandioso apparato, soprattutto lungo Strada Maggiore. Le famiglie più distinte ornano “magnificamente” i portici dei loro palazzi, con l'esposizione di preziosi tessuti alle porte e dei migliori quadri. Il 15 giugno nella chiesa dei Servi si recita una Messa solenne in musica in onore di S. Antonio e nel pomeriggio si tiene una corsa di cavalli berberi. Alla sera Strada Maggiore è tutta illuminata “a cera”, vi sono fuochi d'artificio e nel Casino dei Nobili si replica la Cantata composta l'anno precedente da Francesco Giovanni Sampieri per la nascita del Re di Roma.dettagli
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12 luglio 1812Apparati ed elemosine nella parrocchia di San BenedettoGli archi di portico della chiesa di Sant'Elena in via Galliera vengono addobbati come da antica consuetudine. Sotto il portico viene fatta una elemosina di due libbre di pane e una “misura discreta” di vino a oltre 4.000 poveri della parrocchia. Un tempo la chiesa è appartenuta alle suore Agostiniane, che hanno lasciato l'abito nel 1810, dopo la soppressione dell'ordine e la cessione dei loro beni al demanio. Sarà venduta nel 1813 assieme al convento a Giuseppe Spaggiari, già padrone del vicino monastero delle terziarie di S. Francesco di Paola.dettagli
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20 aprile 1814I soldati napoletani bivaccano sotto i portici di San LucaIl 20 aprile all'Avemaria giunge a Bologna Gioacchino Murat, scortato dalla Guardia Nazionale a cavallo, che lo ha raggiunto a tre miglia da Porta San Felice e alla sera ottiene l'onore di fare il servizio di ronda al suo palazzo, a vicenda con i corazzieri reali. Nei giorni successivi arrivano dall'Emilia i contingenti napoletani che hanno combattuto contro l'esercito del Regno d'Italia. I cittadini bolognesi sono costretti a dare ospitalità straordinaria a questa truppa - considerata tanto “inetta alle fatiche” e alle battaglie, quanto “indisciplinata e sfacciata” - che occupa tutte le caserme e riempie anche i portici di San Luca. I soldati napoletani abbandonano spesso i loro quartieri e vagano per la città, lasciandosi andare a molestie e ruberie. Il disagio di questa forzata convivenza durerà fin dopo la partenza di Murat da Bologna.dettagli
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8 febbraio 1815Rifacimento del portico della Gabella NuovaL'architetto Angelo Venturoli (1749-1821) è autore del rifacimento del portico nel palazzo della Gabella (o della Dogana). L'edificio fu iniziato nel 1574 su progetto dell'arch. Domenico Tibaldi (1541-1583), per volere dei sindaci della Gabella Grossa, che ritenevano la sede di via Castiglione ormai inadatta. Benché incompiuto, nel 1575 cominciò ad essere utilizzato come deposito e l'anno seguente i gabellieri ne presero possesso. All'interno vi era una cappella dedicata a S. Maria della Presentazione, che fu profanata nel 1798 e ridotta a magazzino del sale. Accanto al palazzo vi erano magazzini per il deposito del fieno, con grandi bilancioni (o stadere) per la pesatura del foraggio. Nel 1801 la Dogana venne traslocata nel convento di S. Francesco e nel 1806 i locali servirono per un certo tempo come quartier generale della Guardia Nazionale, costretta a lasciare il convento dei Servi. L'8 febbraio 1815 il nuovo proprietario del palazzo, signor Mattei, inizia il restauro verso occidente e in seguito fa trasformare in bottega una parte del loggiato d'ingresso alla Dogana. Nel 1824-1825 il vasto portico, dotato di ventidue archi, verrà "uniformemente ridotto", sgomberando le precarie baracche delle botteghe affacciate sulla strada.dettagli
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2 aprile 1815Le truppe napoletane di Murat in cittàNella notte del 1° aprile le truppe austriache si ritirano verso Modena. Il 2 aprile il re di Napoli Gioacchino Murat e Girolamo Bonaparte arrivano a Bologna con le loro truppe, accolti calorosamente dal popolo: “Fanciulli, uomini maturi, vegliardi, donne d'ogni età, d'ogni condizione, da' balconi, dalle finestre, da dentro i portici, più non potendo con la voce, agitavano i fazzoletti in segno d'approvazione e di amore”. Al comando del generale Guglielmo Pepe, 4.000 soldati napoletani entrano in città da Porta Maggiore, seguiti dalla loro artiglieria, la attraversano e si incamminano fuori Porta San Felice. Ai muri viene affisso il Proclama di Rimini, mentre gli ultimi soldati austriaci sono ancora in città. I cittadini sono invitati ad appuntare sui loro abiti la coccarda verde e amaranto. Alla sera Murat saluta la cittadinanza al teatro del Corso e, prima di ripartire per Modena, ha un colloquio con alcuni eminenti soci del Casino: l'avvocato Pellegrino Rossi, nominato poi - a soli 28 anni - Commissario civile per le Romagne, il principe Astorre Hercolani, scelto come suo Consigliere, il conte Cesare Bianchetti, Alessandro Agucchi, designato Prefetto del Dipartimento del Reno con a fianco Giovanni Contri e Giuseppe Venturoli. Nei giorni successivi arrivano altre truppe, tra le quali un contingente di 2.000 corazzieri, che scorta la famiglia reale. Viene instaurato un Governo Italiano, che unisce i dipartimenti del Reno, del Rubicone e del Basso Po, con a capo Pellegrino Rossi (1787-1848) come Commissario generale. E' ordinata la ricostituzione della Guardia Nazionale. Il 5 aprile un gruppo di alti ufficiali dell'Armata d'Italia invita i congedati ad accorrere alla caserma del Corpus Domini, "comune albergo dei difensori della Nazione", dove è in corso anche la raccolta di tutte le armi. Il Podestà Giuseppe Eugenio Pozzi chiama i giovani a serrarsi sotto "lo stendardo del liberatore", Gambari e Masi incitano gli studenti, il bibliotecario Scevola si mette alla testa di cento scolari, pronto a combattere "fino al momento che il suolo italico sarà purgato dal lezzo degli stranieri". Il conte Agucchi esorta la gioventù a unirsi ai prodi che combattono "per la causa più bella: la cacciata degli Austriaci". Nonostante l'entusiasmo di alcuni intellettuali e di pochi militari nostalgici, solo qualche centinaia di giovani romagnoli e bolognesi sono disposti ad arruolarsi come volontari: tra essi c'è anche il quattordicenne Ugo Bassi, che sarà però scartato per il fisico gracile. L'armata napoletana di Pepe tenterà di passare il Po a Occhiobello (FE), ma verrà respinta dagli Imperiali e dovrà ripiegare in fretta su Bologna. Insieme ad essa è un battaglione di ufficiali, denominato "battaglione sacro", raccolto dal capitano Costante Ferrari con avanzi dell'esercito del Regno italico. Un reggimento di circa mille volontari, destinato a sollevare la Toscana, non andrà oltre Loiano. La campagna di Murat per l'indipendenza d'Italia durerà solo due settimane, tra il 30 marzo e il 13 aprile. Le truppe napoletane saranno sconfitte il 10 aprile sul Po e sul Panaro, il 13 avranno la peggio intorno a Ferrara. Il cronista Majani, non senza ironia, descriverà così le tre domeniche del Re di Napoli: la prima di indipendenza, la seconda di pendenza, la terza di partenza.dettagli
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16 aprile 1815Tornano gli AustriaciLe porte fatte aprire dal Podestà consentono agli Austriaci, al comando del conte di Starhemberg, di occupare la città. Le truppe napoletane hanno cominciato a ritirarsi la sera precedente, dopo una scaramuccia con lievi perdite a Porta San Felice. Alle 10 è partito Gioacchino Murat con lo stato maggiore dirigendosi verso la Romagna. Lo hanno seguito alcuni notabili bolognesi: il principe Astorre Hercolani, l'avvocato Giuseppe Gambari, il marchese Matteo Conti Castelli, il professor Paolo Costa, l'avvocato Pellegrino Rossi. Il generale austriaco Stefanini fa arrestare Alessandro Agocchia (Agucchi), nominato dal re di Napoli Prefetto del Reno e rimasto fino all'ultimo a Bologna. Per il “Giornale del Dipartimento del Reno” è la fine di “un breve delirio, che tentava di portare lo sconvolgimento nell'ordine civile e sociale”. Fino al 18 luglio la città è governata dall'autorità militare austriaca. Le truppe bivaccano sotto i portici di Strada Maggiore e dei Mendicanti e nei campi della periferia.dettagli
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30 giugno 1816L'anno della fameNella provincia bolognese, come in tante altre, il 1816 è “l'an d'la fam”, l'anno della fame. Il prezzo del grano si mantiene fino all'estate successiva sui 6 scudi la corba, più del triplo del prezzo medio. La penuria di cibo incoraggia i malviventi nelle campagne e spinge folle di questuanti in città. Il Governo, da alcuni definito “pietosamente timoroso”, tenta di arginare i disagi con distribuzioni di minestre in cambio “di piccola moneta” e impiegando i poveri in lavori di dubbia utilità. A Bologna, ad esempio, si promuovono sterri attorno alle mura. I continui disordini costringono comunque le autorità a vietare la questua almeno di notte. I raccolti stagionali sono estremamente scarsi e vengono inoltre distrutti da continue piogge, che infradiciano i terreni, e da gelate e nevicate anomale. La penuria di cibo provoca in città "un lagno generale, un malessere in tutti, uno spolpamento di membra", che rendono gli animi inquieti. Essa colpisce particolarmente i paesi dell'Appennino, dove si registrano molti “morti di languore”. In inverno intere famiglie di montanari si trasferiscono in città e si rifugiano sotto i portici di San Luca e degli Alemanni, che diventano un grande bivacco per disperati: "sono innumerevoli questi sventurati, i quali, indeboliti dai digiuni e dai cibi cattivi, cadono ammalati di tifo appestando la città". In una notificazione del 17 dicembre il cardinale Oppizzoni testimonia di imbattersi ogni giorno per le strade in “una folla di mendici che straziano il cuore con i loro pianti e lamenti”. Immenso appare il numero degli accattoni “e vecchi e giovani e donne e fanciulli”, che gridano per la fame. E' per tutti motivo di pietà vedere "smunti visi percorrere le strade, e a guisa di vagabondi, senza asilo, senza mezzi, senza salute, chiedere con debole voce pane e pietà". I rapporti tra governanti e governati si inaspriscono sempre più: tumulti e torbidi sono all'ordine del giorno. Oltre un secolo dopo si scoprirà che la tremenda carestia, che ha coinvolto tutto l'emisfero settentrionale nel 1816-17, ha solo in parte cause endemiche. E' stata anche provocata dall'esplosione del vulcano indonesiano Tambora: le sue ceneri depositate negli strati alti dell'atmosfera hanno oscurato il sole, determinando importanti mutamenti climatici.dettagli
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27 dicembre 1816Stendhal a BolognaTra la fine di dicembre 1816 e il 18 gennaio 1817 Marie-Henri Beyle (1783-1842) detto Stendhal, uno dei maggiori romanzieri francesi dell'Ottocento, è ospite a Bologna. Il suo interesse e la sua curiosità sono rivolti, oltre che agli aspetti più suggestivi della città - i portici, le torri, le gallerie d'arte - alla buona società bolognese. Lettere di presentazione degli amici milanesi lo introducono nei migliori salotti ed ha così l'occasione di cogliere le caratteristiche della locale aristocrazia, da lui giudicata piuttosto spregiudicata e indipendente, poco formale e aliena da ipocrisie. Rispetto a Milano, a Bologna vi è più spirito, fuoco, originalità, c'è "quel misto di passione e immaginazione che occorre per raggiungere la perfezione dello spirito". Tra le cose che lo colpiscono vi è la ricca offerta di spettacoli e accademie musicali, tanto che definirà Bologna "il quartier generale della musica in Italia". Il 18 gennaio è accolto nel palazzo di Cornelia Rossi Martinetti, donna di grande spirito e cultura europea, dove si fa musica e si conduce una conversazione "naturale", ma comunque raffinata come piace a lui. Lo scrittore va quasi tutti i giorni a passeggiare nel parco della chiusa di Casalecchio, che chiamerà “il Bois de Boulogne di Bologna”, ed è spesso ospite nella vicina Villa Sampieri, importante centro di cultura musicale grazie al marchese Francesco Sampieri, compositore di un certo livello e amico fraterno di Gioachino Rossini.dettagli
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aprile 1817Primo soggiorno di Lord ByronIn aprile Lord Byron (1788-1824), di passaggio dal suo esilio dorato di Venezia verso Roma, si ferma a Ferrara e visita la cella di Torquato Tasso, traendone ispirazione per il poemetto The Lament of Tasso, che sviluppa subito dopo a Bologna. Qui sosta brevemente, passeggiando sotto i portici e visitando il Museo d'Anatomia presso l'Istituto delle Scienze. Già nel corso di questo primo soggiorno incontra forse il poliglotta Giuseppe Mezzofanti, conosciuto anche da Stendhal e da Shelley. Considerato una sorta di Napoleone delle lettere, Byron è ben noto e apprezzato nei salotti bolognesi. Durante una visita in città, nel gennaio 1817, Stendhal ricorda di aver assistito con grande piacere alla lettura pubblica del suo poema Parisina, dal quale nel 1833 sarà tratta un'opera di Gaetano Donizetti. In una lettera alla sorella, Byron definirà Bologna città celebre per i suoi “poeti, cardinali, pittori ... e salsicce”.dettagli
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9 novembre 1818Per Shelley Bologna al chiaro di luna sembra scossa da un terremotoDurante il suo viaggio in Italia il poeta inglese Percy Bysshe Shelley (1792-1822) fa una breve sosta a Bologna, che descrive in una lettera a Thomas Love Peacock, datata 9 novembre 1818. Accompagnato da una guida vede una gran quantità di cose: chiese, palazzi, statue, fontane, dipinti. Al termine del giro paragona il suo cervello all'album di un architetto o a un negozio di stampe. A palazzo Marescalchi apprezza alcuni dipinti di Correggio. Nella Pinacoteca dell'Accademia ammira le opere di Guido Reni e della scuola bolognese. Si sofferma sulla Santa Cecilia di Raffaello, in cui vede una unità e una perfezione impossibili da comunicare. La passeggiata serale lo gratifica in modo particolare. L'effetto dei portici al chiaro di luna è per lui "sorprendentemente interessante". Vede le due torri come brutti edifici in mattone che pendono in direzioni diverse. Con l'illusione della luce lunare gli sembra che la città sia scossa da un terremoto ("rocked by an earthquake"). Shelley sarà ancora di passaggio a Bologna il 6 agosto 1821. Arriverà al mattino da Ravenna in considerevole ritardo rispetto al previsto a causa di un rovinoso incidente stradale, ma per fortuna in buona salute.dettagli
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1819Specialità alla noce vomica della Farmacia ZarriAlla farmacia Zarri, aperta nel 1814 dal signor Barbieri sotto il portico della Gabella, viene unito nel 1819 un laboratorio, unico a Bologna, per la preparazione dei prodotti galenici. Da allora entrambe le attività conosceranno un “continuo progresso”. Alla fine dell‘800 la farmacia sarà “una delle più ricche ed importanti di Bologna” e tra le più fornite “delle ultime specialità medicinali e dei più recenti presidii chirurgici”. Per la sua posizione centrale sarà frequentata da noti medici delle cliniche e dell’Università. Nel laboratorio situato in via de’ Castagnoli, vicino al teatro comunale, saranno prodotte diverse “specialità rinomatissime”, tra le quali la Terra di Cattù, le Pastiglie Pettorali calmanti della tosse, il Granulare Vichy - presentato come il metodo più comodo “per ottenere istantaneamente l'Acqua artificiale di Vichy“, rinfrescante e diuretica - il Vermouth e l’Elixir alla noce vomica. Per la pubblicità dell‘epoca sono queste ultime specialità “sovrani rimedi contro le dilatazioni dello stomaco“, servono a stimolare l‘appetito e a favorire la digestione, svolgono una azione efficace contro la maggior parte delle malattie degli organi digerenti. La Nux Vomica - dal latino “noce che provoca il vomito” - contiene la stricnina, sostanza altamente tossica, protagonista nei romanzi gialli come veleno mortale, utilizzata a bassissime dosi in ambito farmaceutico per le sue proprietà stimolanti. I vini medicinali Zarri otterranno nel tempo “splendidi risultati”. Vi saranno tentativi di imitazione, che non raggiungeranno però gli originali, “sia dal lato organolettico, sia per le proprietà mediche“, oltre che “per squisitezza di gusto“.dettagli
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1820La distilleria ButonJean Bouton (1801-1869), reduce napoleonico ed erede di distillatori della Charente, fonda a Bologna un liquorificio sperimentale. Nel 1830, con l‘aiuto di Giacomo Rovinazzi (1834-1912), pasticcere sotto il portico del Pavaglione, apre fuori Porta Galliera mura Lame la distilleria a vapore “Gio Buton & C.”, la prima del genere in Italia. Tra i liquori prodotti vi sono il Cognac Buton - noto più avanti come brandy Vecchia Romagna - l’Amaro di Felsina e l‘Elixir Coca Buton, fabbricato “con la vera foglia di coca boliviana”. Nel 1886 la Buton impiegnerà 12 operai, utilizzando un motore a vapore di 5 cavalli. All’inizio del ‘900 la ditta verrà rilevata dal marchese Filippo Sassoli de’ Bianchi, che farà conoscere il marchio tramite moderne campagne pubblicitarie, servendosi dell’opera grafica di Marcello Dudovich.dettagli
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8 febbraio 1821Gli Imperiali verso NapoliInizia il passaggio per Bologna delle truppe imperiali dirette a Napoli, dove il re Ferdinando I ha sconfessato la costituzione dapprima concessa e ha chiesto l'intervento della Santa Alleanza. L'armata del generale Frimont e le batterie in assetto di guerra formano una lunga colonna di 15.000 uomini, impegnati in tappe di trasferimento di venti-trenta chilometri al giorno. Il giorno 8 febbraio 9.000 soldati Austriaci - tremila cavalieri e seimila fanti - entrano in città da Porta San Felice. Hanno al seguito "una grande quantità di carri con legni asse ed ancore per gettare sollecitamente i ponti, poi munizioni, viveri, medicinali". I fanti hanno divise abbastanza logore e scarpe rattoppate. Avanzano adagio al suono dei tamburi compagnie composite di boemi, croati, ungheresi e slavi. I soldati in sosta sono ospitati alla Badia, mentre l'ex convento di San Gervasio è utilizzato per i trasporti. I portici di San Luca e della Certosa sono trasformati in stalle per i cavalli, mentre il prato di San Francesco e la Montagnola diventano grandi bivacchi. Intanto i cittadini si affrettano a nascondere le cose più appetibili: ad esempio i cavalli vengono inviati a Viadagola per sottrarli alle requisizioni. Gli ufficiali sono ospitati nelle case private, spesso malvolentieri e con grave disagio. Le caserme di San Domenico e del Corpus Domini servono per i reparti stanziati in città. E' istituito infatti un presidio militare austriaco con il compito di tenere i collegamenti, curare i rapporti col potere civile e reprimere eventuali cospirazioni. Alcune chiese sconsacrate, come San Tommaso, San Barbaziano e lo Spirito Santo saranno adibite a magazzini militari, così come l'ex Ospedale degli Abbandonati. Altri spazi per usi militari saranno il prato dell'Annunziata per le manovre della cavalleria e il prato dei Crociali, fuori porta San Felice, per le esercitazione della fanteria. Per sette anni Bologna sarà un importante posto tappa per l'esercito imperiale. I battaglioni austriaci, provenienti da Padova o da Mantova, convergeranno sulla città per dirigersi poi in Toscana per la strada di Filigare, attraverso Loiano e Barberino. Il presidio del posto tappa sarà smantellato solo nel 1827.dettagli
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1822I tipografi Masi e il "Bertoldo" in ottava rimaI giovani tipografi Riccardo e Spiridione Masi pubblicano una edizione in tre volumi in dodicesimo del Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno di Giulio Cesare Croce e Adriano Banchieri "in ottava rima con argomenti, allegorie, e note". Riccardo ha ricevuto intorno al 1813 la tipografia dalle mani del padre Tommaso, che l'aveva trasferita a Bologna da Livorno nel 1800. Si caratterizzava per belle e accurate edizioni. Nel 1828 la proprietà sarà divisa tra i due fratelli: a Riccardo resterà la stamperia nell'ex convento dei Celestini, a Spiridone la libreria sotto il portico del Pavaglione, poi rivenduta nel 1849 al socio Giuseppe Morelli. Tra le pubblicazioni della tipografia Masi vi sono gli scritti di argomento agrario di Filippo Re, le Iscriptiones latinae et graecae in onore di Napoleone, un Dizionario della lingua italiana (1819-1826) “in sette grossi volumi” (Sorbelli) e la Guida di Bologna di Girolamo Bianconi. Nel 1831 verrà stampato l'audace “Nuovo Catechismo”.dettagli
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1824Il palazzo del maestro RossiniIn strada Maggiore è completata la ristrutturazione di palazzo Poggi Bonetti, ora di proprietà di Gioachino Rossini. Il maestro di Pesaro l'ha scelto come residenza in città per sé e per i suoi genitori. Il progetto è di Francesco Santini (1763 – 1840), che qui si cimenta anche come pittore, decorando la volta delle scale. Sulla facciata campeggia un epigramma di Cicerone, tratto dal De Officiis: “Non domo dominus, sed domino domus”. Rossini ha seguito i lavori con attenzione, affrontando anche un contenzioso con il Comune - sul quale è intervenuto persino il cardinale Legato Folicardi - per la chiusura di un pezzo di portico. Nel salotto arredato con cura, vera e propria piccola mostra d'arte, il maestro riceve il venerdì i concittadini, che accorrono “ad attestargli stima e cordialità”. In queste riunioni egli suona e canta “vari pezzi in lingue diverse”, compreso il dialetto bolognese. Spesso, cedendo alle richieste dei convitati, anche la signora Rossini, la mai dimenticata primadonna Isabella Colbran, si unisce al marito in “graziosissimi duetti”. Dopo la morte del padre, il compositore si trasferirà poco lontano, nei palazzo del tenore Domenico Donzelli, uno dei più belli di Bologna, antica residenza di Ermes Bentivoglio, . La casa da lui restaurata andrà al banchiere Paolo Bignami, marito di Maddalena Marliani, che un tempo “arse divina di immortale amore” il giovane poeta Ugo Foscolo.dettagli
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30 giugno 1824La chiesa di Santa Caterina di Strada MaggioreUna Sanzione Arcivescovile del 30 giugno 1824 stabilisce la cessione in perpetuo alla Parrocchia della chiesa di Santa Caterina di Strada Maggiore, che finora faceva parte del Conservatorio di Santa Marta ed era quindi di proprietà dell'Opera Pia dei Poveri Vergognosi. Il sacro edificio fu costruito nel 1605 sopra una chiesetta più antica, risalente al 1144 e dedicata a Santa Maria Doppletta del Torrilione, officiata dai monaci Vallombrosani di Monte Armato. Nel 1526 accanto ad essa venne edificato, per opera di suor Barbara Orsi, un convento di monache Vallombrosane, che fu abitato, dopo la loro soppressione nel 1799, dalle Putte dei Mendicanti di San Gregorio e dalla Compagnia dei Raminghi. La chiesa di Santa Caterina ha avuto funzione parrocchiale fino all'arrivo dei Francesi. Venne chiusa nel 1805. Sarà riaperta al culto il 25 novembre 1827, giorno di commemorazione della santa patrona. Nel 1832 il portico su Strada Maggiore, aggiunto da Pietro Fiorini nel XVII secolo, sarà restaurato dall'architetto E. Gasparini. Nel corso dell'800 sulla facciata saranno collocate statue di Roncagli, Putti e Franceschi, mentre il campanile sarà innalzato dall'Antolini nel 1842.dettagli
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21 dicembre 1825Ripristinati gli AddobbiUn decreto del cardinale Arcivescovo Oppizzoni ripristina l'usanza delle Processioni generali, che coinvolgono ogni dieci anni, a turno, le parrocchie cittadine, secondo un regolare calendario. La Festa degli Addobbi, collegata alle decennali eucaristiche in occasione del Corpus Domini, trasformava un tempo i portici di Bologna in autentiche gallerie d'arte: era infatti usanza esporre i quadri presenti nei palazzi privati interessati dalle processioni. Era importante anche per i rinnovi e i restauri nelle chiese e nelle facciate delle case. Un'abitudine che, però, nel tempo si era perduta, a favore di apparati più effimeri e coperture delle porte e dei muri con “panaroni di damasco”, tappeti e lenzuoli. L'usanza dei “bei ristauri”, al posto degli Addobbi “con dei stracci”, sarà ripresa nel corso dell'Ottocento. I primi Addobbi, dopo il ripristino, si svolgono nell'estate del 1826 nelle parrocchie di Santa Maria Maggiore in via Galliera e di San Giuliano in via Santo Stefano. Su quest'ultima festa vi è il ricordo di Giacomo Leopardi, che la descrive come “una cosa bella e degna di essere veduta, specialmente la sera, quando tutta una lunga contrada, illuminata a giorno, con lumiere di cristallo e specchi, apparata superbamente, ornata di quadri, piena di centinaia di sedie tutte occupate da persone vestite signorilmente, par trasformata in una vera sala di conversazione“. La ripresa degli Addobbi avviene a Bologna anche grazie all'opera di Luigi Pistorini (1761-1842), medico valente e direttore della Deputazione sanitaria nell'epoca napoleonica, responsabile dell'avvio di importanti opere pubbliche destinate a migliorare la situazione igienica e il decoro della città. Tra esse il cimitero della Certosa, l'Ospedale Maggiore (con l'unione degli antichi hospitali della Vita e della Morte), il pubblico macello dei bovini e il pubblico scannatoio dei suini.dettagli
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1827L'Acqua di FelsinaPietro Bortolotti (1787-1860), profumiere “sotto il portico delle Scuole di Bologna” , brevetta l'Acqua di Felsina, una sorta di elisir dotato di varie proprietà curative. I bolognesi impegnati nella tradizionale passeggiata si abituano al profumo dell'essenza, che “esce a onde a onde” sotto il Pavaglione. Approvato dalla Commissione di Sanità, il preparato sarà diffuso in vari paesi europei, raggiungendo un “luogo distinto nell'italiana profumeria”. Secondo il suo inventore, che diverrà fornitore della Real Casa, “un piccolo cucchiaio” di essenza, diluito in acqua, cancella le rughe, toglie le macchie dal viso e rende lucida e morbida la pelle. Serve inoltre come dentifricio, deodorante, dopobarba. Spruzzando qualche goccia di Acqua di Felsina sul ferro rovente della stufa si purifica l'aria infetta. Odorandola spesso durante viaggi in paesi malsani si prevengono "i morbi contagiosi o epidemici". Può essere infine utile per calmare le bruciature e le punture di insetti. In Inghilterra, Francia, Germania è creduta "uno dei preservativi" del colera e viene adoperata "per suffumigi". La ricetta passerà agli eredi e questo "vero e unico portentoso medicamento" sarà prodotto a Bologna fino al secondo dopoguerra.dettagli
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8 maggio 1827L'Università ingloba la Cà Grande dei MalvezziCon le rendite della tenuta Torre di Cocceno, assegnata con decreto del 28 giugno 1805 da Napoleone all'Università di Bologna per provvedere all'Orto botanico e ai laboratori scientifici, l'Ateneo allarga la sua sede. Con Rogito dell'8 maggio il Cancelliere Cardinale Arcivescovo Oppizzoni acquista per scudi 16.000 l'antica Cà Grande (o Cà Granda) dei Malvezzi, attigua a Palazzo Poggi, che consente di raddoppiare lo spazio disponibile. Giovan Battista Martinetti progetta il passaggio di comunicazione tra i due fabbricati. Nel nuovo palazzo troveranno sede il Rettorato con la sua Cancelleria e i Collegi. Alcune sale del piano superiore saranno unite al Gabinetto di Anatomia Umana, mentre in una rimessa sarà impiantato lo Stabilimento di Clinica Veterinaria voluto dal prof. Alessandrini. I Malvezzi abitavano fin dal XIII secolo nella parrocchia di San Sigismondo. Nel '400 sulle loro case vecchie Gaspare e Virgilio Malvezzi fecero costruire un palazzo a un solo piano coronato di merli, retto da un lungo portico a quattordici archi, con la facciata scandita da bifore gotiche e eleganti balconcini. Nel Settecento, le vaste sale e le gallerie della Cà Grande si riempirono di paesaggi, fregi e stucchi. Nel 1686 i Malvezzi fecero costruire anche un teatro “tutto di legno”, dotato di quattro ordini di 16 palchi ognuno e aperto al pubblico pagante. Fu dedicato soprattutto al dramma per musica e divenne il preferito dell’aristocrazia bolognese. Vi lavorarono come scenografi “i famosi Bibieni” (Antonio Bibiena e Francesco Galli Bibiena), vi cantò in più occasioni il grande Farinelli. Venne purtroppo distrutto il 19 febbraio 1745 da un terribile incendio.dettagli
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agosto 1828Rifacimento del selciato di Piazza MaggioreNell'agosto 1828 inizia il rifacimento della “seliciata” di Piazza Maggiore. Nell'occasione sono regolate diversamente le pendenze per lo scolo dell'acqua piovana, incanalata finora in canalette a cielo aperto. Ora le acque sono immesse in un chiavicotto, che ha l'imbocco vicino ad un pilastro del portico del Podestà, “dalla parte del Palazzo del Legato”. Da questo punto parte una nuova condotta, che confluisce nell'antica chiavica. E' inoltre eliminato un ponticello aperto sotto il marciapiede di macigno presente accanto al portone del Palazzo Pubblico, sotto cui scorrevano le acque piovane.dettagli
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27 settembre 1828Il testamento di Luigi ValerianiNella sua casa di via Castiglione muore il prof. Luigi Valeriani Molinari (1758-1828), considerato il maggiore economista del suo tempo. Di origine imolese, si laureò all'Università di Bologna in diritto civile e dal 1802 fu professore di Economia pubblica in questo ateneo. Nello stesso anno fu deputato ai comizi cisalpini di Lione. Continuò a insegnare fino alla fine, nonostante dopo il 1824 la sua cattedra fosse stata abolita. Profondamente influenzato dalle idee illuministiche, fu protagonista della vita politica del primo periodo francese. Partecipò ai comizi di Lione come rappresentante dell'Università bolognese. Il suo impegno si volse soprattutto alla formazione dei giovani: contrario a ogni assistenzialismo, era convinto che essi dovessero avere una formazione qualificata. Assieme a Giovanni Aldini eleborò un progetto innovativo di pubblica istruzione. Prima di morire dispose che i suoi beni fossero destinati, oltre che al completamento e al mantenimento del portico alla Certosa, all'erezione di una scuola appositamente dedicata al disegno tecnico, con premi per gli allievi più meritevoli. L'Amministrazione comunale nominerà una commissione mista di tre amministratori, tre professori e tre imprenditori per la progettazione e la gestione dell'Istituzione Aldini Valeriani, destinata ad avere un peso notevole sul destino industriale della città.dettagli
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17 novembre 1829Freddo insistente e neve copiosaL'inverno 1829-1830 è memorabile per il suo rigore eccezionale e la quantità di neve che cade in tutta Italia. Bologna registra temperature assolutamente anormali ed è ricoperta e paralizzata da una quantità di neve inverosimile. La prima neve cade il 17 novembre. L'ultima sarà il 21 febbraio successivo. Nevica per 324 ore in 96 giorni. Dalla seconda decade di novembre alla prima di marzo la temperatura va sempre sotto zero e, per 60 giorni, è sotto zero la temperatura media: per le strade si forma il ghiaccio e non si scioglie. Il Senatore Francesco Bevilacqua Ariosti si attira le critiche di molti per l'incapacità di affrontare la situazione con mezzi efficaci. Particolarmente difficoltosa si rivela la rimozione della neve dai tetti: accumulata ai lati delle strade, arriva a chiudere la luce dei portici. L'autorizzazione a scaricare dai tetti provoca un ingombro spaventoso nelle strade, tanto che anche gli animali e i carretti circolano sotto i portici. Alla fine si decide di ammonticchiare la neve nelle piazze e nei luoghi aperti: tre “immensi depositi” sono eretti in piazza Nettuno, in piazza del Pavaglione e in piazza Santo Stefano, testimoniati da alcune stampe molto eloquenti, di autore anonimo. Altri ammassi sono innalzati nel piazzale e lungo la salita di San Giovanni in Monte, nei pressi del muro del convento del Corpus Domini, lungo la seliciata di San Francesco, nel Pratello e in molti altri luoghi ancora. Per soccorrere i poveri e i danneggiati dalla neve e dal freddo sono organizzate recite di filodrammatici, come quella che si svolge al teatro Loup la sera del 19 febbraio 1830. Si calcola che in quest'anno i morti a Bologna superino di circa 400 unità quelli dell'anno precedente, in gran parte a causa di apoplessie, malattie di cuore, polmoniti e altre affezioni delle vie respiratorie dovute al gelo. Nel periodo autunnale la quota di "morti repentine" sarà vicina a quella dell'inverno, di solito "più aggravato da simili accidenti".dettagli
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21 febbraio 1830Un inverno "rigorosissimo"Le eccezionali nevicate dell'inverno 1829-1830 sono immortalate da una serie di acqueforti dei fratelli Basoli. Esse mostrano enormi cumuli di neve raccolti nelle piazze principali di Bologna, che quasi superano l'altezza delle case. Sono il frutto dello sgombero ordinato dal Governo per rendere praticabili almeno le strade più importanti e per "soccorrer le genti". In molti rioni le vie non sono percorribili e anche i carretti circolano sotto i portici. Gli archi murati dal ghiaccio e dalla neve costringono ad usare le lanterne anche di giorno. Secondo i dati raccolti dall'osservatorio metereologico dell'università, tra la prima precipitazione del 17 novembre 1829 e l'ultima del 21 febbraio 1830 la neve è caduta per 324 ore. In dicembre è nevicato per 13 giorni, contro i tre che si registrano di solito. Le temperature molto basse fanno sì che il ghiaccio e rimanga depositato a lungo, creando gravi disagi. Il 12 gennaio a Bologna la temperatura ha toccato -16 gradi, la più bassa del trentennio 1814-1843. L'ultimo giorno di gelo sarà il 6 marzo. In molti paesi della provincia l’inverno 1829-30 ha conseguenze drammatiche sul piano sociale: così sarà ricordato, ad esempio, a Baricella: “le numerose famiglie dei braccianti mancarono di vitto e di lavoro. Bisognò che il Comune provvedesse con somministrazioni in generi e ci furono inizi di rivolta e di saccheggio, faticosamente sedati”.dettagli
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novembre 1831La tipografia governativa della Volpe di Tinti e MerlaniLeone Merlani e Raffaele Tinti costituiscono una società con lo scopo di rilevare l‘antica tipografia Dalla Volpe e la libreria del libraio-aviatore Antonio Marcheselli. Oltre ai torchi e fonderia in via de' Foscherari e al negozio sotto il Portico della Morte, la ditta avrà anche una cartiera in località Battedizzo, nei pressi di Badolo-Pieve del Pino. Nel 1854 acquisterà l'impresa Sassi dei conti Rusconi e l'anno seguente assumerà pienamente anche la Società Tipografica Bolognese di Filippo Tiocchi. Con l'unione alla tipografia governativa Sassi, otterrà l'esclusiva delle stampe della pubblica amministrazione e potrà fregiarsi del nome di tipografia governativa della Volpe o tipografia del Governo. Dopo la morte di Leone Merlani nel 1859, l’impresa passerà ai figli Gustavo e Pantaleone e nel 1860, con l‘annessione dell'Emilia al Piemonte, prenderà il titolo di Regia Tipografia. Riunite ormai tutte le principali attività tipografiche in città, per tutto il secolo essa godrà di una posizione di favore e superiorità rispetto alle altre ditte.dettagli
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4 gennaio 1834Muore il pittore Mauro GandolfiMauro Gandolfi (1764-1834), pittore, disegnatore e incisore “a taglio reale”, muore il 4 gennaio, stroncato da una malattia di petto. Figlio e allievo di Gaetano Gandolfi (1734-1802), ha dimostrato fin da giovane un'indole irrequieta che l'ha portato spesso in viaggio lontano da Bologna. Tra il 1794 e il 1797 fu professore di figura all'Accademia Clementina. La passione politica lo coinvolse negli avvenimenti seguiti alla venuta di Bonaparte. Partecipò il 18 ottobre al primo congresso cispadano ed ebbe l'incarico di dipingere la bandiera nazionale. Nel triennio giacobino fu responsabile delle feste patriottiche, da lui dirette "usando ognora la più severa economia". Ricoprì gratuitamente diverse cariche pubbliche: fu Giudice di Pace e Ispettore ai teatri e agli spettacoli, e amministratore di vari istituti di beneficenza. Compì diverse opere pubbliche: dal progetto per il nuovo cimitero monumentale, alla sistemazione dei portici e della pubblica illuminazione. Come pittore fu chiamato a partecipare alla principale impresa decorativa del periodo giacobino, il soffitto della sala delle Udienze nel palazzo pubblico con la Glorificazione della Repubblica Cispadana. L'attività di incisore e acquarellista continuò con profitto anche nei primi decenni dell'Ottocento, un periodo che lo vide spesso all'estero: a Firenze, Parigi e persino in America. L'incisione, in particolare, fu considerata da Gandolfi, contro l'opinione dominante, come "un'arte meritevole di un seggio suo proprio ed emancipata per così dire dalla pittura".dettagli
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1837Proibita la lettura del "Journal des débats"La Segreteria di Stato proibisce la lettura del “Journal des débats” presso la Società del Casino, il club bolognese “più di ogni altro meritevole di sorveglianza politica”. Sulla testata francese, unico giornale politico a fare da contraltare al foglio governativo “Gazzetta di Bologna”, sono comparsi articoli critici nei confronti della situazione politica ed economico-sociale dello Stato Pontificio. La censura non sarà comunque mai troppo rigida su una stampa estera tanto poco diffusa. A Bologna sono solo una ventina gli abbonati al “Journal des débats”, compresi alcuni caffè conosciuti dalla polizia come “covi liberali”. Tra essi il Caffè degli Studenti, nella piazza del teatro sotto il portico di Palazzo Paleotti, gli Stelloni al Canton dé Fiori, il Caffè delle Scienze e della Barchetta in Borgo Salamo e pochi altri.dettagli
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1837Restaurato il Palazzo della MercanziaSu progetto di Carlo Scarabelli viene restaurato il Palazzo della Mercanzia, antica sede degli affari al centro del “carrobbio” (incrocio di quattro strade) posto nei pressi delle due torri. Nell'occasione è rivista la disposizione degli spazi interni, rifatto l'atrio d'ingresso e iniziata la costruzione della scala, che sarà completata nel 1857. Molto criticata è l'apertura di una seconda porta d'ingresso accanto all'antica, con "un ornato fino a terra contro l'uso di quei tempi". Sotto il portico è collocato un cartello, che ricorda il restauro: "Sedem instaurant commercia qui faciunt". Nel 1840-41 sarà costruito il fianco su via Castiglione e anche in questa occasione non mancheranno "i lamenti de' buongustai", che troveranno in disaccordo la parte nuova e quella antica del palazzo.dettagli
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5 luglio 1837Riaperta la chiesa di S. IsaiaE' riaperta al culto la chiesa di S. Isaia. Secondo la leggenda fu eretta nel I secolo d.C., ma i primi documenti risalgono al 1058. Fu riedificata nel 1624-1633, su disegno di Pietro Fiorini. Ospita la celebre Madonna del Pianto, del XVI secolo, un tempo nella chiesa di Santa Cristina di Pietralata. Si dice che durante la terribile epidemia di peste del 1630, l'immagine lacrimasse copiosamente. L' "ingrandimento" della chiesa è stata intrapreso dal parroco e dai parrocchiani nel 1827, chiudendo il portico verso la strada pubblica e occupando lo spazio dell'antica sacrestia. La trasformazione più recente è opera di Luigi Marchesini (1796-1882), che ha aggiunto le due navate laterali, l'abside, ha voltato un catino con lanterna sopra l'altare maggiore e ha rimodernato le cantorie. In quella della controfacciata, nel 1833 è stato posto un organo a canne, opera di Vincenzo Mazzetti, che sarà più volte restaurato nel corso dell'Ottocento. Marchesini è anche autore della nuova ampia sacrestia, ricavata dalla ex chiesa degli Agonizzanti. Sopra all'altare è stata posta una Madonna di Lippo Dalmasio proveniente da una casa privata.dettagli
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5 dicembre 1837Le Scuole Pie in San DomenicoIl Comune e l'Arcivescovo stipulano una permuta, grazie alla quale l'edificio dell'Archiginnasio è restituito alla municipalità, mentre alle Scuole Pie è concesso “un nuovo fabbricato aderente al convento di S. Domenico, più un compenso di scudi 3.000”. Nell'antica sede universitaria dell'Archiginnasio si trasferisce la biblioteca comunale, decisione presa già da tempo (21 dicembre 1835) dall'Amministrazione, dopo aver constatato la grave insufficienza dei locali conventuali in cui era collocata. L'edificio nella strada di San Domenico sarà "ridotto all'uso e alle comodità di pubbliche scuole" su progetto di Giuseppe Tubertini (1759-1831), nei pressi della piazzetta ricavata nel 1828 dal principe Felice Baciocchi davanti al suo palazzo. L'erezione del “vasto fabbricato” delle Scuole Pie, sull'area dell'antica foresteria e infermeria, comporterà l'atterramento di due archi del portico di San Domenico. La nuova sede sarà inaugurata il 15 settembre 1839, con la tradizionale cerimonia della distribuzione dei premi agli alunni più meritevoli, alla presenza delle loro famiglie.dettagli
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1841Il portico della TrinitàIn via Santo Stefano è costruito in forme neoclassiche il portico della chiesa della Trinità, ampliata dieci anni prima. Autore del progetto è Enrico Brunetti Rodati (1813-1859), architetto formatosi presso il Collegio Artistico Venturoli.dettagli
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1841Restaurato il Santuario di Santa Maria Lacrimosa degli AlemanniE' riaperto al culto il Santuario di S. Maria Lacrimosa degli Alemanni, situato lungo la via Emilia fuori porta Maggiore. Esso comprende due distinti edifici religiosi: la chiesa di S. Maria degli Alemanni, costruita con annesso ospedale nel XIII secolo dall'Ordine dei Cavalieri Teutonici, e la chiesa di S. Maria Lacrimosa, sorta nel XVI secolo per custodire un'immagine miracolosa della Madonna. Il complesso fu ingrandito nel XVII secolo dai Carmelitani Scalzi, con la costruzione del loro convento e del lungo portico, che arriva fino a Porta Maggiore. La chiesa fu ampliata con il probabile intervento di Alfonso Torreggiani (1682-1764) e la costruzione, nel 1690, della Cappella della Sacra Famiglia, capolavoro in stile barocco di Ferdinando Bibiena (1657-1743). Con la soppressione della congregazione nel 1797, il convento diventò bene demaniale e fu venduto a privati, mentre nel 1808 l'antico ospedale degli Alemanni fu ridotto ad abitazioni e botteghe. Nello stesso anno la chiesa, con la doppia denominazione di Santa Maria Lacrimosa degli Alemanni, divenne parrocchiale. L'ultimo radicale restauro, effettuato tra il 1837 e il 1841, ha lasciato poche tracce del passato: il campanile trecentesco dell'antica chiesa degli Alemanni - un tempo disposta con l’abside a oriente - e il pronao cinquecentesco di S. Maria Lacrimosa. Il nuovo tempio è disegnato da don Gaetano Cesari "esimio dilettante di architettura". Il Santuario subirà ancora rifacimenti nel Novecento.dettagli
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1842Restaurato il portico del Palazzo del PodestàTra il 1835 e il 1842 viene restaurato il portico del Palazzo del Podestà, fatto costruire nel 1484 da Giovanni II Bentivoglio su disegno di Aristotele Fioravanti (1415-1486). I lavori sono diretti dall'ing. Filippo Miserocchi e costano al Municipio quasi 7.000 scudi. Sono eliminati “tutti i macigni dei pilastroni e delle colonne” e sostituiti “quei mattoni, listelli, sfaccettature che sono rovinati e perduti”. Al posto di quelli bentivoleschi, gravemente danneggiati, sono collocati nuovi capitelli "in stile corinzio spiccatamente vignoleschi" (Vianelli). Nell'occasione vengono sagomate alcune formelle con testine o stemmi, che in seguito saranno erroneamente attribuite al periodo rinascimentale. Dopo numerosi e controversi calcoli, nel 1927 un articolo di Giulio Ricci stabilirà il numero definitivo delle formelle del portico, quasi tutte diverse l'una dall'altra: 7.476.dettagli
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1843Demolita la chiesetta dei SabbatiniIn vista dell'ampliamento di Porta Saragozza è decretata la demolizione della chiesetta di S. Maria dell'Ispirazione, sede della Congregazione degli Anni di Maria Vergine. Fondata nel 1721 in S. Maria del Tempio (la Magione), l'opera laica è detta dei Sabbatini (o Sabatini) per l'uso dei confratelli di recarsi a San Luca ogni sabato all'alba. La chiesetta fu eretta nel 1705 per venerare un'immagine della Madonna dipinta sulle mura nei pressi della porta e fu ampliata nel 1757-1766. Soppressa nel periodo napoleonico, fu riaperta al culto nel 1815. Dopo la demolizione, i Sabbatini passeranno a S. Maria della Rondine e, nel 1913, nella cappella dell'Annunciazione al Meloncello, accanto al 1° Mistero del portico di San Luca. Continueranno l'uso di salire al santuario ogni sabato e saranno soliti assistervi a una Messa celebrata alle 6 del mattino appositamente per loro. Il motivo di un pellegrinaggio così mattiniero è che la maggior parte dei confratelli sono lavoratori del Mercato delle Erbe e così possono aprire in tempo i loro banchetti.dettagli
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3 ottobre 1843Agguati a militari pontificiLa sera del 3 ottobre una banda di diciassette persone, nascosta sotto i portici di via Lame, assale il pattuglione di carabinieri e svizzeri, che tutti i giorni alle nove compie un giro di perlustrazione nella zona. Due carabinieri e uno svizzero rimangono feriti, mentre uno degli aggressori è catturato. L'8 ottobre alcuni individui sparano contro un gruppo di Svizzeri in via San Donato e contro alcuni carabinieri vicino al Monte di Pietà. I disordini cesseranno dopo che le indagini avviate dai carabinieri avranno portato all'arresto di sedici persone, coivolte anche nei fatti di Savigno e in una marcia sediziosa su Imola l'8 settembre. La sentenza del processo per gli attentati d'autunno sarà pronunciata l'11 marzo 1844, con condanne molto pesanti.dettagli
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27 settembre 1845Il Teatro Goldoni di BagnacavalloCon la doppia rappresentazione dell'Ernani di Giuseppe Verdi e della Parisina di Gaetano Donizetti si inaugura il Teatro Goldoni di Bagnacavallo (RA). L'edificio, che sorge di fianco al palazzo comunale, è opera dell'architetto bolognese Filippo Antolini (1787-1858). La facciata si presenta con mattoni a vista ed ha un portico a cinque archi a tutto sesto. Nella sala a ferro di cavallo vi sono tre ordini di palchi e un loggione. I lati del proscenio sono decorati con sei medaglioni che raffigurano personaggi illustri, quali il pittore Bartolomeo Ramenghi (1484-1542) e l'economista Luigi Valeriani Molinari (1758-1828). La decorazione del velarium è opera di Francesco Migliari (1793-1851), pittore e scenografo ferrarese, che ha scelto come tema le origini di Roma. Il modello ispiratore è il soffitto del Teatro Contavalli, completato da Antonio Basoli nel 1814. Il sipario è stato dipinto da Antonio Muzzi (1815-1894), pittore bolognese “di chiara fama”. Vi è raffigurato il senatore Camillo Gozzadini che presenta il giovane Girolamo da Treviso a Bartolomeo Ramenghi, affinché lo istruisca alla pittura. Tra gli altri personaggi figura il figlio di Ramenghi Giambattista e l'allievo prediletto, Francesco Primaticcio. Artista impegnato, protagonista dei moti risorgimentali, Muzzi sarà autore di cicli ornamentali in numerosi palazzi e chiese bolognesi. Opererà anche nel Teatro Comunale di Bologna (1853) e in quello di Cento (1863).dettagli
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21 luglio 1846Magnifica luminaria per il “Sommo Editto”Il 21 luglio il “Sommo Editto” è esposto nei luoghi pubblici della città. Accanto al testo, affisso alle colonne, la gente appoggia fiori e ghirlande e tutti i negozi espongono il ritratto di Pio IX. Con il permesso delle autorità, alcuni giovani issano lo stendardo pontificio sulla torre Asinelli con le parole “Viva Pio IX“, mentre le campane delle torri comunali suonano a festa. Alla sera la città è splendidamente illuminata: i lampadari distribuiti simmetricamente fanno sì che nelle strade centrali la luce notturna sia più viva che di giorno. Nel Mercato di Mezzo, nei Vetturini, nelle vie Orefici e Clavature lo sfarzo è “sontuoso e stragrande”, così come sotto il portico della Dogana Vecchia e del Pavaglione. Nella Piazza Maggiore strapiena di gente e in Piazza della Pace risuonano musiche militari. Vengono acclamati il card. legato Vannicelli Casoni e l‘Arcivescovo Oppizzoni. Dappertutto sono appesi ritratti di Pio IX, ovunque versi e poesie inneggiano al nuovo Papa. Centinaia di popolani percorrono le strade “con bianchi stendardi e con torce al vento”, gridando il nome del Pontefice. In un punto le logge, i balconiLussureggian di drappi lucentiE di grazie già cantici e suoniScioglie il popol di Pace al Dator.Un sol grido alzar tutti gaudenti:A Pio Nono sia gloria ed onor (C. Masini) Due lapidi col testo dell’amnistia sono murate sul palazzo Rossini e all’angolo tra via Santo Stefano e Strada Maggiore, su quella che sarà chiamata la Colonna Pia.dettagli
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8 agosto 1848Battaglia alla Montagnola. Cacciati gli AustriaciLa mattina dell'8 agosto alcuni ufficiali austriaci, entrati con alterigia nei caffè, vengono aggrediti e malmenati dai bolognesi. Alla Deputazione, che lo prega di non imputare al governo “questi fatti parziali”, il generale Walden chiede immediatamente che gli siano consegnati “gl'individui offensori”. Pretende di avere in ostaggio sei “persone distinte” e di ricevere un risarcimento di trentamila scudi. Il Pro-Legato Bianchetti, che intende offrirsi come ostaggio, ne è impedito dai popolani. Tutti i campanili della città vengono occupati e le campane cominciano a suonare a stormo. La rabbia popolare monta: si fanno barricate “con panche da chiesa, travi, tavole” e si disfano i selciati per aver pietre da lanciare a mitraglia. Si decide di resistere e di "rigettare con le armi le pretese del barbaro". Il popolo accorre: chi è senza fucile porta pistole, mannaie, lance improvvisate. Dopo due ore di combattimenti, le porte Lame e San Felice sono chiuse dietro al nemico e puntellate. Il popolano Paolo Mela serra Porta San Felice sotto il fuoco nemico e tra gli applausi dei difensori. Un drappello di Austriaci a cavallo, intervenuto da Porta Galliera, riesce a riaprire Porta Lame, da dove penetra un grosso corpo di truppa. I soldati, protetti dai portici, arrivano fino alla chiesa dei SS. Filippo e Giacomo e qui sono respinti da una folla di popolani “di buon sangue”. Intanto un drappello di Ulani tenta invano, da San Mamolo, una scorreria per occupare i colli di San Michele e dell'Osservanza. La vera battaglia avviene alla Montagnola e dura più di tre ore. Gli Austriaci occupano il giardino, in posizione dominante sul centro cittadino, con due battaglioni di fanti e tre pezzi d'artiglieria. Contro di loro combatte valorosamente la Guardia Civica, comandata da Gioacchino Napoleone Pepoli. Molte case di fronte alla collina vengono bombardate e incendiate. Il fuoco arde nel palazzo Gnudi, sul canale del Reno, subito spento dai pompieri. La popolazione bolognese si precipita contro gli occupanti: sono, secondo il testimone Pompeo Bertolazzi, “cittadini, civici, popolani, finanzieri, carabinieri, vecchi, donne, ragazzi, con fucili, bastoni, sassi”. Gli scontri si concludono a sera con la cacciata degli Austriaci, che, dopo la morte del loro comandante di artiglieria, escono in rotta da porta Galliera. Gli Imperiali lasciano sul terreno numerose vittime: circa 400, contro 57 difensori bolognesi. In un casolare vicino alla città ammucchiano i loro morti e li bruciano, “secondo il loro barbaro costume”. Nella ritirata sfogano la loro rabbia sulle campagne, "incendiando, involando, uccidendo" artigiani, braccianti e coloni negli appodiati di Arcoveggio e Borgo Panigale. Tra gli altri l'intera famiglia del macellaio Luigi Bettini. Nei dintorni di Cento compiono saccheggi e rappresaglie. Una settantina di prigionieri austriaci sono concentrati in Palazzo Comunale, nel cortile della cisterna, dove “alcuni bolognesi dabbene” donano loro “pane, denaro e tabacco da pipa”. I soldati vengono salvati dal linciaggio della folla e consegnati al guardiano del Torrone. Il conte Pepoli e la Guardia Civica impediscono al "popolaccio" di invadere il carcere. "Senza alcun materiale di guerra e quasi senza armi", solo con il "valore che ispira l'amore della patria e della libertà", Bologna, secondo Enrico Bottrigari, ha saputo "cacciare lo straniero dalle sue mura". E l'onere e l'onore della difesa della città sono rimasti soprattutto nelle mani dei popolani, dal momento che i signori, tranne poche eccezioni, si sono nascosti. Secondo Natali "la difesa eroica di Bologna fu la rivelazione delle forze latenti della città; fu la rivoluzione degli umili e dei diseredati".dettagli
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1850Theophile Gautier a BolognaIl celebre scrittore francese Théophile Gautier (1811-1872) compie nel 1850 un viaggio in Italia assieme all'amico Louis de Cormenin. Ricordi e impressioni saranno pubblicati sul giornale francese "La Presse". Durante la breve sosta a Bologna alloggia "in un albergo qualunque" e cena a base di mortadella, bondiola e salame. Si imbatte in "una specie di burlone dalla faccia scolorita e grassa", che pretende con insistenza di fargli da guida per la città. Desidera incontrare Rossini, molto noto anche in Francia, ma sfortunatamente il maestro è assente da Bologna. Le sue impressioni sulla città sono piuttosto superficiali e negative. Nota ovviamente i portici, che "trasformano le vie in lunghi chiostri, i quali assorbono la luce e danno alla città un aspetto freddo e monacale". Le due torri, invece, gli appaiono "due monumenti che sono andati a trincare fuori porta e che ritornano traballanti appoggiandosi l'uno contro l'altro". La partenza da Bologna - il mattino dopo di buon ora - non può lasciare ricordo peggiore: un movimento frenetico di soldati indica che si sta allestendo una sentenza capitale. Una ventina di prigionieri politici stanno per essere fucilati. E' confermata la "penosa impressione" provata in altre città - come Verona e Ferrara - sottoposte al giogo dell'occupazione austriaca o del governo pontificio.dettagli
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8 luglio 1854Il Caffè dei GrigioniUn gruppo di “azionisti”, esponenti della nobiltà e dell'alta borghesia cittadina, promuovono, nei locali occupati dal vecchio Caffè dei Grigioni, la nascita di un “caffè ristoratore”, una delle prime tavole calde a Bologna. Viene nominata una commissione “onde garantire i sottoscrittori che i fondi versati siano convenientemente impiegati allo scopo prefisso”. I Grigioni sono una delle più antiche botteghe del caffè a Bologna, situata nel primo tratto di via dei Vetturini (poi via Ugo Bassi), sotto il Portico dei Pollaroli (o della Gabella), in angolo con vicolo Ghirlanda e con accesso anche da esso. A metà del Settecento il Caffè era gestito da Angiolo Domenichini ed aveva la licenza di organizzare una lotteria con premi in natura in occasione delle feste di fine anno. Nel periodo della Restaurazione è frequentato da ufficiali austriaci e dopo l'Unità sarà tra i primi a locali in città a sperimentare lo spettacolo. Per alcuni anni Giosue Carducci sarà tra i suoi clienti più assidui. Da qui, tra “il cozzo delle stecche da biliardo”, sbrigherà la sua corrispondenza sentimentale: Il caffè dei Grigioni, del resto, dolce amica, accolse a’ suoi bei tempi Foscolo capitano cisalpino, e il Monti, aspettante migliori cose nel 1796, e il Rossini; e, paullo minora canamus, il Costa, l’Orioli etc; e vide l’Orioli, archeologo, fisico, epigrafista, poeta, un po’ di tutto insomma, il 4 febbraio 1831, salito sur un tavolino, non so se questo da cui ti scrivo, proclamare la decadenza del potere temporale dei papi e la rivoluzione.dettagli
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1855Demolizione della chiesa di San Tommaso della BrainaAcquisita dal Comune nel 1849, la chiesetta di San Tommaso della Braina (sec. XII) viene abbattuta tra il 1852 e il 1855 per allargare via Cartoleria Nuova (poi via Guerrazzi) e completare il quadriportico di Santa Maria dei Servi. Durante il periodo napoleonico l'edificio religioso era stato trasformato in deposito di legname, ma nel 1828 era stato riaperto al culto grazie all'intervento e all'aiuto economico della famiglia Davia Bargellini, proprietaria del vicino palazzo senatorio in strada Maggiore. Il progetto del quadriportico è di Giuseppe Modonesi (1820-1891), studioso di architettura medievale, e di Luigi Marchesini (1796-1882). Le colonne sono ricavate da alcune stele romane trovate sul greto del Reno, simili a quelle utilizzate per la gradinata di San Petronio. Con la piazzetta porticata davanti alla basilica si realizza l'idea di Antonio di Vincenzo (1350-1401), importante architetto del periodo tardo-gotico, autore del complesso originale. L'ampliamento del portico, senza più il sostegno del corpo murario della chiesetta di San Tommaso si dimostrerà però poco valido dal punto di vista statico.dettagli
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10 giugno 1857Viaggio di Pio IX nelle LegazioniPio IX compie in estate un viaggio nelle Legazioni e soggiorna per alcune settimane a Bologna. Entra nelle Romagne a Cattolica il 1° giugno e nei giorni seguenti visita le cittadine sulla via Emilia, sostando a Forlì tra il 3 e il 5 giugno e a Imola - sua sede vescovile prima dell'elezione al pontificato - tra il 6 e il 9 giugno. Il 10 giugno fa il suo ingresso solenne a Bologna, a suo dire “quintessenza del liberalismo”. Per l'arrivo del Pontefice in città, nei pressi della chiesa degli Alemanni fuori Porta Maggiore, è costruito - su progetto dell'arch. Brunetti Rodati - un arco trionfale effimero alto una ventina di metri, in finto marmo e in stile corinzio, sormontato da un gruppo di statue gigantesche. Attorno ad esso sono eretti “a corona” trentotto padiglioni per il pubblico e le autorità. Nella cattedrale di San Pietro il Papa incorona l'immagine della Madonna di San Luca. L'accoglienza del “moltissimo popolo” fino alla Piazza Maggiore è rispettosa, ma fredda. Dopo il solenne ricevimento del clero in San Pietro, Pio IX incontra le autorità cittadine nel Palazzo Apostolico, sua residenza fino al 13 giugno. Alla sera del primo giorno, le truppe austriache sfilano per la città con lanterne e torce di cera, spettacolo inedito a Bologna. Dal 13 giugno il Papa è ospite nella Villa Legatizia di San Michele in Bosco. La sua sosta a Bologna si protrae per circa un mese, durante il quale riceve il Granduca di Toscana e i Duchi di Modena e Parma. Tra le udienze concesse vi sono quelle con i liberali moderati bolognesi, che desiderano parlargli con franchezza ed esporgli il vero stato delle cose nelle Legazioni. Il primo è Antonio Montanari (1811-1898) che gli confessa la scontentezza del popolo, poi il 20 giugno è la volta di Marco Minghetti (1818-1886), che gli parla della cattiva fama del suo governo e insiste sulla necessità delle riforme. Il Papa gli rivela la sua delusione e la sua diffidenza nei confronti dei liberali. Troppo dura è stata la prova dell'esilio e amaro il ritorno in uno stato “scomposto”, dove il popolo è “incontentabile”. Al suo ex ministro dice: "Cambiamenti sostanziali non ne voglio. Chi è stato scottato dall'acqua calda, teme la fredda". Dal 10 al 12 luglio Pio IX compie un ampio giro a Ferrara e quindi altre puntate nel contado, mentre in città visita i conventi, i conservatori e molte fabbriche. La Fonderia di Castel Maggiore gli dona un prototipo in scala ridotta di locomotiva a vapore funzionante. Parlando all'opificio della Canonica di Casalecchio, il Papa promette un maggiore interessamento del governo per l'industria bolognese. Le alunne del conservatorio del Baraccano sono ammesse al bacio del piede del Pontefice. Le manifatture tessili ricevono i suoi elogi, in particolare la grande fabbrica Manservisi, famosa in Italia. In occasione della sua permanenza, vengono abbattute alcune baracche, che deturpano il portico dei Banchi ed è eliminata una “indecorosa” macelleria nella Seliciata di Strada Maggiore. Prima di partire, Pio IX decreta una somma di 75.000 scudi per il completamento della facciata di San Petronio e dona un diadema tempestato di gemme, con il quale incoronare la Sacra Immagine della Madonna di San Luca. Rimane la delusione in chi ha creduto nella concessione di seppur timide riforme. Poco dopo la sua partenza da Bologna, sui muri della città sarà affisso un proclama clandestino, in cui si leggono queste parole: "Non per vedere e studiare più d'appresso i mali ed i bisogni dé suoi sudditi fu lo scopo del viaggio del Principe, ma vaghezza di sollazzo, gonfio desiderio di vane ovazioni, sete infrenabile di consacrare il trionfo della reazione".dettagli
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5 luglio 1857Restauri alla MercanziaIn occasione dell'apparato decennale della parrocchia di San Bartolomeo vengono effettuati lavori di restauro nel palazzo della Mercanzia ad opera di Francesco Cocchi (1788-1865), famoso scenografo e maestro di pittura prospettica dell'Accademia bolognese. In una delle due finestre circolari, che si aprono sotto il portico, è collocato un orologio - opera di Camillo Franchini - in grado di segnare non solo le ore del giorno, ma, grazie al quadrante illuminato, anche quelle della notte.dettagli
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1859Il Caffè dei CacciatoriIl Caffè Ungherese - dell'Ungherese o di Porta Ravegnana - che si protende anche all’aperto sotto gli archi di un grande portico nei pressi delle Due Torri, accoglie, fin dalle prime ore del mattino, sensali, venditori e appassionati di cavalli. Nel 1859 è acquistato da Carlotta Macchiavelli, donna avvenente, capace di attrarre una scelta clientela di intellettuali e artisti, ma soprattutto di ufficiali dell'esercito. Tra i suoi avventori più illustri avrà il generale Enrico Cialdini (1811-1892) duca di Gaeta e il marchese Potenziani. Nel 1867 il nuovo proprietario (sig. Riguzzi) farà decorare la sala maggiore dal pittore Giacomo Lolli, che diffonderà "nelle pareti e nel soffitto le fantasiose vaghezze del suo pennello", raffigurando una bellissima Diana cacciatrice "tra cigni, putti e papaveri". Nella seconda metà dell'Ottocento, con il nome di Caffè dei Cacciatori, il locale sarà rinomato come "ritrovo dei più noti sportsmens e artisti e dei letterati più in voga". Enrico Panzacchi vi farà risuonare la sua voce baritonale e Carducci vi porterà "la sua irrequietezza" (Testoni), intrattenendosi con i discepoli Giovanni Pascoli e Severino Ferrari. Il caffè chiuderà nel 1915, con la demolizione del Mercato di Mezzo e l'edificazione della nuova via Rizzoli.dettagli
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1860L'Albergo ItaliaAgostino Brunetti gestisce sotto il portico della Dogana Vecchia in via de' Pollaroli un caffè con biliardo, un ristorante e l'albergo Italia. L'antica sede della Dogana è stata in periodo napoleonico quartier generale della Guardia Nazionale. Dopo il 1815 il loggiato, divenuto proprietà del conte Mattei, ha ospitato alcune botteghe e intorno al 1820, su progetto dell'architetto Angelo Venturoli, è stato edificato un portico uniforme di 22 arcate, conosciuto come Portico della Gabella. Nel 1867 l'albergo Italia sarà ceduto, assieme alla birreria, a Cesare Orsi. In seguito sarà rilevato da Salvatore Cevenini, che nel 1892 lo trasformerà nel Grand Hotel d'Italie, uno dei locali più rinomati della Belle Epoque bolognese. Dotato di ogni comfort “per rinfrancare la fibra umana, destinata ad esaurirsi anzitempo nella vita moderna frettolosa ed angustiata”, diverrà sede desiderata per convegni, concerti, danze, feste mondane. Il ristorante dell'albergo, caratterizzato da “cucina sana, distinta, pronta a ogni ora”, ospiterà invece sontuosi banchetti.dettagli
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7 febbraio 1860Bando per una nuova strada alla stazione della ferroviaIl sindaco Pizzardi promuove un concorso per il progetto della strada che dal centro cittadino deve condurre alla nuova stazione ferroviaria fuori Porta Galliera. Dopo l'inaugurazione della linea Bologna-Piacenza nel 1859, la porta è quasi ogni giorno teatro di un “dramma stradale”, con ingorghi provocati dai carri delle merci e dalle vetture dei passeggeri. Il progetto deve essere messo a punto entro sei mesi, con la previsione di una spesa massima di 330.000 lire. Ai concorrenti del concorso vengono messi a disposizione gli studi già fatti negli anni precedenti da Luigi Franceschini e da Giuseppe Mengoni. Entro la fine di gennaio del 1861 vengono presentati diversi progetti da parte degli ingegneri Pompeo Mattioli, Luigi Neri, Marco Manini, Carlo Brunelli. Nel dicembre dello stesso anno è pronta anche una proposta dell'ing. Coriolano Monti, capo dell'Ufficio Tecnico, redatta anche grazie ai suggerimenti dell'ing. Antonio Zannoni e dei professori Arienti e Masini. Gli eleborati sono esposti pubblicamente in Municipio nel marzo del 1862. Pompeo Mattioli, l'unico che ha consegnato entro i termini, si dimetterà polemicamente, con una lettera ai cittadini, da tutti gli incarichi presso il Municipio. L'ingegnere Manini presenterà fuori tema, per la prima volta, l'idea dell'edificazione di un quartiere residenziale a nord della stazione. Nella seduta del 7 aprile 1862 la Giunta comunale deciderà all'unanimità di adottare il progetto di Monti. Esso sposta verso est il nodo delle strade che entrano in città da nord, riservando l'area di Porta Galliera per il collegamento tra il centro e la stazione. Sceglie inoltre di lasciare intatta via Galliera e di tracciare una nuova arteria in linea retta da Piazza Maggiore alle mura, lambendo la cattedrale di San Pietro e costeggiando la Montagnola: una strada lunga circa un chilometro, con portici e merciapiedi sui due lati. Il taglio comporta l'abbattimento della palazzina Bonora e il risanamento del quartiere di San Benedetto, nei pressi della piazza d'Armi. Nella zona dell'Arena del Sole è previsto l'atterramento del muro dell'antico convento di Santa Maria Maddalena e di alcune case davanti al teatro. Secondo Monti, l'Arena "guadagna colla capace piazza che gli è creata innanzi", la quale, comunicando con la grande Piazza d'Armi e con il largo di via Repubblicana, "produce un seguito di piazze, opportunissimo in quel sito, nodo di tante comunicazioni".dettagli
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5 giugno 1864Illuminazione "a gaz"In occasione della Festa Nazionale gli edifici pubblici, la Piazza Maggiore e il Pavaglione sono “splendidamente” illuminati “a gaz”. Anche il Canton dé Fiori e il Portico dei Servi sono rischiarati “oltre il consueto”. Sulla base delle prove di recente fatte in Strada Maggiore e in via Santo Stefano, sembra che la fornitura offerta dalla nuova Società intraprenditrice sia finalmente "ricca e degna di una cospicua città".dettagli
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15 novembre 1864La sede bolognese della Banca NazionaleIl 15 novembre è aperta al pubblico “fra unanime ammirazione” la sede bolognese della Banca Nazionale (o Banca d’Italia), costruita su progetto dell'architetto napoletano Antonio Cipolla (1822-1874). L'edificio ha una facciata neorinascimentale, sormontata da un timpano con decorazioni vegetali. Gli interni e il portico sono decorati da Gaetano Lodi (1830-1886), autore anche dei graffiti nel cortile dell'ex Ospedale della Morte, della "saletta egizia" di palazzo Sanguinetti, della “sala delle signore” del Caffè del Corso. Sarà decoratore in vari teatri a Bologna e provincia, compresa la natia Crevalcore. Ogni volta del portico, in via Farini e in piazza Cavour, rappresenta un fatto storico: episodi della storia antica e recente, esplorazioni e scoperte geografiche, città e loro stemmi. L'architetto Cipolla, che rimarrà sempre “fedele ad uno stile accademico di tipo rinascimentale” (Costa), è anche autore di palazzo Silvani - futura sede dell'esattoria della Cassa di Risparmio - sul lato meridionale della piazza.dettagli
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1865Allargamento di Canton de' FioriTermina la costruzione di un grande fabbricato a tre piani sopra il portico della Gabella (XVI sec.), all'angolo tra il Canton de' Fiori e via dei Pollaioli. L'edificio, progettato nel 1800 da Angelo Venturoli - e notevolmente rivisto dall'ing. Coriolano Monti - inaugura un nuovo tipo edilizio, inedito a Bologna: si tratta infatti di un palazzo appositamente ideato per ospitare uffici oltre che appartamenti. L'esterno è una rivisitazione rigorosa dei canoni architettonici cinquecenteschi e quindi si inserisce bene nella cultura neorinascimentale, che a metà del secolo subentra al neoclassico. L'atrio d'ingresso è invece piuttosto ordinario e dispiace a chi si aspettava il tradizionale scalone monumentale. La costruzione conclude l'allargamento di Canton de' Fiori, deciso nel 1857-59, sotto il governo pontificio, per ottenere un adeguato fondale alla piazza del Nettuno e divenuto in seguito funzionale al tracciato della nuova via Massima alla stazione. Nella selciatura della nuova strada, il Monti ha introdotto tecniche mai viste, con l'adozione di un sottofondo, l'omologazione dei ciottoli e l'inserimento, nella parte mediana, di doppie rotaie di granito.dettagli
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18 febbraio 1865Nuovo corso del teatro BrunettiIl 18 febbraio, in occasione del carnevale, è inaugurato il teatro Nuovo Brunetti in via Cartoleria Vecchia, nato per trasformazione dell'antico teatro S. Saverio, dedicato agli spettacoli di marionette. Negli anni precedenti, il proprietario Emilio Brunetti ha avviato "una grandiosa opera di rinnovamento e ristrutturazione" e ora il locale si presenta "ampio, leggiero e bastantamente elegante" e capace di 2.000 posti. Attorno al grande cunicolo girano tre gallerie, sostenute da colonnette di ferro. L'ultima di esse funge da loggione. La sala è riscaldata da caloriferi sotterranei e l'acustica è rinforzata da una cassa armonica collocata sotto l'orchestra. Il lucernaio sul soffitto è rimovibile e il teatro può, così, diventare diurno, mentre alla sera è illuminato a gaz. E' il primo teatro a Bologna ad utilizzare questo tipo di illuminazione. Al piano della seconda galleria si apre una bella sala utilizzata come foyer. Le decorazioni di questa sala, come quelle della platea, sono di Gaetano Lodi (1830-1886), decoratore del portico della filiale bolognese della Banca d'Italia in piazza Cavour. L'apertura ufficiale avviene con un grande veglione mascherato, al quale farà seguito la compagnia equestre del signor Ciniselli. Caratteristica del nuovo Brunetti sarà quella di scritturare, anche per poche sere, quanto di meglio lo spettacolo popolare può offrire, più che attenersi a una precisa programmazione. Nel 1868 il teatro ospiterà la prima nazionale della Maria Antonietta di Giacometti, interpretata da Adelaide Ristori. Tra il 1870 e il 1871 Emilio Brunetti tenterà senza troppa fortuna di comporre un repertorio di teatro dialettale. Nel 1873 si avrà un nuovo ampliamento dell'edificio, con l'aggiunta di una quarta galleria. La sera del 6 novembre 1878 il teatro ospiterà re Umberto I e la regina Margherita, per uno spettacolo offerto dalla Società Artigiana di Bologna. Dal 1880 il Brunetti diventerà il regno dell'operetta, il nuovo spettacolo leggero di origine francese, che prenderà il posto dell'opera buffa. I Bolognesi scopriranno così il mondo "indiavolato" di Offenbach, Lecocq e Hervé (Calore).dettagli
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22 febbraio 1865Cadono due arcate del portico dei ServiAlle tre di notte del 22 febbraio crollano improvvisamente due arcate del portico dei Servi, in Strada Maggiore. Per fortuna a quell'ora le vie sono deserte e non si lamentano vittime. Gli archi caduti facevano parte di una nuova costruzione della famiglia Aria. L'intento dei proprietari era di proseguire, sulla parte superiore del portico, una terrazza scoperta contigua a quella della loro abitazione. La pioggia copiosa dell'autunno precedente e il peso dei "grossi macigni" della terrazza hanno forse provocato la rottura di una delle chiavi di ferro del portico, "mentre che il gesso gonfiava e spingeva" in modo da provocare uno squilibrio fatale nella costruzione.dettagli
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11 settembre 1866La nuova via FariniAlcuni tratti stradali nella parte meridionale dell'antico centro cittadino sono completamente ridisegnati e rettificati su progetto dell'ing. Coriolano Monti (1815-1880). Nella seduta dell'11 settembre del Consiglio comunale la nuova strada così ricavata è intitolata a Luigi Carlo Farini (1812-1866), artefice dell'annessione dell'Emilia al Regno d'Italia, scomparso il 1° agosto (una malattia neurologica l'ha colpito nel 1863, mentre era in carica come Presidente del Consiglio, minandone le facoltà mentali). L'intervento di Monti - e di altri architetti, quali Mengoni, Cipolla, Zannoni, Faccioli - comprende via Miola, via Ponte di Ferro, Borgo Salamo e via dei Libri, con strettoie e notevoli dislivelli. Vengono rimodellati i palazzi Tacconi, Casali-Frati (1865), Guidotti, Dolfi, Pizzardi e altri. Il nuovo Palazzo Pizzardi, modificato dall'ing. Antonio Zannoni (1833-1910), con un alto portico in via Farini e una nuova facciata in via San Mamolo, sarà inaugurato nel 1869. Alcuni lo criticheranno per mancanza di "unità di stile e di concetto". Scompaiono alcune testimonianze del passato, come lo scalone di palazzo Guidotti o la torre degli Andalò, incorporata nelle case Dolfi. L'architettura neo rinascimentale del Monti appare efficace nel rivestire e unificare gli edifici porticati della nuova strada, adeguandosi bene alle architetture preesistenti, in particolare nel bel tratto curvilineo di palazzo Tacconi, che culmina nell'incrocio con via Santo Stefano. In questo punto, sulla piazzetta che ospitava la chiesina di Santa Tecla, l'ingegnere capo dell'Ufficio Tecnico edifica, tra il 1863 e il 1865, una palazzina a pianta trapezoidale, che completa e definisce uno degli angoli più spettacolari della città (Gottarelli).dettagli
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1867Villa Caldesi, la Casa dell'AngeloL'ex chiesa delle monache degli Angeli, soppressa nel 1831, diviene villa Caldesi. Si trova fuori porta San Mamolo all'angolo con la via Panoramica per San Michele in Bosco. Nel convento appresso i Canonici Renani custodivano una famosa pala di Giotto, in seguito trasferita alla Pinacoteca Nazionale. Dal 1370 vi si insediarono i monaci Camaldolesi. Nel 1598 l'edificio passò al Collegio Montalto. Durante la peste del 1630 fu trasformato in lazzaretto per gli uomini. Della chiesa rimane un portico occluso di sei arcate, orientato a nord verso la città. E' decorato con terrecotte, tondi tra arco e arco e capitelli in stile Rinascimento. La testata su via San Mamolo è chiusa da una bifora sormontata da un elegante angelo "dalle chiome svolazzanti, dalle lunghe ali, dalla tunica a doppie maniche e dalla veste leggera cadente fin sopra i piedi" (Zucchini). Villa Caldesi sarà conosciuta come la Casa dell'Angelo. Alla fine del '900 il Comune di Bologna la destinerà a sede del Quartiere Colli. Ospiterà inoltre il Centro Amilcar Cabral, nato nel 1974 come osservatorio e centro di studi sui paesi dell'Asia dell'Africa e dell'America Latina, caratterizzato da una biblioteca specializzata di grande qualità.dettagli
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aprile 1867La Società del Duttour Balanzon e il carnevaleE’ costituita la Società del Duttour Balanzon, una congrega di buontemponi che si incarica di rinverdire le tradizionali pubbliche feste a Bologna. Ha il compito di promuovere “i pubblici divertimenti carnevaleschi, favorendo il Commercio e l’Industria, cooperando anche a pubblica beneficenza”. Ne fanno parte illustri cittadini, come il pittore Luigi Busi, i conti Salina e Aria, il marchese Francesco Albergati Capacelli, da alcuni chiamato ironicamente “incapacelli”. I carri mascherati partono ogni anno da porta Santo Stefano e sfilano per il centro fino a piazza VIII Agosto. Le giornate di giovedì e martedì grasso sono dedicate al gesso, la domenica al lancio di fiori e dolci. Dalle tribune improvvisate tra gli archi dei portici e dalle finestre gremite, il pubblico festante assiste e partecipa al "corso del gesso", con lanci di polvere bianca confezionata in sacchi da 20 e 50 chili. Questi tiri furibondi sono chiamati “spaluzzé” o “spalozzate”, da “palozz”, la pala di legno dei fornai. Ne rimane un ricordo di Alfredo Testoni: “Vedemmo la popolazione di Bologna riversata nelle vie, coperta da capo a piedi di gesso, pigiata lungo via Farini, tenuta chiusa sotto i portici da corde tirate da una colonna all'altra ...” Durante gli scontri a base di coriandoli di gesso i contendenti vestono camici bianchi e usano maschere di fil di ferro e ottone, simili a quelle degli schermidori, per proteggere il viso. Anche lo scrittore Enrico Panzacchi parteciperà volentieri alle battaglie di gesso - condotte fino al “seppellimento” degli avversari - e una volta il giornale "La Patria" lo proclamerà "gladiatore del palozzo". Nella piazza del Mercato e alla Montagnola vengono costruite grandi scenografie. Sono memorabili le sfilate del 1869 (Le Streghe di Benevento), del 1874 (Gli Etruschi) e quella del 1901 dove è ammirato un carro ideato da Nasica (Augusto Majani). La maschera del dottor Balanzone è regista e sovrano dei carnevali fino al 1914. Tra i più osannati "balanzoni" sono i burattinai Filippo e Angelo Cuccoli. “Resi incomodi pel getto sconveniente del gesso” i corsi mascherati verranno presto a noia ai cittadini di più elevata condizione e col tempo rimarranno un divertimento essenzialmente popolare.dettagli
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15 agosto 1867Liquidazione dell'asse ecclesiasticoDopo il Regio Decreto del 7 luglio 1866, per il quale vengono soppressi gli ordini religiosi, la Legge 15 agosto 1867 n. 3848 dispone la confisca dei loro beni. Il provvedimento è considerato eversivo dai cattolici e rischia di “favorire la concentrazione del patrimonio nelle mani di pochi magnati e speculatori” (Gherardi), come è già avvenuto nel periodo napoleonico. A Bologna scompaiono diciotto conventi, in gran parte requisiti dall'autorità militare, essendo in corso la guerra contro l'Austria. Le prime cartoline illustrate mostrano i soldati in posa fuori da caserme, che tradiscono la loro diversa origine: la caserma di fanteria nel convento di San Salvatore, le caserme di cavalleria in San Domenico e Sant'Isaia, quelle di artiglieria in Santa Caterina e fuori Porta S. Mamolo. Alcuni degli immobili secolarizzati entreranno in possesso del Municipio dopo laboriose trattative col Demanio: S. Giuseppe, S. Giacomo e S. Domenico saranno destinati a lazzaretto e scuole tecniche, Santa Lucia diverrà palestra e laboratorio della scuola professionale Aldini Valeriani. Alla Provincia andranno il convento di San Giovanni Battista per il manicomio e quello di San Salvatore per il Consiglio Provinciale Scolastico. La legge delle soppressioni colpisce anche alcuni edifici propriamente di culto, per i quali è previsto un trattamento particolare. Ad esempio la basilica di San Francesco diventa magazzino militare, mentre nella chiesa di San Domenico verrà abbattuto il portico antistante e l'antico protiro, come atto ostile nei confronti dei “frati dell’Inquisizione”. Dal 23 ottobre 1866 i Domenicani hanno avuto 45 giorni di tempo per lasciare il loro convento. Tra gli ordini soppressi dalla legge del 7 luglio vi sono i Barnabiti, che amministravano anche il patrimonio ex gesuitico. Gli edifici e la villa del Collegio andranno alla Congregazione di Carità, mentre i beni rurali e i capitali entreranno in possesso del Demanio.dettagli
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3 febbraio 1869Il burattinaio Filippo CuccoliIl celebre burattinaio Filippo Cuccoli (1806-1872) apre le feste del carnevale bolognese nei panni del Dottor Balanzone, “re del Carenval di Ptrunian” (re del carnevale dei Petroniani). Oltre che del Dottore, egli è un eccellente interprete di Sandrone - Sandron Piviron dal bosch per dsotta da Modna -. Per la serata d'onore di questa maschera modenese, le fa fare l'ascensione della fune, al modo del celebre acrobatico Blondin o dei funamboli che un tempo attraversavano piazza Maggiore sulla corda. La gente, pigiata fin sulle scale di San Petronio, assiste al precario viaggio del burattino che, tirato con carrucole dal palazzo del Podestà, raggiunge il portico delle Fioraie sotto il palazzo dei Banchi, tra un tripudio di fuochi d'artificio. Un tempo Filippo faceva il banditore per il Municipio, uscendo dal portone del Palazzo a suon di tromba e gridando i bandi con la sua voce stentorea. Dal 1830 opera assieme ad Andrea Ludergnani come burattinaio in Piazza Maggiore con il suo modesto "casotto" legato ad uno degli anelli appesi ai pilastri del portico del Podestà. E' capace di impersonare tutte le maschere più celebri della commedia dell'arte, da Spadaccio a Fighett, da Flemma a Tartaglia, dal Dottore a Sganapino (Sganappein). Ogni giorno mette in scena tre diverse rappresentazioni: alla mattina vicino alla cancellata del Nettuno, al pomeriggio davanti al Palazzo del Podestà, alla sera (e d'inverno anche di giorno) sotto il Voltone del medesimo. Il Pandolfini ricorda che Il Voltone non era illuminato che dai due modesti lumi posti davanti alla bocca d'opera del casotto. Attorno alle file di seggiole che erano i posti distinti, stava il pubblico in piedi che si stringeva a ferro di cavallo. Una torma di monelli si stringeva fin sotto il teatrino ... Il vecchio burattinaio è anche solito predire la buona sorte ai contadini, che fanno ressa intorno al suo teatrino, per mezzo di un “diavoletto di Cartesio” (uno strumento scientifico di norma usato per la misurazione della pressione dei liquidi). Gli si attribuiscono, inoltre, numerose satire contro il governo pontificio. "Finire nel panierone di Cuccoli" indica, anche dopo l'Unità, la caduta in disgrazia dei politici.dettagli
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22 aprile 1870Il portico del Pavaglione illuminato a gasViene attivata l'illuminazione a gas (o a gaz) sotto i portici dell'Archiginnasio e dell'Ospedale della Morte. Il Pavaglione, costellato di negozi “ricchi ed eleganti”, è il passeggio più frequentato della città. C’è chi lo chiama - parafrasando l’epigrafe del Giordani per l’Arena del Sole - “luogo dato alle tentazioni del mondo e della carne”. Data la sua importanza è logico che sia tra i primi settori cittadini dotato della nuova illuminazione. I fanali installati, però, vengono da molti vivamente criticati: sono paragonati a “graffi da pescare”.dettagli
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22 maggio 1870Il nuovo palazzo Zambeccari-FranciaIl 22 maggio è presentato il disegno, firmato dagli ingegneri Alessandro Maccaferri, Luigi Grandi e Francesco Gualandi, per il nuovo fronte del palazzo Zambeccari-Francia, a seguito dell'allineamento di via Farini. Il grande edificio, costruito dalla famiglia Lucchini - mercanti della seta di origine genovese - fu acquisito nel Settecento dagli Zambeccari. I lavori saranno completati in tempi brevi (1873), con una decorazione molto pesante, un portico a tredici arcate e un "imponente" cornicione (De Angelis). La chiesa dei SS. Cosma e Damiano, presente nell'area fino alle soppressioni napoleoniche, sarà sostituita, all'interno del palazzo, da un'altra di dimensione e stile molto diversi, che però rimarrà incompleta e non utilizzata per molti anni. All'inizio del Novecento il palazzo sarà ereditato dai Padri Salesiani e poi rivenduto a privati.dettagli
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20 settembre 1870Pochi indizi di pubblica letizia dopo la presa di Porta PiaLa conquista di Roma da parte delle truppe italiane, attraverso la breccia di Porta Pia, non provoca a Bologna manifestazioni di “pubblica letizia”. Il sindaco fa pubblicare un manifesto che annuncia l'avvenimento, concludendo con un “Viva l'Italia” e senza menzionare il nome del Re. La città è in parte imbandierata, ma alla sera poca gente percorre le vie cittadine. Solo la piazza della Pace (poi piazza Galvani) e i circostanti portici dell'Archiginnasio sono riccamente illuminati a gas a cura del Municipio. Qui la banda comunale è invitata a suonare ripetutamente l'Inno di Garibaldi, mentre l'Inno Reale è accompagnato da fischi e urla. “Come se l'ordine di occupare Roma - sottolineano i cronisti di parte monarchica - non fosse partito dal Governo del Re, ma fosse invece opera di Garibaldi!”. Tra i bolognesi presenti a Porta Pia, il maggiore Leopoldo Serra (1829-1912) è entrato a Roma tra i primi “alla testa dei suoi bersaglieri”, rimanendo anche leggermente ferito.dettagli
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agosto 1872Un telegrafo solare per GaribaldiNelle vetrine della ditta Calzoni, sotto il portico del Pavaglione, è esposto il “sensazionale” telegrafo solare (o eliografo) di Raffaele Sgarzi, dono dei volontari garibaldini di Cento (FE) all'eroe dei due mondi, in esilio sull'isola di Caprera. Si tratta di un congegno a specchi in grado di inviare messaggi fino a trenta chilometri di distanza. I donatori sono certi che così il generale potrà mantenere dal suo “scoglio” le comunicazioni con la Sardegna e il continente. L'ufficio telegrafico della Maddalena, infatti, sarà in grado di rilanciare i suoi dispacci inviati col telegrafo solare. L’invenzione dell’eliografo è controversa. Alcune autorevoli pubblicazioni la attribuiscono al telegrafista francese Leseurre, morto nel 1864. Il prof. Quirico Filopanti riconoscerà a Sgarzi il perfezionamento del prezioso apparecchio.dettagli
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1874Ampliamenti alla Certosa a cura dell'ing. ZannoniAntonio Zannoni, ingegnere capo del cimitero della Certosa, cura, in fasi successive, ampliamenti nell'area meridionale del cimitero, tra gli edifici del monastero certosino e il canale di Reno. Nascono così la Galleria degli Angeli e il Claustro Settimo. L'edificazione del chiostro comporta la demolizione di parte del capolavoro architettonico di Ercole Gasparini, la Cappella dei Suffragi. Zannoni ne salva comunque il portico con frontone affacciato sul Chiostro III. La Galleria degli Angeli mostra evidenti analogie con la Galleria delle statue dei Musei vaticani e con le Terme di Riolo, costruite da Zannoni nel 1870. E' qui tra l'altro che troverà luogo la sua tomba.dettagli
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1874Demolizione del portico di San DomenicoSu iniziativa del Comune viene demolito il portico davanti alla basilica medievale di San Domenico, che alcuni anni dopo sarà restaurata da Alfonso Rubbiani. Il luogo era, fino ad alcuni anni prima, il teatro delle gesta dei “biricchen del scol pei”, i bambini particolarmente vivaci e rumorosi che frequentavano le vicine scuole elementari. Appena fuori dalla scuola, essi davano spettacolo di “scapparlà e sgabbanà”, trasformando - secondo la testimonianza di Alfredo Testoni - piazza San Domenico in un campo di battaglia. In questo periodo il vicino convento è in gran parte occupato da una caserma di cavalleria.dettagli
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8 gennaio 1874Tumulto a teatro per un'offesa a GaribaldiAl Teatro del Corso, durante la recita del Rabagas di Victorien Sardou (1831-1908), scoppia una clamorosa protesta contro gli attori, che costringe l'impresario a calare il sipario. Nella commedia Sardou, vero dominatore delle scene francesi, da alcuni definito il “Napoléon de l'art dramatique”, satireggia contro l'attivismo di certi politici del suo tempo, prendendo di mira soprattutto il futuro primo ministro Léon Gambetta. Alcuni spettatori riconoscono, nelle battute relative ad uno dei personaggi, definito “commesso viaggiatore della libertà”, una allusione negativa a Giuseppe Garibaldi. I disordini tra opposte fazioni continuano fuori del teatro, sotto il portico antistante e nel Caffè del Corso.dettagli
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12 maggio 1874L'Opera pia Davia BargelliniCon testamento del 12 maggio 1874, Giuseppe, ultimo membro della famiglia senatoria bolognese Da Via Bargellini, destina il proprio patrimonio “allo scopo di provvedere all‘educazione e istruzione della gioventù maschile della città e diocesi di Bologna“. Viene quindi costituita l'Opera PIa Da Via Bargellini, guidata da un Consiglio composto da due laici e presieduto da un sacerdote. Il grande palazzo in strada Maggiore, di fronte al quadriportico dei Servi, fu costruito a partire dal 1610 per volere di Ermes Bargellini, inglobando un edificio più antico. Nel 1638 il senatore Astorre fu autorizzato a edificare una facciata senza portico, su progetto di Bartolomeo Provaglia. Sopra Il portale d'accesso, a reggere il balcone (o “ringhiera”) centrale, furono posti due talamoni, opera di Gabriele Brunelli e Francesco Agnesini. Perciò il severo edifico è conosciuto come “il Palazzo dei Giganti”. Dopo il 1730 venne completato lo scalone monumentale, ideato da Carlo Francesco Dotti, eseguito da Alfonso Torreggiani e decorato con magnifici stucchi da Giuseppe Borelli. Dal 1924 il palazzo ospiterà gratuitamente, grazie a una convenzione con l'Opera pia, il Museo civico d'Arte Industriale, oltre che l'antica quadreria della famiglia Davia Bargellini.dettagli
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2 luglio 1876La Società di Mutuo Soccorso tra SalsamentariIl giovane Giuseppe Vaccari, salumiere sotto il portico dei Banchi, propone di istituire una Società di Mutuo Soccorso tra Salsamentari, erede dell'antica Compagnia dei Salaroli. La sera del 2 luglio 1876, in una sala concessa dalla Fratellanza Militare in via Marsala, si riuniscono i primi 150 aderenti. Viene eletto un consiglio direttivo formato dai più noti produttori dell'epoca, da Romagnoli a Colombini, da Nanni a Zappoli, e presieduto da Filippo Stiassi. La Mutua si propone di venire in soccorso ai soci in difficoltà economiche o costretti a sospendere l'attività per malattia. Si occupa anche di istituire una cassa pensioni per gli operai del settore e si impegna per la loro alfabetizzazione. Nel 1879 l'assemblea dei soci acclamerà il Re Umberto I, da poco scampato a un attentato anarchico, Presidente Onorario Perpetuo della Società. A Bologna operano 70 fabbriche produttrici di salumi e oltre 200 salumerie, che danno lavoro a circa 1.100 persone. L'arte dei salumi è particolarmente diffusa nel centro della città, in quello che sarà definito il Quadrilatero commerciale. I prodotti bolognesi, una gamma ricca e articolata, derivata da secoli di pratiche consolidate, sono apprezzati in Italia, ma quantità consistenti raggiungono anche i mercati esteri. I pizzicagnoli bolognesi si distinguono, infatti, anche per la grande capacità di pubblicizzare e gestire il confezionamento e la distribuzione dei loro prodotti.dettagli
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1877Restauro di Casa IsolaniIn occasione della Decennale della parrocchia di San Bartolomeo, Raffaele Faccioli cura il restauro della medievale Casa Isolani in Strada Maggiore. Durante i lavori vengono scoperti quattro archi al pianterreno, alcune finestre all'ammezzato e una serie di bifore al piano nobile, prima non visibili. Due delle bifore sono copiate dal Faccioli da una più antica, dotata di una colonnetta marmorea con capitello “corinto” (Gozzadini), scoperta dietro un pietrinfoglio. Nel soffitto dell'alto portico in legno sono infisse “per burla” (Rubbiani cit. da Zucchini) alcune frecce, che saranno erroneamente considerate testimonianza delle sanguinose guerre medievali.dettagli
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1879Restaurata la chiesa della Sabbionara a BazzanoLa chiesa della Beata Vergine del Carmine, situata sulla strada tra Bazzano e Castelfranco Emilia, è restaurata a spese di don Alessio Lodi. E' conosciuta come la Sabbionara, perchè, secondo la leggenda, nella zona fu trovata un'antica icona della Madonna nascosta nella sabbia del torrente Samoggia. Lo spazio interno viene ampliato chiudendo il portico antistante, che venne fatto costruire nel 1631 da alcune famiglie bazzanesi come ex voto per lo scampato pericolo della peste. Dopo i restauri, il cardinale arcivescovo Parocchi verrà in visita pastorale e attribuirà alla chiesa il titolo di santuario, con il privilegio di una indulgenza di cento giorni per i visitatori. L'artista bazzanese Pio Passuti sarà incaricato – forse proprio in seguito al sopralluogo del prelato - di intervenire sulla decorazione interna, sostituendo gli angioletti “con poca decenza mal pinti nella volta dell’abside” con immagini delle virtù. Il quadro del XVII presente sull'altare, rappresentante la Madonna col bambino, verrà rubato nel Novecento e sostituito con una copia.dettagli
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1880Palazzo Odorici a Bagnarola venduto ai bracciantiIl grande Palazzo Bentivoglio a Bagnarola, detto il Palazzo di Sopra, viene venduto a una cooperativa di braccianti. Fu acquistato nel Settecento dall'abate Pier Antonio Odorici, tesoriere di Papa Benedetto XIV e proprietario a Bologna del nobile palazzo Zani in via Santo Stefano. Costui, pur essendo soltanto un borghese arricchito, volle rivaleggiare con le nobili famiglie del luogo, in particolare i Malvezzi, che qui possedevano le ville dell'Aurelio e del Floriano - la piccola Versailles bolognese - e i Ranuzzi Cospi, proprietari della bella Villa di Sotto, situata poco più a nord. Odorici ristrutturò la villa, arricchendola all'interno con “mirabili pitture a tempera” raffiguranti scene bibliche e composizioni allegoriche, eseguite da Nicola Bertuzzi, detto l'Anconetano (1710-1777). Fece inoltre costruire accanto ad essa un grande edificio a ferro di cavallo, dotato di portici e botteghe e destinato a ospitare una fiera annuale degna di quella “privilegiata” dei Malvezzi. Dopo la morte di Pier Antonio, il figlio adottivo sperperò le sue sostanze. La grande villa di Bagnarola e gli edifici annessi furono venduti e passarono in varie mani. I braccianti uniti in cooperativa frazioneranno il palazzo in tanti appartamenti, “formando una specie di alveare diviso da tramezze entro atrii e saloni con ricchi dipinti sulle volte, circondati da belle cornici in stucco” (Beseghi). Le opere d'arte e le preziose decorazioni introdotte nel palazzo dall'Odorici saranno minacciate, senza loro colpa, dai fumi delle cucine, dalla polvere, dalle crepe. Nel '900 nell'area di Palazzo Odorici sorgerà la prima fabbrica della ditta Bitelli, famosa produttrice di rulli compressori e altre macchine per lavori stradali.dettagli
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30 ottobre 1880La Borsa di commercio in Palazzo comunaleL'ingegnere Filippo Buriani (1847-1898) allestisce lungo il lato settentrionale del palazzo comunale una sala da adibire a Borsa per i commercianti e gli agricoltori. I locali erano prima usati come scuderie del Legato pontificio. Ampliata a partire dal 1883, la prima Borsa rimarrà in funzione fino alla fine del secolo. Sarà però scarsamente utilizzata dai commercianti, che il sabato continueranno a ritrovarsi, secondo un'antica consuetudine, sotto il vicino portico della Gabella.dettagli
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1881La banda municipale si trasferisce ai Giardini MargheritaCon l'impianto del servizio tramviario e l'ingombro della nuova statua di Galvani, i tradizionali concerti del venerdì della banda municipale si trasferiscono ai giardini Margherita. Le serate bandistiche sono molto popolari a Bologna: è un tipo di musica che "serve poco à buoni gustai, ma molto agli amanti e alle mammine eleganti". In occasione dei "Venerdì dell'Antonelli" - dal nome del maestro che li dirigeva - piazza della Pace, illuminata a giorno assieme al portico dell'Archiginnasio, era occupata da centinaia di sedie, accessibili a modico prezzo, disposte dai caffè della zona e dalla Birreria Hoffmeister. Il cav. Alessandro Antonelli (1828-1895) eseguiva brani tratti dalle opere rappresentate al Teatro Comunale, affrontando anche il difficile repertorio wagneriano. La sua direzione è ricordata in un celebre sonetto di Stecchetti: Quando Antonelli col cheppì alla sgherraE lo spadon sui tacchiCava gli applausi e i bis di sotto terraCoi Goti del.... Panzacchi. La banda musicale fu istituita dal Municipio nel 1856. Cominciò suonando la Marcia di Radetzky di Strauss. Era composta inizialmente da 45 elementi e aveva le stesse divise della Guardia urbana d'onore. Doveva intervenire in tutte le parate e passeggiate militari e durante il trasporto in città della Madonna di San Luca. Dal 1873 è passata sotto l'Ufficio Istruzione e il capo-banda fa parte, da allora, del corpo insegnante del Liceo musicale. Dal 1895, con la morte del maestro Antonelli, la direzione sarà assunta dal maestro Filippo Codivilla, che la terrà fino al 1913.dettagli
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1883Il diavolo di Casa BarilliL'architetto Tito Azzolini (1837-1907) restaura Casa Barilli, costruzione quattrocentesca in via D'Azeglio, presso l'ex Ospedale degli Innocenti. Sotto il portico è murata una copia del diavolo in bronzo del Giambologna (Jean de Boulogne, 1529-1608), il cui originale è a Firenze, un tempo in un angolo di Palazzo Vecchietti, poi conservato a Palazzo Vecchio.dettagli
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1883Proposte di Gozzadini per la sistemazione di Palazzo d'AccursioA conclusione di un lungo confronto riguardante la sistemazione del Palazzo Comunale dal lato della torre dell'orologio, l'insigne archeologo e cultore di patrie memorie Giovanni Gozzadini (1810-1887) avanza alcune sorprendenti proposte. Si prevede la riapertura di tutte le finestre medievali sulla facciata - ma non dell'antico portico - e la demolizione della torricella e dei cupolini posti da Giovanni da Brensa nel 1493 sopra la torre d'angolo, sostituiti con un torricino merlato di pura invenzione. E’ auspicata inoltre la rimozione della Madonna di Nicolò dell'Arca, del carosello dei Magi attorno all'orologio e della balaustra di coronamento della torre, da sostituire con un giro di merli "nuovi di zecca" (Bergonzoni). Per dar forza alla propria proposta, Gozzadini pubblica un gran numero di notizie su Accursio e la sua famiglia, accreditando il nome del palazzo all'antico giuresconsulto senza una plausibile ragione storica.dettagli
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1884Inaugurazione di via IndipendenzaViene inaugurata, anche se non del tutto terminata, la via “Massima”, dal 1874 chiamata via Indipendenza. La sua costruzione è stata deliberata nel 1861 come strada “per l'accesso alla stazione delle strade ferrate”. I lavori sono iniziati con la sistemazione di Canton dè Fiori, seguendo il progetto dell'ing. Coriolano Monti (1815-1880). Il R.D. del 25 luglio 1865 ha dichiarato la nuova direttrice di pubblica utilità. Ma con la partenza di Monti da Bologna i cantieri si sono fermati. Nel 1878, dopo la formazione della Commissione Consultiva Edilizia - con gli ingegneri Jean-Louis Protche e Raffaele Faccioli e il prof. Razzaboni - i lavori sono ripresi in sordina. Via Indipendenza appare da subito come la via “trionfale” del capoluogo. Secondo uno dei primi depliant turistici "coi suoi ricchi palazzi, di una costruzione elegante, forma la più bella strada di Bologna". Il tracciato rettilineo verso porta Galliera ha comportato la rettificazione di importanti edifici e la demolizione di Palazzo Bonora. Più avanti sarà abbattuto l'Ospizio di San Giuseppe, conosciuto come la Casa dei Vecchi. Nel 1886, inoltre, sarà creata una nuova facciata con portico per la chiesa di San Benedetto, della quale saranno abbattuti l'abside e il campanile. I cantieri saranno chiusi solo nel 1888. I lavori di completamento fino alla stazione andranno a rilento negli anni seguenti: la strada "direttissima" potrà dirsi davvero conclusa solo nel 1896, con l'inaugurazione del Pincio e della scalea della Montagnola. Benché “più ariosa e meno cupa” di via Rizzoli, che sarà disegnata all'inizio del '900, via Indipendenza non avrà “il garbo e la misura di via Farini”, mostrando una eleganza piuttosto “banale e ripetitiva” (Orlandi).dettagli
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1884Termina la costruzione di Palazzo Bolognini Amorini SalinaGiovanni Salina, futuro presidente del Circolo della Caccia di Bologna, è nominato erede universale delle famiglie Salina, Amorini e Bolognini, ereditandone i cognomi. Nel corso del 1884, su sua iniziativa, vengono completati i lavori di costruzione del palazzo di via Santo Stefano, risalente al XV secolo e noto come "Bolognini Nuovo". Si tratta di uno dei palazzi senatori più noti di Bologna. Ospitò la scuola del pittore fiammingo Denis Calvaert (1540-1619), che ebbe tra i suoi allievi Guido Reni. Nella prima metà dell'800 fu sede del Casino civico, il club più esclusivo e in vista della città. Un tempo vi si conservava una importante raccolta di opere d'arte (Crespi, Creti, Guercino, Reni), che poi andò dispersa. La facciata del nobile edificio è caratterizzata da oltre 130 teste in pietra, che si affacciano sulla strada da cornicioni e da oculi. Rappresentano figure mitologiche o personaggi esotici e di fantasia. Alcune di esse - nel settore di sinistra - sono opera del XVI secolo dello scultore Alfonso Lombardi (1497-1537). Notevoli sono anche le decorazioni dei capitelli del portico, attribuite alla pittrice bolognese Properzia de' Rossi (1490-1530). Nel 1809 il marchese Antonio Amorini commissionò all'architetto Angelo Venturoli (1749-1821) una radicale ristrutturazione del palazzo. Fu modificata la proporzione dei piani e vennero allungate le finestre del piano nobile, "cambiando radicalmente gli equilibri tra i pieni e i vuoti". Nel corso del restauro del 1884 - certificato da un'iscrizione latina al centro della facciata - vengono aggiunte le ghiere di terracotta negli archi del portico. E’ inoltre terminata la sistemazione dello scalone e delle sale del piano nobile. A dirigere i lavori è l'ingegnere Leopoldo Lambertini, assessore comunale e amministratore del Collegio Venturoli, vicino alla famiglia Salina, per la quale nel 1875-79 ha diretto il restauro della cappella di famiglia situata in San Petronio.dettagli
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1885Lo "sbaroccamento" del Palazzo comunaleTra il 1885 e il 1887 è restaurata la parte più antica del palazzo comunale, in corrispondenza della torre dell'orologio. Vengono riaperte le arcate del portico sulla piazza Maggiore e alcune antiche finestre. Nel 1879, durante lavori di manutenzione, sono stati scoperti alcuni pilastri con capitello dell'originaria Casa della Biada, il prezioso deposito dei grani della città medievale. L'ing. Raffaele Faccioli (1836-1914), già autore di discutibili restauri in Santo Stefano, segue solo in parte le autorevoli indicazioni avanzate nel 1883 da Giovanni Gozzadini (1810-1887), contrario alla demolizione del muro a scarpa esistente. L'operazione di "sbaroccamento" del palazzo comporta la distruzione dell'antica Ringhiera degli Anziani affacciata sulla piazza, del carosello dei Magi che ornava il grande orologio e della balaustra di coronamento della torre, sostituita da un pesante parapetto in mattoni. Si salva solo il cupolino quattrocentesco, definito dal consigliere Giuseppe Bacchelli un cappello da cardinale sulla testa di un guerriero medievale.dettagli
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2 agosto 1885A Cesenatico il primo monumento a GaribaldiE' inaugurato a Cesenatico uno dei primi monumenti in Italia dedicato a Giuseppe Garibaldi. Ricorda l'accoglienza della città a Garibaldi in fuga dagli Austriaci e ai volontari rimasti con lui. La messa a disposizione di una piccola flotta di imbarcazioni permise loro di partire in direzione di Venezia il 2 agosto 1849. Per l'erezione della statua si è costituito un comitato composto da sedici persone, tra le quali Eugenio Valzania, Andrea Costa, Aurelio Saffi. Essa è stata commissionata nel 1882 allo scultore cesenate Tullo Golfarelli (1835-1928), che l'ha consegnata nel giugno del 1884, con un certo ritardo rispetto al termine pattuito. Dal 1887 Golfarelli insegnerà alla Scuola Professionale di Arti Decorative di Bologna, dove nel 1893 trasferirà il suo studio. Nel capoluogo emiliano sarà autore di numerose opere pubbliche: dalle decorazioni in occasione della Esposizione regionale del 1888 ai ritratti dei Carracci nel portico dell'Accademia, dal bassorilievo sull'8 agosto 1848 al Pincio ai fregi del nuovo Palazzo delle Poste. Suo è anche il pannello con la Vergine e gli ammalati ("Salus Infirmorum ora pro nobis") che verrà posto nel 1902 all'ingresso dell'Ospedale Maggiore in via Riva Reno.dettagli
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27 giugno 1886Il Tiro a segno all'Arco GuidiUn nuovo Tiro a segno sostituisce il Bersaglio di via degli Angeli. Sorge su un terreno nei pressi dell’Arco Guidi, aldilà del portico che unisce il Meloncello alla Certosa, dove nel ’900 verrà edificato il Littoriale. Dal 27 giugno si tengono sei giorni di gare, con ricchi premi (tra i quali 4 fucili Vatterli) e grande partecipazione di tiratori. Nel discorso inaugurale, il Presidente Gaiani ricorda che l'impianto è situato sul luogo del martirio di Ugo Bassi. In questo poligono lo sport del tiro avrà grande sviluppo. Vi si svolgeranno gare molto importanti, sempre con la presenza di autorità. Per oltre cinquanta anni l'arma più usata sarà il fucile modello '91. Nel 1914 l'ing. Barattini metterà a punto il progetto di un grande e moderno poligono sui colli di Bologna, che però sarà accantonato per l'alto costo dell'opera e per lo scoppio della guerra mondiale. Durante la guerra il Tiro a segno diventerà il luogo di esecuzione dei disertori e dei ladri di materiale bellico. Nel 1928, con la costruzione dei nuovi impianti polisportivi del Littoriale, il poligono sarà trasferito su un terreno in pianura vicino al fiume Reno. Per alcuni anni accanto all’area del tiro a segno, tra il portico della Certosa e il Meloncello, si insedierà un parco divertimenti con “giostre, tiri al bersaglio, prove di forza, ruote giganti, baracche e attrezzature”. Il primordiale luna park porterà nel tranquillo rione ai piedi del santuario di San Luca una insolita animazione notturna.dettagli
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1887Restauro del portico di San LucaTra il 1887 e il 1888 è effettuato, per opera di cittadini privati, il primo restauro generale del portico di San Luca, nel tratto tra il Meloncello e la basilica. La pavimentazione originale è sostituita dalla più duratura “pietra di Luserna”, una roccia proveniente dal Piemonte, molto adatta ad essere ridotta in lastre. Gli stessi portici sono interamente restaurati. Il tratto da Porta Saragozza al Meloncello sarà oggetto di lavori di restauro attorno al 1903. In particolare sarà sostituito l'antico, scomodo selciato fatto con sassi del Reno. La zona diventerà una delle preferite per le passeggiate fuori dalle mura e sarà chiamata "la Nizza di Bologna". La posa della prima pietra del lungo portico di San Luca, diviso in 666 archi, che conduce senza interruzioni da Porta Saragozza al Colle della Guardia, avvenne il 28 giugno 1674, all'altezza di via degli Orbi (poi via Turati). Tra i donatori iniziali figuravano società di arti e mestieri, confraternite, comunità del contado, nobili, ma anche commedianti e servitori.dettagli
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agosto 1887Il restauro del palazzo dei BanchiIn previsione dell'Esposizione Emiliana è avviato il restauro del palazzo dei Banchi, che chiude piazza Maggiore ad est ed è così chiamato per la presenza, nei tempi antichi, delle botteghe dei banchieri e dei cambiavalute. Sotto il palazzo si aprono le “buche”, grandi magazzini sotterranei di stoviglie e sotto il portico, detto "delle fioraie", vi sono rivendite di limoni e - appunto - di fiori, ma anche piccoli negozi di filo e cordelle. La facciata dell'antica fabbrica di Jacopo Barozzi da Vignola (sec. XVI) appare gravemente degradata nelle parti in arenaria. La superficie muraria presenta parti intonacate e parti con mattoni a vista, con sgradevole effetto visivo. Molte delle finestre originali sono state tamponate. Un primo progetto di restauro, a cura dell'ing. Lugli, risale al 1878, ma solo con l'occasione dell'VIII Centenario e dell'Esposizione l'intervento si concreta. Iniziato nell'agosto 1887 il lavoro sarà completato nel luglio 1888 a cura dell'Ufficio Tecnico del Comune. Il palazzo dei Banchi diverrà il fondale della statua equestre di Vittorio Emanuele II, collocata quell'anno al centro di piazza Maggiore.dettagli
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maggio 1888Il café chantantIl parigino café chantant, spettacolo “fatto di musica e donnine”, sbarca a Bologna durante l'Esposizione Emiliana, con un grande fabbricato a forma di ottagono. La versione nostrana si chiama “teatro delle varietà”. Vi si beve birra o vermouth e - per le tasche più fornite - è riservato lo champagne. Nonostante la presenza di avvenenti soubrette, il pubblico non è sempre numeroso, tanto che i due impresari del varietà, Alfonso Wilczek e Ottone Hoffmeister, lasceranno l'impresa ad altri. Il café chantant si trasferirà in seguito nelle birrerie all'aperto e nelle arene estive della periferia. Il caffettiere Hoffmeister ha aperto a Bologna una birreria sotto il portico della Morte, frequentata da studenti e professori tedeschi e anche da scrittori come Olindo Guerrini, alias Lorenzo Stecchetti. Sua è l'esortazione rivolta all' "immortale rotondissimo Ottone": "mesca birra non spuma". Hoffmeister sarà il primo ad impiegare giovani donne, chiamate kellerine, come cameriere ai tavoli. I café chantant saranno molto numerosi durante la Belle Epoque: i principali saranno il Caffè Genesini, che attirerà "il fleur fleur della cittadinanza, la jeunesse dorée di Bologna", il Salone Margherita e la Birreria Ronzani.dettagli
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agosto 1888Rinnovata l'Arena del SoleL'Arena del Sole, chiusa dal 1887, riapre in agosto con due grosse novità: la luce elettrica e una facciata appena costruita sulla via "direttissima" della stazione, a cura dell'ing. Gaetano Rubbi. E' anche cambiata la proprietà: per disposizione testamentaria di Carlotta Mancini, vedova di Petronio Carletti, il teatro è passato all'Ospizio di San Giuseppe e i "vecchioni" del ricovero hanno l'ingresso gratuito agli spettacoli. Edificata nel 1810 come teatro popolare all'aperto, sul luogo dell'ex convento di Santa Maria della Maddalena, l'Arena offre spettacoli diurni, che spesso vedono il tutto esaurito. Vi assistono, con grande partecipazione emotiva, i rappresentanti del popolo minuto, soprattutto i facchini (buli), le lavandaie (bule) dei borghi attorno al canale di Reno o le giovani "tabacchine" (operaie della vicina manifattura tabacchi) vestite di nero. La particolarità del pubblico dell'Arena è ben illustrata da Alfredo Testoni: fischi e applausi non dipendono quasi mai dalla qualità della recitazione, ma più dal ruolo degli attori. Si parteggia apertamente per le vittime e si fischiano (o peggio ancora si minacciano) i cattivi. “Il pubblico dell’Arena è di quelli che non discute: o accetta o fischia: sul suo conto delle illusioni non si possono fare. Ed è così per l’autore come per l’attore”. I pareri si dividono rumorosamente e su una sola cosa gli spettatori vanno tutti d'accordo: "fumare il zigaro divorando ... brustulein salà (semi di zucca salati)". La fama dell'Arena è legata soprattutto alle "stagioni" estive, alle quali partecipano le principali compagnie nazionali di prosa. Molto frequentato, nelle ore serali e notturne, dopo le recite, è anche il Caffè dell'Arena, che dispone i suoi tavoli "in lunga distesa" all'aperto, nella piazza antistante il teatro. Il nuovo fronte del teatro ha due ali simmetriche in funzione prettamente decorativa. La facciata porticata è adornata da decorazioni in cemento. In cemento è anche il fastigio con statue di Alfredo Neri rappresentanti al centro la figura alata di Apollo, con ai lati la Poesia a sinistra e la Tragedia a destra. La scritta del fregio sopra le arcate del portico “luogo dato agli spettacoli diurni”, attribuita a Pietro Giordani (1774-1848), vuole indicare la peculiarità di questo palcoscenico, anche se a queste date è già iniziata una saltuaria programmazione serale. Prima della seconda guerra mondiale il teatro avrà una copertura metallica fissa e sarà adibito soprattutto a sala cinematografica.dettagli
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1889La Società di CremazioneUn gruppo di liberi pensatori, affiliati alla massoneria, fonda la Società bolognese per la cremazione dei cadaveri. La pratica è da poco prevista, come misura di igiene pubblica, da una legge voluta dal governo Crispi. Per i massoni la cremazione è anche una scelta polemica contro la cultura cattolica, che considera l'inumazione come modalità esclusiva di seppellimento dei defunti. Nel 1889 entra in funzione un'Ara Crematoria della Certosa. La sua concessione ha costituito un motivo di contrasto, non solo tra laici e cattolici, ma all'interno stesso del mondo liberale. Contro di essa si sono espressi personaggi come Giuseppe Grabinski e l'ing. Ceri, che ha addirittura promosso petizioni, definendo la cremazione, usanza "degli antichi pagani" e "contraria ai dettami della scienza". In passato la Loggia "Rizzoli" ha chiesto al Municipio "la concessione di un'area di terreno del Cimitero comunale, in campo aperto, onde ridurlo a cimitero massonico". In seguito ha chiesto l'assegnazione di un arco di portico da dipingere con simboli massonici, in memoria dei Fratelli defunti. Nessuna delle due proposte ha, tuttavia, avuto seguito.dettagli
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1892Invertita la facciata della chiesa di San BenedettoIn occasione dei lavori di completamento di via Indipendenza viene modificato il prospetto della chiesa di San Benedetto, retta un tempo dai Padri Minimi di San Francesco di Paola. L'antica facciata è ruotata di 180 gradi: prima era infatti su via Galliera. Nella nuova versione essa è dotata di un portico, voluto dalla Commissione Consultiva Edilizia per non interrompere la continuità della strada appena edificata. Il convento, dopo il 1798, servì come caserma e ospedale militare. Nel 1809 il dormitorio fu demolito per allargare il vicino giardino della Montagnola.dettagli
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1892Restauro della Casa Stagni in Canton dé FioriPer opera di Augusto Sezanne (1856-1935) viene restaurata la Casa Stagni (già Scappi, sec. XV) in Canton dé Fiori, all'incrocio tra la piazza del Nettuno e la nuova via Indipendenza (in cui fino al Settecento si faceva, appunto, mercato di fiori). Rimane pressoché intatto il portico - gli affreschi, presto sbiaditi, sono sempre di Sezanne - dove era l'antico Caffè degli Stelloni, mentre è rifatta completamente la parte superiore, con decorazioni a fogliami e fiori parlanti dipinti da Achille Casanova (1861-1948) "secondo i gusti poetici degli antichi decoratori del Quattrocento". Sotto il portico saranno installati nuovi fanali a gas più luminosi dei precedenti, “un superamento del becco Auer in attesa della luce elettrica”. E' l'esordio del liberty in città. Alfonso Rubbiani definisce Casa Stagni la prima dimora borghese "pittoresca" a Bologna. Secondo lui, i palazzi di via Indipendenza, destinati a inquilini piccolo-borghesi, avrebbero dovuto conformarsi a questo stile libero e inventivo, moderno ed eclettico, piuttosto che agli esempi accademici "vestiti con ordini" e derivati dai trattati del Vignola o del Bramante. Pittore e decoratore di estrazione accademica, Sezanne sarà insegnante di ornato a Bologna e a Venezia. Membro di Aemilia Ars, disegnerà illustrazioni di libri e manifesti pubblicitari. Oltre a Casa Stagni, realizzerà la decorazione della sala consiliare di Rovereto e la palazzina Majani in via Indipendenza.dettagli
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28 giugno 1896La scalinata del Pincio e il giardino della MontagnolaIl re Umberto I e la regina Margherita inaugurano, alla presenza di una folla incontenibile, la scenografica scalinata di accesso alla Montagnola, progettata da Tito Azzolini (1837-1907) e Attilio Muggia (1850-1936). Iniziati nel 1893 per impulso del sindaco Dallolio, i lavori sono proseguiti per tre anni senza interruzione, impiegando in media 100-150 operai al giorno. La terra scavata è servita a colmare le fosse della cerchia muraria, tra porta S. Isaia e porta Lame. Nel suo complesso il “Pincetto” - così detto da chi ha invano avversato il costoso impegno comunale - si compone di tre parti: le scalee, il portico su via Indipendenza e il porticato lungo le mura. Il corpo centrale è formato da due fronti sovrapposti, con in cima una terrazza panoramica accessibile da scalee laterali. Il fronte principale è decorato da due bassorilievi: Bologna docet di Arturo Colombarini e Bologna Libertas di Ettore Sabbioni. Al centro una fontana, eseguita da Diego Sarti (1859-1914) e Pietro Veronesi, su disegno di Muggia e Azzolini, rappresenta una ninfa assalita da una piovra. Sarà chiamata volgarmente "la moglie del Gigante", cioè del Nettuno, e Giosue Carducci le dedicherà un famoso sonetto. Sul secondo fronte, che sostiene il giardino, sono altri tre bassorilievi, con temi storici legati al luogo: Il ritorno dalla vittoria della Fossalta di Pietro Veronesi, La cacciata degli Austriaci di Tullo Golfarelli (1852-1928) - con la "santa canaglia", che "si getta a corsa contro i fucili spianati dagl'invasori della Patria" (Pascoli) - e La distruzione della rocca di Galliera di Arturo Orsoni. In fondo al passaggio su via Galliera sarà costruito, tre anni dopo, il palazzo Maccaferri, sede del café chantant Eden. La scalinata è corredata di 72 candelabri in ghisa a sei o quattro lampioni. Le gradinate sono unite ai parapetti da bordi di marmo, che spesso saranno usati dai marmocchi come scivoli (sblisgàn). Il giardino della Montagnola è trasformato in senso più aristocratico. Al centro è collocata la grande fontana, corredata di cinque gruppi di statue con animali e sirene, già utilizzata per l'Esposizione emiliana del 1888. Nella ricostruzione del 1896 viene in parte stravolto il disegno originale di Diego Sarti: la vasca non è più a forma di ellisse, ma rotonda e il bordo non è più rilevato e ondulato. I gruppi plastici sono allontanati dal perimetro del bacino e scollegati tra loro. Le tartarughe, in origine arrampicate sul bordo, sono riunite attorno al getto d'acqua centrale. In un riadattamento successivo saranno ridotte da quattro a tre. In occasione dell’inaugurazione del Pincio, la Società ginnastica Virtus organizza una grande Festa popolare in piazza VIII Agosto. Per la prima volta è presentato lo sport di squadra di origine tedesca della “palla vibrata”.dettagli
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1899I nuovi palazzi Giordani e MaccaferriAlla conclusione di via Indipendenza, presso Porta Galliera, sono edificati i palazzi Giordani e Maccaferri. Il primo è opera dell'ing. Giuseppe Ceri (1839-1925) e ospiterà il caffè teatro Verdi; il secondo, progettato da Attilio Muggia (1861-1936) lungo il portico della Montagnola, conterrà al suo interno l'Eden Kursaal, primo café-chantant a Bologna. Entrambi gli edifici mostrano uno stile costruttivo neorinascimentale, di genere aulico e borghese. Nel 1896, durante lo scavo delle fondamenta di Palazzo Giordani, sono stati rinvenuti resti della Rocca di porta Galliera, che anticamente occupava una vasta area a ridosso delle mura cittadine e che fu per cinque volte atterrata dai bolognesi tra il XIV e il XVI secolo.dettagli
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1900Marcello Dudovich e i manifesti delle Feste di PrimaveraIl giovane cartellonista Marcello Dudovich (1868-1962), da poco a Bologna come dipendente dello stabilimento tipografico di Edmondo Chappuis, vince il concorso della Società per il Risveglio cittadino per il manifesto delle Feste di Primavera bolognesi. Senza falsa modestia commenterà: "I manifesti erano molti, e benché tutti di bolognesi nessuno esprimeva artisticamente né il concetto né Bologna. Fra tutti questi 15 cartelloni, il mio - simile a stella solitaria e luminosa in una notte buia - irradiava". Il successo in questo concorso si ripeterà negli anni successivi. L'artista triestino rimarrà in città fino al 1905, frequentando l'ambiente scapigliato e goliardico degli studenti universitari e lasciando, con il suo estro grafico, una viva testimonianza della belle époque petroniana. "Bologna era bella e gaudente" - dirà poi - "si faceva un gran passeggiare sotto i portici del Pavaglione e alla Montagnola. I goliardi erano i miei amici ed erano i padroni della città. Conobbi (tutti erano alla mano allora) Carducci, Oriani, Stecchetti, Panzacchi, Respighi, Murri, Federzoni, Lipparini. Conobbi anche colei che molti anni dopo doveva diventare mia moglie". Elisa Bucchi, una bella ragazza "bruna e sottile", sarà il suo soggetto preferito: "Nei miei disegni di donna ho sempre ritratto lei, la sua figura elegante, il suo naso leggermente aquilino, il portamento fiero della sua testa". Saranno famose le sue illustrazioni per il periodico umoristico "Italia ride", uscito nei primi mesi del 1900 e giudicato tra i giornali più interessanti del periodo liberty. I suoi manifesti per Chappuis conterranno sempre “frammenti ottimali di gioia vitalistica (e ovviamente consumistica), sottolineata dall'uso di colori chiari e luminosi” (Storelli). Il rapporto fruttuoso con l'editore alla fine, però, si logorerà, tanto che "l'esile, biondo, pallidissimo giovine" vivrà come una liberazione l'opportunità di un incarico per l'editore genovese Armanino. Dopo l'esperienza nel capoluogo emiliano si affermerà come uno dei grandi grafici pubblicitari italiani.dettagli
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8 agosto 1902Nuova facciata dell'Ospedale MaggioreViene solennemente inaugurata la nuova facciata con portico dell'Ospedale Maggiore in via Riva Reno. L'opera di Leonida Bertolazzi (1852-1913), ingegnere dell'Amministrazione degli Ospedali bolognesi, è stata realizzata grazie al lascito del tipografo Raffaele Mareggiani. Sulla facciata, in severo stile toscano, spicca il bassorilievo dello scultore cesenate Tullo Golfarelli (1852-1928), raffigurante la Madonna che soccorre gli infermi. Dopo la distruzione dell'ospedale, durante la seconda guerra mondiale, la lunetta sarà recuperata presso il nuovo Maggiore ai Prati di Caprara. Tra il 1900 e il 1904 l'ospedale ospita uno dei primi reparti in Italia per l'isolamento dei malati di tubercolosi, trasferito alcuni anni dopo nel nuovo sanatorio Bellaria sulle colline di San Lazzaro di Savena, donato dal marchese Carlo Alberto Pizzardi (1850-1922).dettagli
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1903Rubbiani restaura vari edifici pubblici e privatiAlfonso Rubbiani fa eseguire restauri in stile nella casa Ricci-Curbastro in via San Vitale e in un altro edificio in via Begatto. Nel 1904 interviene sulle case Tacconi in piazza Santo Stefano. Nel 1905 sarà oggetto dei suoi interventi e del Comitato per Bologna Storica e Artistica soprattutto la zona di via San Donato, con il restauro delle Scuderie dei Bentivoglio e l'abbattimento del portico nella piazza del Teatro, a liberare un tratto della cerchia muraria del Mille. Nella chiesa del Corpus Domini intanto, Rubbiani, assieme all'Azzolini, fa rimodellare le terracotte rovinate della facciata. Dal 1906, mentre sono iniziati i lavori più importanti in palazzo Re Enzo, il restauratore opera in varie dimore private: casa Bertoni in via Galliera, casa Belluzzi in via Santo Stefano, le case Zorzi e Gioannetti in Strada Maggiore. Quest'ultima verrà dotata di una vistosa merlatura in stile, del tutto ipotetica.dettagli
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1903Restauro dell'antico orfanotrofio di San LeonardoLa casa dell'ex Orfanotrofio San Leonardo, in via Begatto n. 7, è restaurata a cura dell'ing. Leonida Bertolazzi (1852-1913). L'edificio, uno dei più antichi fabbricati della città, risalente al XIV secolo, poggia su un forte pilastro angolare di laterizio e ha un portico architravato in legno, caratteristico di altre dimore medievali bolognesi. Il portone d'ingresso a tutto sesto è incorniciato con una ghiera di cotto di bella fattura. Era sede di uno degli istituti dell'Opera dei Mendicanti, che si occupava, con il sostegno dei legati, di accoglienza ai poveri e agli orfani, in un'epoca - la seconda metà del XVI secolo - di grande miseria e delinquenza, conseguenti a gravi carestie e epidemie.dettagli
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1903Rifacimento del pavimento del portico di via SaragozzaPromosso dalla Fabbriceria del Santuario della Madonna di San Luca viene rifatto il pavimento del portico da porta Saragozza al Meloncello. Le spese vengono suddivise tra la Pia Unione per il restauro dei portici e i “possessori delle case soprastanti e contigue”.dettagli
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4 aprile 1904Lorenzo Coliva e il Teatro Nuovo di MirandolaL'ingegnere bolognese Lorenzo Coliva riceve l'incarico di progettare un nuovo teatro sociale a Mirandola (MO). Egli è ritenuto adatto dalla commissione esecutrice, avendo già curato la ristrutturazione di due importanti teatri bolognesi: il Teatro del Corso e il Teatro Duse (In seguito opererà anche in altre città italiane, come Verona e Pavia). I lavori iniziano il 4 aprile. Coliva, coadiuvato dall’ing. Vischi di Mirandola, sceglie di rifarsi al modello del Teatro Storchi di Modena, costruito nel 1895 da Vincenzo Maestri. Sulla facciata sistema un portico sorretto da pilastri e al primo piano una vasta terrazza. Due corpi laterali avanzati, ricchi di finestre, sono fatti proseguire sui fianchi dell'edificio. I lavoratori procederanno molto velocemente e l’edificio sarà completato a tempo di record. Nonostante ciò riuscirà “conforme alle buone regole dell’arte”. L'interno è a ferro di cavallo con due ordini di palchi e due gallerie. Le balconate sono decorate con motivi decorativi neo-rinascimentali, secondo lo stile in voga. Sul soffitto sono dipinte cinque figure femminili danzanti. Al centro è collocato un grande lampadario a gocce di vetro. Il Teatro Nuovo sarà gravemente danneggiato dal terremoto del 2012. Nel 2019 il recupero verrà commissionato a un'associazione di imprese.dettagli
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giugno 1904Le cassette della Società Dante AlighieriLa Società Dante Alighieri, sorta nel 1889 per iniziativa di un gruppo di intellettuali raccolti attorno a Giosue Carducci, si definisce “il vincolo migliore tra la Patria e i connazionali che vivono oltre i confini”. Tra le sue attività vi è la fondazione e il sostegno di scuole, educatori, ospedali, periodici a stampa per gli italiani all'estero. I soci pagano 6 lire all'anno. La sede del comitato bolognese è in via D'Azeglio n. 35. Nel giugno 1904 il Consiglio Direttivo decide di collocare in alcune vie della città speciali cassette in ghisa per la raccolta di “libri e giornali (senza bisogno di francatura o indirizzo) per gli operai nostri fuori d'Italia”. Prodotte dall'officina Cuppi e Piazzi, su progetto dello scultore Romagnoli, esse riportano tutte l'emblema della Società, disegnato dal prof. Mario Dagnini. Il Municipio concede di murarne una sotto il portico del Teatro Comunale e una nel Pavaglione. Una terza viene posta sulla colonna d'angolo del Bar Centrale e un'altra all'imbocco di via San Felice.dettagli
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1906La casa commerciale BarilliSu progetto dell'architetto Leonida Bertolazzi (1852-1913) è costruita una elegante palazzina in stile liberty, raro esempio di inserimento modernista nel tessuto del centro storico. L'edificio, commissionato da Arturo Barilli e realizzato entro il 1907 dall'impresa Nicoletti, è collocato, non a caso, nella centralissima via Rizzoli, l'antico Mercato di Mezzo, allargato in questo periodo con destinazione prettamente commercale. Ospiterà, infatti, il negozio “Barilli Specialità per corredi”, il primo grande magazzino aperto a Bologna. Distribuito su quattro piani, scanditi da alte lesene e caratterizzati da archi ribassati, avrà un vasto fronte espositivo, garantito dalla “soluzione d'angolo” della facciata. La connotazione commerciale sarà affidata anche ad alcuni degli ornamenti inseriti da Aristide Zannini, in particolare la testa alata di Mercurio sulla cornice del secondo piano. La casa commerciale Barilli sarà sede, per un certo periodo, della Rinascente dei fratelli milanesi Bocconi. In precedenza essi avevano un negozio sotto il portico del Pavaglione, in posizione prestigiosa, ma con un ambiente meno adatto alla nuova tipologia commerciale del grande magazzino su più piani.dettagli
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1907Il restauro di Palazzo Sanuti BevilacquaIl magnifico palazzo Sanuti Bevilacqua in via San Mamolo (poi via D'Azeglio) è restaurato tra il 1907 e il 1908 a cura di Alfonso Rubbiani (1848-1913). Fu fatto costruire nel XV secolo da Nicolò Sanuti, conte della Porretta, sgomberando l'area di vecchi edifici e seguendo in parte lo stile toscano introdotto a Bologna da Lapo Portigiani. Dal 1547, per volere di papa Paolo III, ospitò alcune sedute del Concilio di Trento e fu scelto nel periodo napoleonico come sede provvisoria del parlamento della Cispadana. Ha una caratteristica facciata con tasselli a punta di diamante, tra i quali si apre un portone sormontato da un balconcino, “cinto da una ringhiera di ferro battuto lieve come una trina” (U. Beseghi). La corte a doppio loggiato, con colonne scanalate e fregi che richiamano il portico bentivolesco di San Giacomo, venne edificata, dopo la morte di Nicolò Sanuti, dalla moglie Nicolosia, amante di Sante Bentivoglio. L'intervento di Rubbiani dona alle sale del palazzo “la stessa nobiltà impressa dal primo costruttore” e ridà vita e splendore alla corte, di cui vengono ripristinati gli archi e rifatto il ricco soffitto a cassettoni della loggia. Per quest'ultimo intervento i pittori Achille Casanova e Alfredo Tartarini utilizzano i resti della decorazione originale.dettagli
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1907La pasticceria GamberiniGiuseppe Gamberini apre una pasticceria sotto il portico di via Ugo Bassi, nei pressi dell'Hotel Brun e del Mercato delle Erbe. Sarà presto uno dei locali più frequentati e amati della città, con una clientela molto varia. Il profumo delle sue brioches riempirà le strade intorno e sul retro del negozio si formeranno lunghe code di avventori in attesa della prima sfornata. Dal 2005 la gestione passerà alla CMC srl. L'anno seguente la pasticceria Gamberini 1907 entrerà a far parte dell'associazione “Locali Storici d’Italia”.dettagli
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1907Restauro di Palazzo GrassiIniziano i lavori di restauro di Palazzo Grassi, risalente al XIII secolo, secondo il progetto di Tito Azzolini (1837-1907), direttore dell'Ufficio regionale per la Conservazione dei Monumenti. Nel 1897 il Genio militare ha consegnato l'edificio allo stesso Ufficio, diretto allora da Raffaele Faccioli (1836-1914). Esso conservava ancora intero, pur in precarie condizioni, l'antico portico di legno. Contrario alla demolizione, Faccioli aveva presentato un progetto di conservazione integrale, giudicato però troppo oneroso. Il programma dei lavori di Azzolini prevede l’abbattimento della parte pericolante del portico a destra dell'ingresso, lasciando al posto di esso uno spazio scoperto. Una parte del portico e alcune delle finestre a sesto acuto, rimarranno comunque a testimoniare l‘architettura della Bologna medievale. Nel corso del Novecento il palazzo ospiterà il Circolo Ufficiali dell’Esercito.dettagli
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7 febbraio 1907L'Opera dei Ricreatori Popolari Cattolici di don MariottiIl 7 febbraio un decreto del cardinale Domenico Svampa approva lo statuto dell'Opera dei Ricreatori Maschili Popolari Cattolici, promossa da don Raffaele Mariotti insieme ad altri sacerdoti della diocesi. I ricreatori, che hanno come fine raccogliere “i giovani figli del popolo, togliendoli dai pericoli della via e dalle male e funeste compagnie”, si ispirano in parte al modello delle Scuole notturne di don Bedetti. Nel 1890 don Mariotti, allora cappellano di Santa Maria Maddalena, desideroso di offrire qualche passatempo buono e utile ai giovani operai al termine della loro faticosa giornata di lavoro, organizzò le prime attività sotto il portico di via Zamboni. Qui faceva divertire i ragazzi con passeggiate, spettacoli di burattini e tombole. Dava loro anche un po' d'istruzione e dottrina e li incoraggiava al bene. Dopo averli ospitati per un periodo in Santa Maddalena, ottenne dal Priore la sede della Compagnia del Santissimo Sacramento. Qui crebbe il nucleo della sua opera e i giovani più affezionati ne divennnero la Sezione Anziani. Con l'aiuto di alcuni benefattori don Raffaele acquistò un prato in via Vezza per i giochi all'aperto e le attività sportive e nel 1893 un immobile in via Mascarella. Altri ricreatori sorsero in vari rioni cittadini: nei primi mesi del 1894, con l'aiuto di don Ignazio dell'Eva, cappellano di S. Isaia, fu avviato quello della zona Saragozza, che portò poi all'acquisizione di una casa con cortile in via Frassinago 24. Qui nascerà la Salus e il bel campo da calcio, che sarà della Fortitudo. Il terzo ricreatorio fu inaugurato in Santo Stafano nell'autunno 1899, il quarto nel 1902 in via San Felice. Da allora "il grido lieto" dei ragazzi si innalzò davvero "ai quattro canti della città". Per la sua straordinaria attività nell’ambito dei ricreatori popolari nel 1900 don Mariotti fu oggetto di “furenti attacchi” da parte della “Gazzetta dell’Emilia”. Nel seno dell'Opera dei Ricreatori iniziò ad agire, dal 1901, anche la Società Ginnastica Fortitudo.dettagli
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18 ottobre 1907Le Corbusier a BolognaCharles Edouard Jeanneret (1887-1965) - che sarà conosciuto come Le Corbusier, grande architetto e urbanista - giunge il 18 ottobre a Bologna. Dall‘inizio di settembre sta compiendo un viaggio di studio in Italia, che ha toccato Firenze, Pisa e Siena. E’ una sorta di spedizione nelle città - viste romanticamente come organismi “brutali” - fatta “per imparare, per vivere, per cercare il punto in cui agganciare le energie avide di produrre”, condotta con pochi soldi e “senza nessun appoggio, tranne se stesso”. Quella a Bologna dovrebbe essere una breve tappa prima di Venezia. Diviene invece una sosta di quasi una settimana. E‘ un soggiorno “pieno di curiose dimenticanze”: i portici, le torri, i palazzi barocchi non attirano il giovane in modo particolare. Il primo giorno in San Petronio assiste all'ingresso del raggio del sole nel foro della meridiana di Cassini, spettacolo per lui completamente insolito. Nei giorni seguenti visita chiese e musei. Lo schema vario e articolato di Santo Stefano avrà influenza sulla sua concezione architettonica. . Con l'amico e compagno di viaggio Léon Perrin va al museo archeologico, dove ammira i reperti etruschi appena rinvenuti nella campagna di scavo dei giardini Margherita. La sosta bolognese termina con una gita in treno verso Porretta, forse per visitare l'area archeologica di Marzabotto.dettagli
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1908Nuova facciata dell'Ospedale Sant'OrsolaE' demolito il portico seicentesco e costruita una nuova facciata dell'Ospedale Sant'Orsola su viale Ercolani. Accanto all’accesso è costruito un nuovo padiglione.dettagli
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1909Rubbiani restaura la facciata della basilica di San DomenicoSeguendo il progetto dell’arch. Raffaele Faccioli del 1894, Alfonso Rubbiani avvia il restauro della facciata di San Domenico, già “mutilata” nel 1874 con l'abbattimento del portico antistante (Dotti, 1756). Ottenuta l'approvazione del nuovo Ufficio Regionale della Soprintendenza ai Monumenti dell'Emilia, completa il rosone centrale a colonnette binate di marmo veronese, aggiunge la cuspide, mette in luce la cornice ad archetti e integra le parti mancanti del portale. Inoltre fa abbassare il tetto della navata centrale sopraelevato nel XVIII secolo. L’anno successivo verrà restaurata anche la Cappella Ghisilardi, aggiunta da Baldassarre Peruzzi (1481-1536) al corpo principale della chiesa in epoca rinascimentale.dettagli
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18 ottobre 1909Muore Alfredo OrianiIl 18 ottobre muore Alfredo Oriani (1852-1909), letterato scontroso e taciturno, pioniere dei viaggi in bicicletta, giornalista più che altro per necessità. Visse a Bologna in gioventù, allievo del Collegio dei Barnabiti e poi praticante in un uno studio legale. La città ritorna spesso nei suoi ricordi. Dopo la laurea in giurisprudenza si ritirò nella casa paterna del Cardello, a poca distanza dal paese di Casola Valsenio (RA), dove scrisse in grande solitudine le sue opere: romanzi, racconti, saggi critici, scritti politici. La sua vasta produzione letteraria, nella quale “si confondono insieme l'artista e il pensatore, il mistico e lo storico, l'esteta e il crudo verista” (Russo) fu regolarmente osteggiata o ignorata dalla critica. Oriani era un uomo tormentato, ma ricco di umanità e passione, da molti giudicato un personaggio eccentrico e affascinante. Da Casola raggiungeva Bologna in treno o con l'amata bicicletta. I suoi commenti severi si udivano al Caffè delle Scienze o al San Pietro. Attorniato da giovani amici, che lui chiamava "gli scolari del caffè" - Goffredo Bellonci, Lorenzo Ruggi, Luigi Federzoni e altri - muoveva critiche spietate al mondo borghese, "con una conversazione eloquente, serrata", che continuava, chiusi i caffé, sotto i portici e durava spesso fino all'alba. Furono i suoi articoli spregiudicati, assieme ai più rari interventi di Carducci, a determinare il successo e la statura del primo "Resto del Carlino". La vera fama lo raggiungerà solo dopo la morte, con opere quali La lotta politica in Italia e La rivolta ideale. Sarà allora considerato un precursore del nazionalismo e del fascismo e i suoi scritti saranno pubblicati dall'editore Cappelli a cura di Benito Mussolini. In occasione del cinquantesimo anniversario della sua scomparsa, il Comune di Casola Valsenio gli dedicherà un monumento, opera dello scultore Angelo Biancini.dettagli
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1911Trasferimento della Birreria RonzaniIn vista delle incombenti demolizioni nel Mercato di Mezzo, la Birreria Ronzani annuncia il suo trasferimento sotto il portico dei Musei (o Portico della Morte). La mescita ufficiale della fabbrica di birra di Camillo Ronzani è nell'antico palazzo Lambertini tra via Spaderie e via Orefici, costruito nel XVI secolo su progetto di Baldassarre Peruzzi (1481-1536). Nelle ore diurne - e soprattutto nei giorni di mercato - il locale è frequentato da uomini di campagna. Alla sera ospita a volte le riunioni della Accademia della Lira. Vi si accede attraverso un loggiato, che fiancheggia il cortile interno, utilizzato d'estate con tavoli e sedie ombreggiati da teloni. Nelle grandi sale della birreria, decorate a tempera, con ampie vetrate e lampadari in ferro battuto, graziose kellerine (cameriere) servono boccali con coperchio alla tedesca, contribuendo a dare al luogo un'aria nordeuropea. Sono diversi gli alberghi e i locali del centro destinati a scomparire con l'allargamento di via Rizzoli, assieme ad antiche stradine: ad esempio l'Albergo Commercio, che si trova anch'esso in palazzo Lambertini, con facciata su via Orefici, o la Trattoria Romagnola, in vicolo Tosapecore.dettagli
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13 maggio 1912Il "fittone" delle Spaderie trasloca in via ZamboniIl “fittone”, cioè il paracarro collocato in via Spaderie e considerato dalla goliardia un mitico simbolo fallico, è trasferito all'inizio del portico di palazzo Poggi in via Zamboni. Fu collocato nel 1870 dal sindaco Casarini per evitare il passaggio di carri e carrozze nell'angusta viuzza, che immetteva nel rione del mercato. Portato su una barella da due pompieri, il cosiddetto “palo del sindaco” (o goliardicamente “usèl dal séndic”) è accolto da una folla di studenti universitari, con tanto di banda e bandiere. Su un numero unico commemorativo, i goliardi decretano al fittone rimosso un nuovo nome di battesimo: Perché stava nel cuor della cittàLo si nomò dal cittadin maggioreOra ch'è accanto all'UniversitàLo chiameremo il ... palo del Rettore. La piccola ma animatissima via Spaderie, che collegava il portico del Pavaglione con il Mercato di Mezzo, scomparirà durante i lavori di allargamento di via Rizzoli. Assieme ad essa chiuderà la tabaccheria all'angolo, che offriva ai clienti - come altre a Bologna - un tubo di gomma con una fiammella a gas, con la quale era possibile accendersi liberamente il sigaro senza usare fiammiferi.dettagli
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1913Il Compartimento ferroviario di Bologna a Palazzo PizzardiEntra in funzione il Compartimento ferroviario di Bologna. E’ formato sottraendo linee e stazioni a quelli di Firenze, Ancona e Genova. La sede direzionale è collocata a Palazzo Legnani-Pizzardi, un grande edificio all'angolo tra via Farini e via San Mamolo risalente al XVI secolo, appartenuto nell'800 al marchese Luigi Pizzardi, primo sindaco di Bologna dopo l'Unità. Il palazzo è stato ristrutturato nel 1870 dall'ingegner Antonio Zannoni, che ha innalzato la nuova facciata su via Farini e costruito il portico, prima inesistente. Venduto nel 1885 alla Società Italiana per le Strade Ferrate Meridionali, da allora per i bolognesi è semplicemente "il palazzo delle Ferrovie".dettagli
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1913“Mezza barba” a Palazzo GrassiTermina il restauro dell‘antico Palazzo Grassi (XIII sec.) dall’alto portico in legno, situato in via Marsala - un tempo via Larga di San Martino. Nella circostanza viene demolita la parte destra del portico, che risulta pericolante. Secondo Corrado Ricci, al palazzo viene fatta “una mezza barba”.dettagli
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3 novembre 1918Si festeggia la Vittoria. Contestato il SindacoAppena giunta la notizia della liberazione di Trento e Trieste, nel pomeriggio del 3 novembre, gli interventisti del gruppo “Pro Patria” invadono Palazzo d'Accursio. Dal balcone su piazza Maggiore tengono discorsi Eugenio Jacchia e il professore Luigi Silvagni. Alla sera il sindaco Zanardi, mentre tenta assieme al generale Segato di dare la notizia ufficiale della vittoria, è vivacemente contestato al grido di "Tedesco!" e "Venduto!". I nazionalisti si recano in colonna al monumento di Garibaldi, dove proclamano l'obiettivo di cacciare i socialisti dal municipio. Il 4 novembre tutti i bolognesi scendono per le strade. Vi sono generali manifestazioni di giubilo. Nel pomeriggio il giovane Pietro Nenni, repubblicano ed ex combattente, arringa gli studenti in piazza Maggiore. La sera, quando Zanardi prende la parola, gli interventisti se ne vanno al grido di "Abbasso gli austriaci d'Italia!" e tengono un duro comizio antisocialista in via Indipendenza. "Il Giornale del Mattino" denuncia che Zanardi "non sente la passione, il tormento, la gloria di essere italiano" e ne chiede le dimissioni. Il 5 novembre i sindacati organizzano una manifestazione per la fine della guerra, con la sospensione del lavoro per alcune ore. La polizia interviene contro un assembramento davanti a una sartoria militare in via Falegnami: la proprietaria, contessa Isolani, non ha concesso lo sciopero alle sue lavoranti. Per rappresaglia contro la "ragazzaglia socialista" i nazionalisti, guidati dal tenente degli Arditi Dino Zanetti, tentano di dare l'assalto alla Camera del Lavoro di via Cavaliera, definita "Camera dell'Ozio", dove Zanardi sta parlando davanti a un migliaio di persone. Gli scontri tra socialisti e manifestanti patriottici sono rimandati a poco più tardi in piazza Maggiore, dove la polizia effettua una trentina di arresti. Sotto il portico del Podestà il "farmacista sindaco" - o ancora peggio, il sindacaz - è assalito da un gruppo di nazionalisti e colpito da "pugni solidissimi", prima di essere scortato in municipio da un capitano dei carabinieri (secondo altra versione non si arriva allo scontro fisico). Nel tardo pomeriggio si svolge per le strade del centro una grande manifestazione patriottica, con la presenza di Arditi armati di bombe a mano e "deliberati ad ogni eccesso". Si contesta ancora Zanardi al grido di "Dimissioni, dimissioni". Pietro Nenni, Giulio Giordani e Paolo Meschia tengono infuocati discorsi in via Indipendenza, davanti al monumento a Garibaldi. E' approvato un ordine del giorno, subito fatto proprio dal comitato Pro Patria, in cui si chiede lo scioglimento immediato del Consiglio comunale.dettagli
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7 novembre 1918Ultimo soldato giustiziato al poligono del MeloncelloIl 7 novembre al poligono della Società del Tiro a Segno di Bologna, nei pressi del Meloncello, accanto al portico che conduce alla Certosa, viene giustiziato un soldato di fanteria di 21 anni. Durante la grande guerra questo luogo periferico e appartato, solitamente dedicato al tiro sportivo, è stato scelto dall'autorità militare per l'esecuzione delle condanne a morte dei disertori e dei ladri di materiale bellico.dettagli
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14 gennaio 1921Assalto al treno di pendolari Bologna-BazzanoAppena partito dalla stazione di Bologna un treno della linea Bologna-Bazzano è preso d'assalto a colpi di pistola da una trentina fascisti guidati da Leandro Arpinati e nascosti dietro le colonne del portico. Tra gli operai pendolari, accusati di aver boicottato un ferroviere fascista, si contano due feriti gravi. Cinque squadristi vengono arrestati dai carabinieri di scorta: tra essi Giuseppe Ambrosi, commerciante titolare del negozio Old England nel centro di Bologna.dettagli
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24 gennaio 1921Incendio della Camera del Lavoro e violenze fascisteIl 21 gennaio a Modena, davanti alla trattoria “Il Gallo”, tre fascisti sono affrontati da un gruppo di anarchici, che vogliono vendicare un operaio bastonato poco prima sulla via Emilia. Nella sparatoria che segue, il fascista Mario Ruini rimane ucciso. Il 24 gennaio ai suoi funerali partecipano tutti i fasci e le associazioni combattentistiche emiliane. All'altezza del palazzo delle Poste, il corteo è fatto segno di colpi di pistola e di moschetto da parte di un gruppo di "guardie rosse", sbucato all'improvviso dal portico del Collegio. Si scatena l'inferno: altri colpi piovono dai tetti, le camicie nere non tardano a rispondere al fuoco. Al termine della battaglia si contano due morti tra le file fasciste: Augusto Baccolini da Bologna e Orlando Antonini da Forlì. Tra i feriti c'è anche il ras bolognese Leandro Arpinati. Nella notte fra il 24 e il 25 gennaio, a Bologna, le camicie nere danno l'assalto alla sede della Camera Confederale del Lavoro in via D'Azeglio, incendiano la Cooperativa Tipografica, che stampa il settimanale "La Squilla", saccheggiano la sede dell'Unione Socialista e gli uffici delle leghe. La squadra capeggiata da Dino Grandi impedisce ai vigili del fuoco di spegnere gli incendi. La polizia, pur presente in forze, non interviene. Leandro Arpinati scaccia da Bologna il deputato socialista Luigi Salvadori, impegnato in una indagine sulla violenza politica diffusa in città. Il giorno successivo i fascisti invadono le sedi della Società Operaia e della Federterra in via Cavaliera. Il ministro dell'Interno Giolitti ordina la revoca delle licenze di porto d'armi nelle provincie di Modena, Ferrara e Bologna, provocando una generale levata di scudi. Ad una settimana dal provvedimento il Comitato d'azione contro il disarmo di Bologna constaterà con soddisfazione lo scarso numero delle consegne.dettagli
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1922Il Caffè San Pietro cenacolo artistico e letterarioFerruccio Scandellari cura il restauro del Caffè San Pietro, già decorato nel 1908 da Giovanni Masotti in stile floreale. Il locale, situato in alcune sale al pianterreno di Palazzo Ottani Grandi, in via Indipendenza, è uno degli storici cenacoli bolognesi, famoso per le sue "colazioni alla forchetta", i lunghi divani rossi, le pareti "piene di ceffi e di puttini", un pomposo specchio e "le scelte melodie di un abile concerto". D'estate i tavolini occupano tutta la strada di fronte e accolgono le signore più belle di Bologna. Nell'800 era considerato un covo di liberali contrari al governo pontificio. All'inizio del '900 è diventato ritrovo di artisti e di letterati bolognesi o di passaggio in città: lo frequentano Alfredo Oriani, Dino Campana, Bruno Binazzi, il marchesino poeta Filippo Tibertelli (De Pisis), Leo Longanesi. Secondo il pittore Ferruccio Giacomelli bastano "pochi centimetri di velluto rosso e un bicchiere d'assenzio" per star bene al San Pietro. Nelle sale decorate coi simboli degli elementi (acqua, terra e fuoco) conversano abitualmente Riccardo Bacchelli, il filosofo Galvano Dalla Volpe, Ettore Petrolini; gli amici Giuseppe Raimondi e Giorgio Morandi ne fanno la meta delle loro quotidiane passeggiate sotto i portici del centro. Negli anni Trenta il locale, chiamato anche il Circolo delle Arti, ospiterà spesso giovani artisti e critici quali Nino Bertocchi, Nino Corazza, Lea Colliva, Alessandro Cervellati e gli architetti razionalisti Enrico De Angeli e Giuseppe Vaccaro. Ma il declino sarà inarrestabile: la chiusura definitiva avverrà nel 1944.dettagli
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22 marzo 1922Giornalista del "Carlino" aggredito due volte dai fascistiUlisse Lucchesi, redattore del “Resto del Carlino” e conosciuto per le sue posizioni politiche vicine a D'Annunzio e De Ambris, subisce per due volte l'agguato dei fascisti. In febbraio una squadra capeggiata da Baroncini lo aggredisce dentro al caffè Medica. Il 22 marzo viene gravemente ferito sotto il portico del Pavaglione, assieme al sindacalista ed ex legionario fiumano Duilio Codrignani, da alcuni fascisti guidati da Arconovaldo Bonacorsi. L'opinione pubblica cittadina interpreta l'aggressione a Lucchesi come un vero e proprio attacco alla libertà di stampa.dettagli
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27 maggio 1922L'occupazione squadrista di BolognaA seguito del ferimento del vice-comandante della “Sempre Pronti” Guido Oggioni, reduce da una spedizione punitiva alla Bolognina, e della misteriosa morte nel rione Barca del caposquadra Celestino Cavedoni, i fascisti dichiarano guerra aperta ai loro avversari. Prima di cedere il comando delle squadre a un comitato d'azione segreto, Leandro Arpinati proclama i fascisti “liberi da ogni vincolo di disciplina” nel duro confronto con gli esponenti dei cosiddetti “partiti sovversivi”. Il 26 maggio in città fascisti e nazionalisti inscenano una manifestazione contro il prefetto Mori, accusato di favorire i “partiti sovversivi”. Tra grandi acclamazioni parla l'on. Aldo Oviglio, mentre si susseguono cariche della polizia. Vengono danneggiate due sedi socialiste. Fascisti e forze dell'ordine ingaggiano una battaglia “con esplosione di un migliaio di colpi”. La Federazione provinciale del PNF convoca per il 29 una grande riunione dei segretari dei Fasci delle provincie di Bologna, Modena e Ravenna. Un comunicato della Direzione centrale afferma che “la lotta in provincia di Bologna si aggrava, le autorità politiche locali in combutta con i partiti anti-nazionali, tentano di spiantare l'organizzazione politica ed economica del Fascismo. Da questo momento e fino a nuovo ordine i poteri e le mansioni dei fasci, dei direttòri di tutti i fasci della provincia passano ai comitati di azione”. Tra il 27 maggio e il 2 giugno avviene a Bologna una grande concentrazione di squadristi in armi, comandati per l'occasione dai principali dirigenti nazionali e regionali: Michele Bianchi, segretario del PNF venuto appositamente da Milano, Dino Grandi, Italo Balbo, Arpinati e Gino Baroncini. E' bloccata la circolazione dei tram, una ventina di sedi "sovversive" sono prese d'assalto. Tra esse quelle dell'Ente autonomo dei consumi, della Federterra, del Circolo macchinisti e fuochisti di via del Borgo, la redazione dell'"Avanti", i locali del sindacato ferrovieri. La sede della cooperativa “La Sociale” è assalita con bombe incendiarie. Le squadre, provenienti da vari paesi della provincia di Bologna, da Modena, Venezia - la squadra “Serenissima” - e soprattutto da Ferrara - la cosiddetta "colonna di Balbo" - occupano il centro. Circa 10 mila camicie nere bivaccano sotto i portici del Pavaglione, di via Farini e di via Indipendenza, trasformati in veri e propri accampamenti, con distese di paglia e coperte offerte dai cittadini. Si cantano inni patriottici e si fraternizza con la popolazione. “Al tocco di notte nei bivacchi si suona il silenzio, circolano squadre di ronda. Alle sette sveglia”. Nei giorni seguenti i fascisti assediano palazzo d'Accursio e scatenano la guerriglia urbana. Vengono lanciate bombe contro la prefettura, la questura e la Camera del Lavoro. Si vuole impedire la diffusione dei giornali sovversivi, incendiando le edicole e minacciando i gestori. Non si contano le aggressioni individuali, tra cui quella a Clodoveo Bonazzi, segretario della vecchia CdL e al dott. Mario Santandrea, farmacista dei Garganelli. Viene chiesta la destituzione del prefetto Cesare Mori, che ha impiegato la polizia per reprimere le azioni delle squadre durante le manifestazioni dei giorni precedenti. Per questo viene chiamato dai fascisti il "prefettissimo", il "vicerè asiatico" o il "lurido questurino di Cagoia" (Cagoia è il nomignolo dato da D'Annunzio al presidente del consiglio Nitti), gli si grida contro: "Mori, Mori, tu devi morire". Il 28 maggio si tiene alla Sala Borsa una assemblea di industriali, commercianti e esercenti, che appoggiano l'iniziativa fascista e stigmatizzano la condotta di Mori. Il 31 maggio le camicie nere mobilitate in città sono suddivise in cinque compagnie. Nel pomeriggio circa un migliaio di squadristi compiono una spedizione in grande stile nel quartiere operaio della Bolognina, incendiando alcune cooperative rosse e scontrandosi con la forza pubblica. Assalti e distruzioni avvengono anche in molti paesi della provincia: a Molinella, Budrio, Sant'Agata Bolognese. A Castenaso vengono incendiate con la benzina la Cooperativa e la Casa del Popolo. A Borgo Panigale i fascisti feriscono con armi da fuoco alcuni lavoratori socialisti e lanciano una bomba contro la sede della cooperativa “Vita Nuova”, provocando un incendio. Il 1° giugno, mentre le violenze dilagano in tutto il territorio bolognese, il potere è trasferito all'autorità militare. Il generale Sani del Corpo d'Armata patteggia con Italo Balbo, comandante generale dei fascisti emiliani, la fine delle dimostrazioni, in cambio della promessa di un imminente allontanamento del Prefetto. Dopo cinque giorni l'occupazione di Bologna è sospesa su ordine perentorio di Mussolini, soddisfatto per la "magnifica agitazione". Il capo del Fascismo congeda le camicie nere con un telegramma: “La vostra meravigliosa disciplina farà epoca nella storia italiana. Obbedendo oggi acquistate il diritto di comandare domani, per le maggiori fortune della Patria. Vi abbraccio tutti, capi e gregari”. Di ritorno alle loro basi, le squadre compiono ancora violenze. A Lovoleto i fascisti ferraresi, dopo aver portato via una grande quantità di generi alimentari, incendiano la cooperativa di consumo. A Granarolo invadono il paese e appiccano il fuoco alla Casa del Popolo. A Bagnarola, nei pressi di Molinella, i fascisti subiscono “qualche molestia dagli avversari” e “alle provocazioni rispondono”. Il governo richiama il prefetto Mori nella capitale in previsione del suo trasferimento. La sua determinazione nel tener testa agli squadristi sarà comunque apprezzata da Mussolini, che lo invierà nel 1924 in Sicilia a debellare la mafia: passerà alla storia come "il prefetto di ferro". Nel suo diario, Italo Balbo (1896-1940), colui che ha creato e promosso la diffusione dello squadrismo agrario, stimerà in circa 60 mila i fascisti impegnati a turno nell'occupazione di Bologna, definita "prova generale della rivoluzione", da ripetere con forze più vaste sul piano nazionale.dettagli
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1924I restauri di Guido Zucchini e del Comitato per Bologna Storica e ArtisticaSotto la guida di Guido Zucchini (1882-1957) prosegue l'attività del Comitato per Bologna Storica e Artistica, associazione fondata per reagire alle demolizioni e agli sventramenti attuati a seguito del PRG del 1889. Fra il 1924 e il 1928 l'ingegnere Zucchini, già collaboratore e poi continuatore dell'opera di Alfonso Rubbiani, sovrintende al restauro delle medievali case Figallo, Reggiani, Seracchioli-Pasi e Rodondi in piazza della Mercanzia. Qui sono ripristinate le facciate originali, compresi i portici in legno. La colonna nel lato orientale del portico di casa Pasi non è in realtà di legno, ma in cemento armato rivestito: infatti non crollerà come il vicino portico della Mercanzia, quando, nel 1943, un incauto artificiere tedesco farà brillare nella piazza una bomba d'aereo inesplosa. Il balconcino in stile, aggiunto in casa Pasi, ha il compito di proteggere le decorazioni parietali ritrovate. Nella casa Figallo il pittore Achille Casanova (1861-1948) dipinge un fregio con i nomi dei grandi personaggi transitati nella storia per strada Maggiore. Negli anni successivi gli interventi del Comitato e di Zucchini saranno ancora numerosi: Palazzo Ghiselli-Vaselli in via Santo Stefano, la Cà Grande dei Malvezzi in Largo Trombetti, il Palazzo Comunale e Palazzo Pepoli Vecchio, “considerato da molti il miglior recupero eseguito a Bologna dell'intero secolo” (Degli Esposti).dettagli
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1925Interventi di restauro e decorazione nella chiesa di Santa Maria dei ServiNel corso degli anni Venti vengono effettuati interventi di restauro architettonico e decorativo nella chiesa di Santa Maria dei Servi in Strada Maggiore. Nel 1925 si interviene sulla volta e sulle pareti della cappella maggiore, dove vengono inserite nuove vetrate colorate su disegno di Achille Casanova, Giuseppe Cassioli, Antonio Maria Nardi, Guido Cadorin. Le cappelle absidali sono decorate tra il 1910 e il 1928 da Giovanni Costa e Pompeo Fortini. Alcune vetrate absidali sono da attribuire a Casanova. Da segnalare sono anche la lampada votiva nella cappella del Crocifisso e i lampadari in ferro battuto della navata. Il restauro di Guido Zucchini da all'abside e al campanile "i loro originali e mirabili lineamenti". Fra il portico e il convento dei Servi vengono abbattuti alcuni "edifici volgari" ed è ricavato un piccolo giardino, che aggiunge al luogo "una nota di leggiadria" (Beseghi). In queste esperienze decorative sembra sopravvivere lo spirito Aemilia Ars promosso tra i due secoli da Alfonso Rubbiani.dettagli
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1927Giuseppe Rivani restaura la pieve di MonteveglioTra il 1927 e il 1931 l'architetto Giuseppe Rivani (1894-1967), allievo di Alfonso Rubbiani, docente dell'Accademia di Bologna e studioso dei monumenti antichi, cura il restauro della Pieve abbaziale di Santa Maria Assunta a Monteveglio nella Valle del Samoggia. Costruita in stile romanico su una chiesa preesistente del V secolo, la pieve fu affidata nel 1455 ai Canonici Lateranensi di San Giovanni in Monte. In seguito pervenne ai Francescani. Rivani opera seguendo i dettami di Rubbiani, ma in modo più equilibrato, rinunciando alle invenzioni e alle ricostruzioni in stile. Persegue il recupero dell'edificio originario, eliminando le parti aggiunte nei secoli successivi. All'esterno gli interventi sono più radicali, con la distruzione del battistero e del portico sull'ingresso laterale. All'interno viene modificata la cripta ed è riaperta la loggia superiore del chiostro quattrocentesco. Nell'abside e nel presbiterio si recuperano le monofore originali. L'architetto bolognese deve inoltre riparare i danni del terremoto che nel 1929 ha devastato la Valle del Samoggia. I lavori di restauro riprenderanno tra il 1932 e il 1934 nel chiostro romanico e nel convento. In quest’ultimo Rivani lascerà anche due quadretti di sua mano, raffiguranti la Madonna col bambino e S. Antonio da Padova.dettagli
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13 marzo 1927Crollo di due archi del portico dei ServiPiombano a terra due archi del portico della chiesa di Santa Maria dei Servi in strada Maggiore. Rimane vittima un passante, Luigi Sambo, impiegato alle poste. Per il cronista del "Resto del Carlino" il disastro potrebbe essere dovuto “al continuato scuotimento del piano stradale dovuto al passaggio dei carrozzoni del tram, il cui binario passa radente al portico dei Servi”, oppure alle oscillazioni provocate dai camion in transito su strada Maggiore. Dopo il crollo l'ing. Guido Zucchini mette a punto un progetto, che prevede una parziale ricostruzione del portico e l'abbattimento di alcune casupole che nascondono l'abside medievale della chiesa.dettagli
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1928La Galleria del Leone e altri "passages"Nel nuovo Palazzo del Commercio, costruito nei pressi della Loggia dei Mercanti su progetto di Carlo Chierichetti, è ricavata la Galleria del Leone. Si tratta di un'ampia galleria commerciale, dotata di “una grande copertura vetrata in ferro”, che assomiglia ai passages caratteristici a Parigi nella zona dei grandi boulevard. Nello stesso anno Edoardo Collamarini realizza - poco distante, con accesso su via Rizzoli - la Galleria Acquaderni all'interno del Palazzo delle Province Romagnole, utilizzando in parte le strutture dell'antico Ospedale di San Giobbe dei Luetici e dell'Oratorio di Santa Maria dei Guarini. Anche Giulio Ulisse Arata in questo periodo inserisce due passaggi coperti nella ristrutturazione del Quadrilatero, collegando via Marchesana, via Toschi e il Portico della Morte. Altri passages saranno costruiti a Bologna nel secondo dopoguerra, quali la Galleria del Toro (1954), frutto della ricostruzione dell'ex hotel Brun, la Galleria del Palazzo Santunione in via Ugo Bassi e la Galleria Cavour, edificata negli anni Sessanta su progetto di Giorgio Pizzighini e Luigi Vignali.dettagli
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1928Chiude il caffè della BarchettaChiude uno dei locali storici di Bologna: il caffè della Barchetta. Situato in via dei Libri (poi via Farini n. 4), all'angolo con via D'Azeglio, ha ospitato nelle sue sale cittadini illustri come il restauratore Alfonso Rubbiani e l'avvocato Giuseppe Ceneri, il chimico Giacomo Ciamician e il poeta Enrico Panzacchi. Soprattutto d'estate vi accorrevano professionisti e commercianti, per consumare "una frettolosa ma squisita colazione alla forchetta" (Giacomelli). Il nome era dovuto all'insegna di una bottega di merceria, raffigurante in stile carraccesco la Sacra Famiglia "in barca veleggiante". Il portico davanti al caffè aveva un parapetto, per il notevole dislivello con la strada, Da quel parapetto fu fatto precipitare un giorno un soldato austriaco.dettagli
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31 dicembre 1929Allargamento di via Ugo BassiUna “graditissima strenna di capodanno”: così la rivista del Comune definisce l'apertura al pubblico, avvenuta il 31 dicembre, del portico degli ultimi tre palazzi (lato Rizzoli) di via Ugo Bassi. Il rinnovo della strada, intitolata nel 1888 al martire del Risorgimento, è frutto di espropri e successivi atterramenti, iniziati nel 1927, che hanno interessato soprattutto il lato meridionale. Non è stato ascoltato il "grido di allarme" dello storico dell'arte Francesco Malaguzzi Valeri contro il piccone demolitore, che in questo periodo è all'opera anche in via Marchesana, contro torri e case medievali e una "mezza dozzina fra archi acuti e porte in cotto, angiporti, cortili" . La “grandiosa prospettiva” di via Ugo Bassi inquadra un “nuovissimo lembo di Bologna che risorge”. Gran parte degli edifici sono progettati e realizzati dall'ing. Paolo Graziani (1882-1960). L'unico edificio storico di una certa importanza, il palazzo della Zecca, opera cinquecentesca di Francesco Terribilia o Domenico Tibaldi, è stato parzialmente conservato, con il trasferimento della facciata monumentale verso l'attuale piazza Roosevelt.dettagli
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1930Progetto per la Scuola di Arti e MestieriAll'interno della zona dei Prati di Caprara, nei pressi della via Emilia, è prevista l'edificazione di un nuovo grande istituto tecnico: la Scuola di Arti e Mestieri.Il progetto è sostenuto da Leandro Arpinati e ne segue la fortuna politica. Sarà abbandonato dall'amministrazione comunale dopo la sua destituzione, nel 1933.Tra il 1930 e il 1932 l'architetto incaricato, Giulio Ulisse Arata (1881-1962), formula diverse ipotesi. Tutte presentano un grande impianto caratterizzato da una piazza con portici. Gli ambienti prospicienti alla piazza sono di grandi dimensioni, destinati a laboratori e aula magna.Sono previsti spogliatoi, una mensa, aule didattiche, uffici per i docenti. Il linguaggio architettonico è fortemente semplificato: la struttura di base in cemento armato è rivestita da un paramento murario con mattoni a vista e con ampie aperture.dettagli
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28 novembre 1931Incendio al Teatro comunaleDurante la notte tra il 27 e il 28 novembre un incendio distrugge il palcoscenico e altre parti del Teatro Comunale. Il sipario metallico, provvidenzialmente calato dopo la prova generale della Vedova scaltra di Ermanno Wolf Ferrari, impedisce che il fuoco divampi nella sala del Bibiena. Il teatro rimarrà chiuso per restauri due anni. Il palcoscenico sarà ricostruito dall'ing. Armando Villa. Umberto Rizzi realizzerà la facciata sopra il portico, secondo l'antico progetto del Bibiena.dettagli
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17 dicembre 1931Muore Alfredo TestoniLa scomparsa del commediografo Alfredo Testoni (1856-1931) è un lutto cittadino. La sua personalità è penetrata ormai in tutti gli strati sociali, “attraverso una valanga di commedie, di versi e di prose”. Dopo il grande successo del suo Cardinale Lambertini, nel 1923 aveva fondato una compagnia di teatro dialettale di grande successo. Tra le nuove commedie da essa proposte: Acqua e ciacher, La serva ch'sa far, I svanzoi, Un bon diavlaz di Gherardo Gherardi, El padron di Sebastiano Sani e molte altre, rappresentate con grande partecipazione di pubblico al teatro Modernissimo. Il suo ultimo lavoro è stato La commedia delle maschere, del 1929. Il 21 novembre è andata in scena al Teatro del Corso la versione in dialetto del Cardinale Lambertini, interpretata da Umberto Bonfiglioli. Il 9 marzo 1933, con una cerimonia solenne, nell'atrio di quel teatro, tanto caro a Testoni, è scoperta una targa che lo ritrae, opera dello scultore Alfredo Borghesani. Dopo le distruzioni della seconda guerra mondiale, la lapide dedicata all' "arguto e felice interprete dell'anima bolognese" sarà murata all'esterno, sotto il portico di via Santo Stefano.dettagli
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1933Manifesto futurista contro i porticiGianni Granzotto (1914-1985) - studente all'Alma Mater e futuro apprezzato giornalista e scrittore - e il giovane Porro sono autori di un audace manifesto futurista per la demolizione dei portici di Bologna. Il loro scopo è “restituire Bologna alla luce, al sole, e strapparla alla tenebra del medio evo”. Il leader del Futurismo Filippo Tommaso Marinetti approverà il manifesto “senza pensarci due volte”, apponendo la sua firma in testa, prima di quella degli autori.dettagli
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1934Abbattimento dell'Arco GuidiE' demolito l'Arco Guidi sulla strada di Sant'Isaia. Eretto tra il 1811 e il 1818, univa il portico del Meloncello con quello della Certosa. In precedenza erano stati atterrati alcuni archi del portico dal lato del cimitero, per permettere il prolungamento della linea tramviaria verso il nuovo stadio del Littoriale (1927).dettagli
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14 novembre 1935Il Teatro Comunale riapre con un nuovo palcoscenico e una nuova facciataE' completata la ricostruzione del palcoscenico del Teatro Comunale, distrutto da un incendio nel 1931. L'ing. Natali, tecnico comunale e grande appassionato di tecnologia teatrale, ha fatto installare un nuovo ciclorama, o orizzonte artificiale, formato da una tela su rotaia alta 26 metri e lunga 56, per un totale di circa 1.500 mq. A protezione della sala, oltre a un nuovo sipario metallico, si è provveduto all'installazione di un impianto antincendio ad acqua, alimentato da un alto serbatoio, che si eleva come una torre su via del Guasto. La facciata del teatro è stata modificata e completata sopra l'antico portico, secondo un progetto dell'architetto Umberto Rizzi (1903-1965). L'11 novembre il Comunale riapre i battenti con una esecuzione della Norma di Bellini, diretta dal maestro Gino Marinuzzi (1882-1945).dettagli
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1936Il Palazzo del GasViene costruito il Palazzo del Gas, opera di Alberto Legnani e Luciano Petrucci, in sostituzione dell'antica “punta del Morando”. Era questo il nome tradizionale del casamento a punta al culmine di borgo Casse, ricordato in documenti del XIII secolo. Demolito nel 1933, ha lasciato il posto a una piazzetta, intitolata nel 1935 ai Caduti fascisti e all'edificio che fa da caposaldo della nuova via Roma, dotato di una forte identità e ricco di suggestioni moderniste. Si nota in particolare l'ultimo piano arretrato, con un bar collegato direttamente a terra tramite ascensore e un grande terrazzo da cui è possibile godere il panorama della città. Sopra l'alto portico del palazzo corre continuo un fregio plastico a bassorilievo in marmiglio (impasto di marmo e cemento), opera dello scultore Giorgio Giordani (1905-1940). E' dedicata al ciclo del gas, alla sua produzione dal carbone, alla trasformazione nell'Officina e all'uso pubblico e privato. Nell'ambito dell'utilizzo domestico lo scultore mette in evidenza due veri e propri simboli di progresso della condizione sociale del periodo: la cucina economica e la vasca da bagno servita di acqua calda. Per il resto, protagonisti sono gli uomini, i lavoratori ritratti nella fatica e nello sforzo, dotati di fisico possente, ma lontani da ogni retorica. Al centro della fiancata di via Marconi lo stemma antico del Comune anticipa il paesaggio industriale dell'Officina, che fa da sfondo all'opera "come un orizzonte di produttività e di benessere" (Contini). Sulla facciata il fregio è intervallato da due motti di Mussolini: a sinistra "Il nostro è il secolo della gloria e della esaltazione del lavoro", a destra "Senza la luce dello spirito nessuna opera è duratura e profonda".dettagli
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3 settembre 1937Giuseppe Massarenti rinchiuso in manicomioL'attivista socialista Giuseppe Massarenti (1867-1950) viene rinchiuso nel manicomio di Santa Maria della Pietà di Roma, matricola 011299, con una diagnosi di paranoia. Vi resterà per sette anni, fino al 1944. Il leader carismatico dei braccianti e dei mezzadri di Molinella è stato dichiarato “indesiderabile in tutta la provincia” dai fascisti bolognesi. Nel 1926 è stato arrestato e condannato a cinque anni di confino a Lampedusa. Esiliato a Roma, ha vissuto di elemosina, dormendo a volte sotto i portici come un barbone. Con l’arrivo degli alleati a Roma la sua malattia scomparirà improvvisamente: Massarenti potrà lasciare la clinica psichiatrica perchè non presenterà più “gli estremi per l’internamento”. Nel dopoguerra rifiuterà a lungo l'invito degli amici a ritornare a Molinella, legando il rientro alla sua piena riabilitazione. Verrà infine candidato nel Collegio di Bologna alle elezioni del 1948, ma alla vigilia del voto gli mancherà l'appoggio del Fronte Popolare.dettagli
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luglio 1938La colonia dell'Agip "Sandro Mussolini" a CesenaticoPer volere del presidente dell'AGIP Umberto Puppini è costruita a Cesenatico una grande colonia marina per i figli dei dipendenti dell'azienda. E' intitolata a Sandro Mussolini (1910-1930), nipote del Duce, morto prematuramente di leucemia. E' progettata in cemento armato dall'architetto bolognese Giuseppe Vaccaro (1896-1970) e costruita dall'agosto 1937. Nel luglio 1938 accoglie il primo turno di 300 bambini. L'edificio principale della colonia contiene, su cinque piani, i dormitori. E' tutto sollevato su pilastri e parallelo alla costa. La soluzione della facciata libera, indipendente dai sostegni verticali, è di grande efficacia. Alle estremità del portico continuo sono collocati due edifici più bassi, destinati ai servizi generali, al refettorio e alla cucina. In questo progetto, forse il suo più ardito e innovativo, Vaccaro intende "dare risposta alle esigenze del bambino attraverso la modernità e la qualità del linguaggio architettonico" (Mucelli). E' evidente l'intento di adattare la struttura al paesaggio costiero ancora incontaminato, dominato dalle linee orizzontali della spiaggia e del mare. Per l'architetto "Sole, aria, debbono essere giustamente dosati per trarre i massimi benefici; e le stesse visioni panoramiche del mare e della campagna (la dolce terra di Romagna) debbono equilibrarsi con giusta misura per l'allietamento dello spirito". Durante la seconda guerra mondiale la colonia verrà utilizzata come ospedale militare. Sarà occupata prima dalle truppe tedesche, poi da quelle Alleate. Nel dopoguerra tornerà ad ospitare i bambini, ma sarà utile anche in occasione di emergenze umanitarie, quali l'alluvione del Polesine e la catastrofe nucleare di Chernobyl.dettagli
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4 marzo 1939Progetto per la nuova Casa LittoriaIl progetto per una nuova Casa Littoria in piazza VIII Agosto è approvato il 4 marzo da Mussolini. E' previsto che il palazzo abbia cinque piani, sormontati da un'alta torre, una facciata monumentale con portico e tre logge sovrapposte, un grande salone per le adunate di 700 mq, con una capienza di oltre 1.000 posti a sedere. Dovrebbe ospitare tutti gli uffici e le sedi della Decima Legio fascista, essendo ormai largamente insufficiente la sede storica di Palazzo Fava in via Manzoni. Presentando il progetto il 9 marzo, il "Resto del Carlino" parla di "mole d'ispirazione romana, (che) eternerà i momenti epici del glorioso Fascismo bolognese". Grazie alla nuova Casa del Fascio, piazza VIII Agosto è destinata a divenire il nuovo fulcro urbanistico di Bologna. I lavori cominciano nel corso dell'anno, con la demolizione di 18 edifici sul lato di levante di piazza VIII Agosto. La superficie interessata è di circa 8.000 mq. Dopo lo scoppio della guerra saranno sospesi.dettagli
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8 maggio 1939Il Mercato Ortofrutticolo di via FioravantiL'amministrazione comunale colloca il Mercato Ortofrutticolo, fondato nel 1930 dalla Cassa di Risparmio, in un'area di 35.000 mq retrostante la stazione centrale.Il nuovo complesso, progettato dall'ingegnere capo dell'Ufficio tecnico Giorgio Cordara, è inaugurato l'8 maggio. E' collegato, con una cintura di binari, alla linea ferroviaria diretta a Milano.Scompaiono così "i rumorosi residui del mercato all'ingrosso che, banditi dalla via Orefici, si erano rifugiati sotto il portico della Morte, in posizione troppo centrale e angusta".In questo periodo è costruito anche l'apposito Scalo merci di Bologna Arcoveggio.Durante la seconda guerra mondiale il mercato sarà quasi completamente distrutto dai bombardamenti alleati e le macchine dell'impianto frigorifero saranno sottratte dai Tedeschi. L'edificio verrà riedificato nel 1946 su disegno di Giuseppe Castellari.dettagli
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1940Progetto per un quartiere residenziale nell'area della Caserma di Artiglieria del PirotecnicoSu invito del Podestà, l'architetto Alberto Legnani (1894-1958) forma, assieme a Gianluigi Giordani (1909-1979) e a Mario Alberto Pucci (1902-1979) un gruppo di progetto per la redifinizione urbanistica e architettonica dell'area occupata dalla caserma di Artiglieria del Pirotecnico. La zona è considerata “una delle più belle della città e delle più adatte alla costruzione di un quartiere residenziale”. Una prima soluzione è già stata da essi presentata nel 1938, come parte del progetto Porta Stiera 6, in lizza al concorso per il nuovo piano regolatore generale di Bologna. Prevedeva fabbricati bassi con negozi, zone verdi, portici e pensiline nella parte bassa e un "ampio teatro di masse all'aperto" nella parte meno soleggiata e addossata alla collina. Nel nuovo progetto del 1940 l'area del Pirotecnico è divisa in 12 edifici residenziali a ridosso dei viali di circovallazione, con altri edifici più bassi verso le colline. E' prevista la conservazione del convento dell'Annunziata e un raccordo stradale tra la città e il nuovo quartiere.dettagli
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16 giugno 1940Difese di cartaTra le forme di protezione messe in campo in previsione di attacchi aerei, c'è anche quella dei cristalli e dei vetri. In molti palazzi di Bologna, per evitare le rotture causate dagli spostamenti d'aria delle esplosioni, i vetri delle finestre sono ricoperti di striscioline di carta, che offrono l'estro, secondo il “Resto del Carlino”, a “geniali trovate decorative”. Vi sono disegnati motivi di carattere politico, come fasci littori o croci uncinate, oppure simboli della città, come le due torri e i portici di San Luca. Alcuni coprono le finestre chiuse con bandiere, ritratti del Duce e del Re, altri utilizzano addirittura le stoffe e i tappeti degli Addobbi. Con il procedere del conflitto non mancheranno, però, misure più specifiche e lungimiranti: sotto i portici saranno erette solide barriere di legno ricoperte da sacchetti di sabbia e in molti casi saranno murati fino in cima gli spazi tra i colonnati, nonostante l'aumento esorbitante dei costi del materiale da costruzione.dettagli
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4 agosto 1943Bologna dichiarata "città soggetta a sfollamento"Il 4 agosto Bologna è dichiarata “soggetta a sfollamento”. Dal 10 agosto sarà obbligatorio segnalare gli appartamenti rimasti vuoti, mentre dal 22 novembre essi saranno destinati ai sinistrati. Nel frattempo sono costruiti alloggi temporanei per i senzatetto sotto alcuni portici della periferia (San Luca, Ricovero) e in baracche di legno edificate a San Lazzaro, Castenaso, Casalecchio e Trebbo. Dopo numerosi sopralluoghi e interventi di potenziamento, il 20 ottobre sarà pubblicato un elenco di 81 ricoveri pubblici dei quali è garantita l'affidabilità in caso di bombardamento. Dal settembre del 1943, a seguito dei devastanti bombardamenti alleati e dell'occupazione dell'esercito tedesco, l'esodo dal centro cittadino sarà massiccio. Il vicino paese di San Lazzaro di Savena, per il quale è previsto un aumento del 30 percento degli abitanti, nel dicembre 1943 avrà invece 13.392 abitanti, cioè l'80 percento in più. Nel comune, risparmiato fino al giugno 1944 dai bombardamenti, traslocheranno da Bologna anche l'Ufficio Postale Ferroviario, una parte dell'Ospedale Maggiore, la Scuola magistrale, la redazione dell' "Avvenire d'Italia", la Cooperativa di consumo, la Società bolognese di elettricità, la libreria Cappelli, l'Istituto Salesiano. Un gran numero di sfollati e di attività si riverserà anche su altri centri dell'area metropolitana, quali Castel San Pietro e San Giovanni in Persiceto.dettagli
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25 settembre 1943Un bombardamento devastanteTra le 11 e mezzogiorno la città subisce l'incursione aerea più disastrosa di tutta la guerra, soprattutto dal punto di vista delle vittime civili. 120 aerei del 97° e 99° Gruppo bomberdieri del V Stormo USAF sganciano in centro e in periferia un enorme carico di bombe: 840 ordigni da 500 libbre, per un totale di 210 tonnellate di esplosivo. Il sistema di allarme antiaereo si dimostra inefficiente: le sirene suonano quando gli aerei incursori sono già sulla città. E' sabato e molta gente affolla il tradizionale mercato della Piazzola, anch'esso colpito. Si accertano 936 morti tra i civili e più di mille feriti, ma molte altre persone, letteralmente polverizzate dalle esplosioni, risultano disperse. Un calcolo esatto dei morti di questo bombardamento non sarà mai fatto. Si parla di oltre 2.000 vittime reali. Testimoni ricorderanno di aver visto “persone che erano morte per lo spostamento dell'aria ed erano come delle statue sotto i portici, in piedi, tutte bianche, spiaccicate ferme contro i muri”. Oltre 500 edifici sono distrutti, tra i quali il teatro Verdi, l'Arena del Sole, il teatro Apollo, il cinema Italia, lo Sferisterio, il Seminario regionale, la nuova sede del "Resto del Carlino" in via Dogali, dove muoiono sette operai. Tra i monumenti colpiti ci sono le chiese del Sacro Cuore, San Martino, Santa Maria Maggiore e nuovamente San Francesco. La chiesa di San Carlo in via del Porto è gravemente danneggiata, con il crollo della volta e gravi lesioni all'interno. Un ordigno distrugge l'antica farmacia delle Lame, seppellendo il dott. Gattamorta e sua figlia. Nel locale colpito del Monte dei Pegni rimangono sepolti nove dipendenti. Centinaia di persone trovano la morte in un rifugio di fortuna ricavato in un tratto sotterraneo del canale Cavaticcio, tra le odierne vie Marconi e Leopardi, centrato in pieno da alcuni ordigni. Il bombardamento del 25 settembre provoca un grande esodo di popolazione civile da Bologna: la città appare infatti indifesa e vulnerabile. Migliaia di profughi transitano in file interminabili: a piedi, in bicicletta, i più fortunati su carri e carretti. Scappano sulle colline o in campagna, trovando provvisori rifugi presso parenti e amici. Nella valle del Samoggia sono interessati allo sfollamento soprattutto i comuni di Crespellano e Bazzano. Quest’ultimo paese sarà a sua volta colpito dal cielo il 12 ottobre. I giornali annunciano che alcune decine di sinistrati bolognesi sono ospitati nella casa del Duce a Riccione.dettagli
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27 settembre 1943Semidistrutto il Palazzo della MercanziaUn sottufficiale tedesco fa brillare una bomba di aereo caduta nei pressi del portico del Palazzo della Mercanzia e rimasta inesplosa, nonostante il parere contrario di molti. Il lato orientale dell’antico edificio viene distrutto quasi completamente. I lavori di ripristino, celebrati dal regime con francobolli celebrativi, saranno effettuati nel maggio 1944, in piena guerra, dal Genio Civile e completati tra il 1946 e il 1948 dalla Soprintendenza ai monumenti guidata da Alfredo Barbacci (1896-1989).dettagli
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5 giugno 1944Le bombe uccidono il parroco del Borgo san PietroIl 5 giugno un pesante bombardamento distrugge a Bologna molte abitazioni del Borgo di San Pietro. Sotto le macerie del Santuario della Madonna del Soccorso muore don Arturo Giovannini (1870-1944), il popolare Dan Zvanein, rettore dal 1907. Lo stesso giorno gli Alleati colpiscono duramente le valli del Reno e del Setta. A Vado danneggiano ancora il ponte ferroviario sulla Direttissima e abbattono la chiesa. Bombardano anche a Casalecchio di Reno e lungo la Porrettana. La chiesa del Soccorso sarà completamente rasa al suolo il 22 giugno e verrà ricostruita nell'immediato dopoguerra (1953) su progetto dell'arch. Luigi Vignali. Nel 1964 sarà edificato il portico antistante, a cura dell'arch. Giorgio Trebbi. La nuova costruzione guarda alle chiese toscane del Rinascimento: è a pianta centrale, con una cupola a tamburo. Vignali, “erede spirituale” di Edoardo Collamarini, si è rifatto, pur da razionalista, “alle sorgenti pure dell'architettura”. All'interno è ospitata una cappella, che commemora i sacerdoti caduti durante il conflitto. L'immagine della Madonna del Soccorso, risalente al XIV secolo, sarà nuovamente incoronata dal card. Lercaro nel 1966. La corona sarà dono dei macellai bolognesi. Per antica tradizione, durante la processione del "voto", essi portavano il baldacchino della Vergine lungo il Borgo di San Pietro, per cederlo poi alla Compagnia di San Rocco.dettagli
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16 giugno 1944Provvidenze per i sinistratiIl Podestà Agnoli informa il Comitato straordinario di Assistenza sui provvedimenti che il Comune sta attuando per la difesa della popolazione cittadina. Alle famiglie colpite dai bombardamenti sono assegnati alloggi provvisori in scuole e asili, lungo i portici dell’Arco Guidi e del Ricovero di Mendicità e nel sottochiesa della basilica di San Luca. I sinistrati occupano le palestre, le piscine e i sottoscala del Littoriale. In periferia sorgono alcuni villaggi di baracche. Abitazioni semi-permanenti vengono edificate a San Lazzaro, Casalecchio, Castenaso e Trebbo di Reno (in quest’ultima struttura sono ricoverate 132 famiglie in 22 padiglioni), mentre a Bologna vengono requisiti più di 1.000 alloggi. Sono inoltre allestite diverse mense popolari e 26 centri di assistenza dotati di bagni per la disinfestazione. Vengono potenziati i servizi di soccorso. L'Ente Profughi e l'Associazione Mutilati aiutano le famiglie dei senzatetto ad ottenere i buoni dell'ECA per gli acquisti nei negozi comunali Ape a prezzi calmierati. Dopo le incursioni aeree, fino a 3.500 persone sono mobilitate dal Genio Civile per lo sgombero delle macerie. Sono edificati ricoveri anti-bomba pedemontani e ripristinate infrastrutture essenziali, quali l’acquedotto e le reti elettriche e del gas. Per rianimare lo spirito dei cittadini si organizzano concerti sinfonici al Teatro Comunale. Alle famiglie colpite dalla guerra sono concessi sgravi fiscali.dettagli
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1 settembre 1944Le orfanelle di San Luca sfollano in cittàCon l'approssimarsi del fronte anche la collina di San Luca diventa insicura. Le “orfanelle” ricoverate nell'istituto a metà della salita verso il Santuario della Madonna, da poco rientrate dallo sfollamento in provincia, subiscono una razzia da parte dei tedeschi. Le suore e le bambine si mettono allora in marcia verso la città, trainando mobili e animali. Al Meloncello i mobili sono caricati su un carretto a portati alla caserma "Cialdini", in zona San Mamolo. Le duecento bambine dell'orfanotrofio sono accolte in varie strutture: 60 tra le più piccole nel convento di San Domenico, dove il priore padre Acerbi ha allestito un ospedale; altre presso la caserma "Cialdini" e presso la contessa Rossi in Strada Maggiore, altre ancora a Monteveglio. Alla "Cialdini", già piena di sinistrati, sono portate anche le mucche salvate dalla requisizione. Lo stallatico servirà come concime per i giardini Margherita. Intanto il comando tedesco decide di minare la strada nei pressi del collegio delle "orfanelle", per impedire l'accesso degli Alleati. Le mine saranno fatte brillare, senza alcuna utilità pratica, nella notte tra il 20 e il 21 aprile del 1945, alla vigilia della liberazione. L'esplosione distruggerà la curva "delle orfanelle" e una parte del portico e danneggerà il tetto dell'istituto, che rimarrà inagibile per diversi mesi dopo la fine del conflitto.dettagli
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13 ottobre 1944Il 13° Corpo avanza verso la pianura padanaA est del 2° Corpo della V Armata, che sostiene l'attacco principale alla Gotica in Appennino, opera il 13° Corpo britannico. Quest'ultimo schiera la 78a divisione, in avanzata verso Imola, sui due versanti del fiume Santerno. Tra il 13 e il 16 ottobre essa fallisce i suoi obiettivi sul Monte La Pieve. La 1a divisione procede a fatica nella valle del Senio - via "Arrow" - verso Castel Bolognese. Si trova davanti una serie di alture, tra le quali il Monte Cece (759 m), che con i suoi pendii ripidissimi domina la strada Casolana. Qui alle truppe inglesi avanzanti si oppongono i granatieri della 715a divisione tedesca, reduce da Anzio e alcuni reparti di bersaglieri della RSI. La battaglia durerà quasi due settimane con pessime condizioni atmosferiche. Il primo attacco è portato senza fortuna il 3-4 ottobre dai fucilieri della 3a Brigata di fanteria. Il secondo è sferrato dal 5 all'8 ottobre dal Duke of Wellington's Regiment, che conquista faticosamente la vetta con molte perdite, compreso il suo comandante. Lasciando molti prigionieri, i tedeschi si ritirano sul Cerro e sul Monte della Vecchia. Lasceranno il Monte Cece il 16 ottobre, dopo un sanguinoso attacco che costerà 700 perdite solo tra gli inglesi. Lungo il fiume Lamone, in direzione di Faenza, opera l'8a divisione indiana. Fino al 23 ottobre è impegnata sul Monte Casalino e i suoi progressi sono limitati. Infine la 6a divisione corazzata procede lungo la valle del Montone, sulla statale 67 - denominata "Star" - verso Forlì. L'8 ottobre tenta senza successo di raggiungere Portico di Romagna.dettagli
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22 ottobre 1944I frati Minori rientrano nel convento dell'AnnunziataIl priore dei Frati Minori, padre Cornelio Nobili (1896-1955), riceve dall’autorità militare, in forma di consegna temporanea, il convento e la chiesa dell’Annunziata, fuori porta San Mamolo. Il complesso era adibito dal 1866 a officina e magazzino militare. Con il trasferimento nel nord Italia di una parte dell’esercito, alcune strutture, requisite dallo stato dopo le soppressioni del 1866, tornano disponibili al culto e alla residenza religiosa. Il restauro dell'Annunziata, a spese dello Stato e dei Minori, comincerà alcuni giorni dopo l'assegnazione. La chiesa, divenuta sede parrocchiale il 20 maggio 1945, sarà consacrata dal card. Lercaro il 25 ottobre 1952. La liberazione completa del lungo portico antistante avverrà diversi anni dopo, nel 1975. Il 20 marzo 1983, in occasione dell'ottavo centenario della nascita, sarà inaugurato sul piazzale il monumento a San Francesco, opera di Cesarino Vincenzi, scultore di Monte San Pietro e insegnante al Liceo Artistico. In quest'area nel 1925 era stato progettato di collocare un monumento, poi non realizzato, ai Caduti dello Sport.dettagli
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30 ottobre 1944Battaglia di CasteldeboleLa mattina del 30 ottobre la squadra comando della 63. Brigata Garibaldi, diretta a Bologna per prendere parte all'insurrezione della città, viene sorpresa al capanno di Beriani, sulla riva del Reno in piena, da reparti di paracadutisti tedeschi e di SS della 16a divisione SS Reichsführer in azione di rastrellamento. Diciannove partigiani, tra cui il comandante Corrado Masetti (Bolero, 1915-1944), il vice comandante Ubaldo Poli e il commissario politico Monaldo Calari (1914-1944), cadono combattendo. Al termine della battaglia i nazisti si abbandonano a una serie di sanguinose rappresaglie nei dintorni. Alcuni anziani sono falciati mentre cercano rifugio. Il giorno seguente i loro cadaveri, pietosamente raccolti e ricomposti dalle donne del vicinato, vengono ritrovati dai tedeschi. Le case che li accolgono sono “intrise di petrolio e incendiate”. I vecchi, i bambini e le donne vengono allontanati con la forza dalla borgata, che brucia “come un immenso rogo”, e avviati verso Bologna. A nessuno è permesso di raccogliere effetti personali. Tra il 30 e il 31 ottobre altri dieci uomini vengono catturati durante un rastrellamento punitivo. Legati - con un filo di ferro intorno al collo - a un cancello, ai pali della corrente elettrica e alle colonne di un portico sulla via principale di Casteldebole, sono quindi fucilati e impiccati. Massimo responsabile di questo massacro è considerato il maggiore Walter Reder, il boia di Marzabotto. Numerosi testimoni diranno di aver visto sul luogo del massacro un ufficiale tedesco con un braccio solo. Egli però negherà di essere stato presente.dettagli
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12 novembre 1944Ordine di mascheramento delle formazioni partigianeIn una riunione molto accesa con i responsabili dei Gap e delle Sap, che si tiene il 12 (o il 13) novembre in via Falegnami, l'ufficiale del CUMER Sante Vincenzi (Mario) dà la disposizione di smobilitare le formazioni, dividendole in piccoli gruppi. L'ordine per i partigiani rimasti in città è di “mascherarsi” e “legalizzarsi”, confondendosi tra i normali cittadini. E' scoraggiata la presenza di grosse unità durante l'inverno, soprattutto nelle zone montane e collinari. Per il CUMER il "mascheramento" è considerato "l'elemento essenziale per colpire giusto e non essere colpiti". Un rapporto informativo del triumvirato insurrezionale comunista afferma che dopo la battaglia di Porta Lame la situazione militare in città è completamente cambiata: "si rischia di perdere tutto senza aver combattuto", oppure di combattere alla disperata. Con il fronte stazionario, il metodo del contrattacco deve sostituire quello dell'offensiva. Vincenzi deve imporsi d'autorità a diversi comandanti che non approvano questa linea. Sono per una difesa più attiva una parte dei partigiani della 7a Gap, i sappisti Giacomo Masi e Aroldo Tolomelli (Ernesto), i comandanti della brigata "Irma Bandiera" Renato Capelli e della brigata "Paolo" Beltrando Pancaldi (Ran). Nei mesi seguenti l'attività partigiana si riduce comunque al minimo: le azioni condotte tra settembre e dicembre sono il 5% di quelle dei mesi estivi. Durante l'inverno a Bologna restano pochi gruppi autonomi di gappisti, mentre la grande maggioranza dei partigiani sono dislocati nelle campagne della Bassa, presso famiglie di contadini. Di giorno essi aiutano nei campi e di notte partecipano ad azioni di guerriglia inquadrati nelle Sap (Squadre di Azione Patriottica). Intanto in città i tedeschi hanno minato gli impianti di pubblica utilità, acquedotto, luce, gas, pronti a fare terra bruciata in caso di ritirata. Il coprifuoco è in vigore, in pratica, dalle 18: oltre a continui controlli e perquisizioni, non sono infrequenti sparatorie e mitragliamenti per ogni piccolo movimento o rumore nelle strade. Gli automezzi tedeschi si rifugiano spesso sotto i portici e nelle vie del centro "tenendo anche durante le incursioni i fari accesi ed esponendo il cuore della città ai pericoli dei bombardamenti aerei".dettagli
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15 aprile 1945Bologna e i dintorni sotto i bombardamentiIl 15 aprile, nel corso dell'operazione “Wowser”, condotta dalla 15a Forza aerea americana, 800 aerei scaricano nell'area bolognese oltre 1.500 tonnellate di esplosivo. A San Lazzaro di Savena, bombardata a tappeto con ordigni dirompenti, è colpito il Municipio e viene distrutta l'antica chiesa parrocchiale. Numerose abitazioni crollano o subiscono gravi lesioni. Si conteranno una trentina di morti e circa 70 feriti: un numero elevato di perdite per un paese praticamente disabitato. Dalle rovine dell'ospedale di origine medievale adiacente alla chiesa saranno recuperate l'immagine della Madonna dei Lebbrosi e una lapide in arenaria con la scritta: "In questo ospitale si medicano per carità quelli che hanno il male di San Lazaro". Entrambe saranno murate nel portico della canonica, che verrà ricostruita nel dopoguerra poco distante dall'antico nosocomio, assieme alla nuova parrocchiale. Tra il 15 e il 17 aprile i cannoneggiamanti e i raid aerei alleati distruggono quasi completamente la Villa Hercolani a Belpoggio, antico castello dei Bentivoglio, rifatto nel XVIII secolo da Angelo Venturoli. Di essa sopravvivono solo solo la facciata e alcune parti del corpo dell'edificio. Il complesso sarà restaurato nel dopoguerra su incarico di Alvise Hercolani. In località Chiesa Nuova le bombe colpiscono un rifugio privato uccidendo sette persone, tra le quali due bambini. Nei giorni immediatamente prima della Liberazione gli aerei alleati colpiranno e danneggeranno seriamente a Santa Viola, nella parte occidentale di Bologna, lo storico Pontelungo. I piloni però rimarranno miracolosamnte intatti. I Tedeschi in fuga useranno il ponte nella notte tra il 20 e il 21 aprile. Le strutture in ferro sovrapposte nei giorni seguenti dai genieri americani consentiranno un rapido ripristino del traffico pesante attraverso il Reno.dettagli
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4 giugno 1945Autopompa contro il portico dei ServiAll'incrocio tra strada Maggiore e via Guerrazzi un camion dei pompieri si schianta contro la quinta colonna del portico dei Servi, facendo crollare uno degli archi. Il conducente ha perso il controllo a causa di una jeep militare, che proveniva in senso opposto a forte velocità, guidata da un soldato americano chiaramente ubriaco. La notizia corre di bocca in bocca, ma non viene pubblicata sui giornali del tempo, tutti sotto il controllo degli Alleati.dettagli
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29 luglio 1946Piani di ricostruzone di Giuseppe Vaccaro e Bruno Parolini nel Ravennate e nel FerrareseAlfonsine e Cotignola, paesi del Ravennate rimasti sulla linea del fronte del Senio nell'inverno 1944-45, risultano quasi completamente distrutti al termine del conflitto mondiale. La loro ricostruzione è affidata, per conto del CEU Centro Emiliano di Urbanistica, agli architetti Giuseppe Vaccaro (1896-1976), professionista di fama nazionale, e Bruno Parolini (1889-1982), grande interprete del restauro, collaboratore del soprintendente Alfredo Barbacci nei cantieri bolognesi del dopoguerra (Corpus Domini, San Francesco, Mercanzia, ecc.). Il piano di ricostruzione di Alfonsine è approvato il 29 luglio 1946. Verranno edificati la piazza principale e il nuovo municipio, la piazza delle scuole e del mercato coperto. Il piano di Cotignola, redatto da Parolini, è approvato il 12 novembre 1946. La ricostruzione della piazza principale avverrà per gradi, nel corso di dieci anni, a partire dalla Collegiata di Santo Stefano. Il progetto del nuovo municipio, che sarà completato nei primi anni '50, è firmato da Vaccaro e Parolini. Il linguaggio architettonico prescelto è molto semplice e razionale. Il portico rivestito di lastre in marmo richiama l'edificio realizzato ad Alfonsine. La torre civica non verrà ricostruita, ma nel punto in cui si trovava, a sinistra della facciata, sarà collocato un orologio a due quadranti. In provincia di Ferrara Vaccaro e Parolini curano i piani di ricostruzione di Argenta e Portomaggiore, località anch'esse in prossimità del fronte invernale della Linea Gotica e usciti pesantemente mutilati dal conflitto mondiale. Argenta era un caposaldo del sistema difensivo tedesco. La strettoia tra le Valli di Comacchio e quelle di Campotto era l'ultimo baluardo contro l'avanzata degli Alleati verso il Po. L'attacco contro la cittadina si scatenò nella notte tra il 12 e il 13 aprile 1945 e in un attimo tutto il paese divenne un rogo, un immenso cumulo di rovine e di macerie. Il piano di ricostruzione dell'abitato, redatto da Parolini, sarà approvato il 23 gennaio 1947. Anche la vicina Portomaggiore ha subito danni rilevanti dall'attacco del 13 aprile. E' stato colpito soprattutto il centro urbano e pochi edifici storici si sono salvati. Con il Dm del 30 novembre 1946 è approvato il piano di ricostruzione firmato da Vaccaro.dettagli
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1947Il "condominio Maratona". Alloggi per i profughi e i senza casaIl portico dall'Arco del Meloncello all'ex Arco Guidi ospita coloro che hanno perduto la casa a seguito delle incursioni aeree su Bologna tra il 16 luglio 1943 e il 21 aprile 1945. La tamponatura provvisoria del porticato, voluta dopo i primi devastanti bombardamenti alleati dal podestà Agnoli, sarà chiamata il “condominio Maratona” dal giornalista e scrittore Luca Goldoni. La stessa funzione di rifugio degli sfollati e dei sinistrati è svolta dal portico del Ricovero dei Mendicanti in via Albertoni, da alcuni tratti del portico di San Luca e dal viadotto del Cavaticcio, come da villaggi di baracche al Trebbo, a Castenaso, a San Lazzaro. Il problema della casa è il primo in assoluto per l'Amministrazione comunale del dopoguerra. In città si contano oltre 3.000 profughi e circa 1.800 senza casa. Oltre agli "occhi" dei portici, il Comune ha messo a disposizione aule scolastiche e palestre, così ad ottobre molti bambini non possono ricominciare la scuola. Enti come lo IACP e la Cooperativa Risanamento, presieduta dall'ex sindaco Zanardi, sono incaricati della costruzione di nuovi alloggi. Viene approvato un piano di ricostruzione dei quartieri bombardati attorno alla stazione centrale.dettagli
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1948Il Circolo del Cinema e la Columbus FilmRenzo Renzi (1919-2004) fonda il Circolo del cinema bolognese (CCB), per la promozione della cultura cinematografica. Le proiezioni si tengono al cinema Fulgor in via Montegrappa alla domenica mattina. Tra i promotori vi sono Lamberto Sechi (1922-2011), Enzo Biagi (1920-2007), Luigi Pizzi (1917-2010), Giovan Battista Cavallaro (1920-1978). Primo presidente è lo storico dell'arte Roberto Longhi (1890-1970), a cui subentrerà l'allievo e poi collega Francesco Arcangeli (1915-1974). Grazie all'attenta programmazione del circolo, il pubblico ha occasione di conoscere il cinema internazionale d'autore, bandito durante il Regime. Nel 1950 sarà inoltre creata una casa di produzione di cortometraggi, la Columbus Film, nucleo di una possibile industria cinematografica bolognese. Fino al 1956 Renzo Renzi girerà alcuni cortometraggi, con l'aiuto di amici del CCB, come Biagi, Cavallaro, Zavoli. Tra essi Quando il Po è dolce (1951), Le fidanzate di carta (1951), Guida per camminare all'ombra (1954), sui portici bolognesi, e Dove Dio cerca casa (1955), sulla edificazione delle chiese nella periferia per iniziativa del cardinale Lercaro.dettagli
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1949Restauro di Casa CastelliSotto la direzione di Guido Zucchini (1882-1957) Arrigo Sarti restaura la facciata e i fianchi di Casa Castelli, che fa da fondale a via Galliera sul lato meridionale. Dell'antico palazzo del XV secolo, appartenuto in seguito alle famiglie Gozzadini e Davia, vengono ritrovate tracce delle finestre e delle decorazioni in terracotta. Sotto il portico di questa casa il 1° gennaio 1768 venne aperto il primo ufficio della posta e delle lettere di Bologna.dettagli
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1949Nuovo mercato delle Erbe in via Ugo BassiE' inaugurato il nuovo mercato delle Erbe in via Ugo Bassi, ricostruito dopo le devastazioni belliche. La statua di Ugo Bassi, prima collocata davanti all'ingresso - divenuta incompatibile con il nuovo portico - è trasferita in piazza XX Settembre. Dal marzo 2003 sarà nuovamente collocata in via Ugo Bassi, all'angolo con via Nazario Sauro.dettagli
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1954Il palazzo della TIMOL'azienda telefonica TIMO acquisisce e ristruttura completamente ciò che resta della Casa Beroaldi in via Oberdan 22, un elegante edificio rinascimentale che fu sede tra Otto e Novecento della Società Operaia e della Camera del Lavoro. Tra le poche parti che si sono salvate dal devastante bombardamento del 29 gennaio 1944 vi sono il portico esterno e un balcone, da cui forse parlò Garibaldi. L'interno è completamente rifatto. Al piano terra viene coperto il cortile con portico preesistente e l'arch. Melchiorre Bega (1898-1976) ne ricava un grande salone per il pubblico. Al primo piano è ospitata una nuova parte della centrale telefonica. Un corridoio mette in comunicazione l'ingresso di via Oberdan con quello della vecchia Timo in via Goito. La Società dei telefoni occupa così un intero isolato e costituisce un vero e proprio “distretto” della comunicazione, dotato di una una modernissima centrale automatica. Nel 1954 la TIMO vanta oltre 30.000 abbonati in città.dettagli
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8 dicembre 1954Restauri del portico di San Luca per l'Anno MarianoCon l'Enciclica Fulgens corona dell'8 dicembre 1953 papa Pio XII ha indetto per il 1954 l'Anno Mariano, il primo della storia, in occasione del centenario della definizione del dogma dell'Immacolata Concezione. Celebrato con fervore da tutte le diocesi del mondo, esso termina solennemente in San Pietro l'8 dicembre con l'istituzione della festa di Maria Regina. Tra le iniziative che si svolgono a Bologna vi è un ampio restauro del portico di San Luca, comprendente diversi archi e alcune cappelle del Rosario. In quella del primo mistero Luigi Simoncini ridipinge a olio l'Orazione di Gesù nell'orto. In quella del terzo mistero Renato Pasqui dipinge, su iniziativa del card. Marcello Mimmi, la Natività di Gesù, al posto dell'affresco del sec. XVIII andato perduto. Le offerte per i restauri provengono da parrocchie, pie associazioni, collegi e istituti, privati cittadini.dettagli
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23 settembre 1955Congresso nazionale di architettura sacraDal 23 al 25 settembre ha luogo a Bologna il primo Congresso nazionale di architettura sacra, presieduto dal cardinal Lercaro. La manifestazione è affiancata dalla Mostra delle chiese costruite in Italia nel dopoguerra, installata in un padiglione a tre piani costruito in piazza Rossini con il sistema tubolare Dalmine Innocenti, su progetto degli architetti Trebbi, Zacchiroli e Lullini. Sono inoltre allestite le mostre dell'Arredo Sacro e del Tesoro della città in San Giacomo. Lungo via Zamboni, sotto il portico che fiancheggia la chiesa di San Giacomo, una sequenza di foto e grafici documenta il problema delle nuove chiese di periferia a Bologna.dettagli
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15 luglio 1956La cronoscalata automobilistica Bologna-San LucaGiulio Cabianca vince su Osca 1500 Sport la prima edizione della corsa automobilistica Bologna-San Luca. Le migliori auto sportive - dalle Alfa Romeo alle Maserati, dalle Ferrari alle Abarth 600 – si sfidano sulle rampe che costeggiano lo storico portico del santuario di San Luca e affrontano punti topici come la ripida curva delle “orfanelle”. L'anno successivo saranno al via più di duecento piloti, tra i quali molti specialisti di cronoscalate: vincerà la Ferrari 250 GT di Edoardo Lualdi. La terza e ultima edizione della corsa sarà dominata, il 4 maggio 1958, dalla Maserati di Odoardo Govoni. Negli anni 2000 il dott. Francesco Amante organizzerà edizioni rievocative della Bologna-San Luca, riservate ad auto storiche.dettagli
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1957Il Palazzo dell'ENPASE' inaugurato in via dei Mille il palazzo dell'ENPAS, unica realizzazione a Bologna dell'architetto modenese Saverio Muratori (1910-1973), docente universitario a Roma e profondo studioso di analisi urbana. Costruito tra il 1956 e il '57, al suo apparire suscita forti polemiche per il linguaggio adottato, che si allontana dal modernismo in voga e tiene conto della tradizione costruttiva bolognese nella scelta di particolari formali come il portico con lo sporto e di materiali come il mattone e il legno. Si tratta in effetti di un edificio di grande qualità, in cui le varie parti si trovano in mirabile equilibrio. Secondo alcuni sembra prefigurare, con vari anni di anticipo, il passaggio al postmoderno. Nell'atrio del palazzo viene collocata L'infermiera, opera dello scultore bulgaro Assen Peikof (1908-1973), che in seguito sarà posta - con scelta non felice - in una cella all'estremità del portico.dettagli
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1964L'Istituto MatematicoIn piazza di Porta San Donato è inaugurato il nuovo Istituto di Matematica dell'Università, edificato a partire dal 1960 su progetto di Giovanni Michelucci (1891-1990). Tra i maggiori architetti e urbanisti italiani moderni, Michelucci è autore, tra l'altro, della stazione di Firenze e della chiesa di San Giovanni Battista a Campi Bisenzio, sull'autostrada del Sole. Tra il 1947 e il 1961 ha insegnato all'Università di Bologna. Come Direttore dell'Istituto di Architettura dell'Ateneo è intervenuto, con suoi progetti, in varie sedi universitarie: Lettere, Magistero, Geologia e Mineralogia. L'edificio del Dipartimento di Matematica è assai originale: il portico, in particolare, richiama con evidenza modelli medievali.dettagli
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1964Il "Gemini" di Veronesi si aggiudica il "Diamonds International Awards" di New YorkL'anello Gemini è il miglior gioiello dell'anno al mondo, aggiudicandosi il prestigioso Diamonds International Awards di New York. E' una creazione della gioielleria di Raffaello e Galileo Veronesi, aperta dal padre Giulio in via Orefici nel 1896 e trasferita sotto il portico di palazzo Pontoni dal 1920. Negli anni ‘80 Giulio Veronesi Gioielli diventerà anche rivenditore autorizzato a Bologna degli orologi Rolex.dettagli
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20 settembre 1964La mostra "Arte e civiltà romana nell'Italia settentrionale"Dal 20 settembre al 22 novembre si svolge nelle sale dell'Archiginnasio la mostra Arte e civiltà romana nell'Italia settentrionale, sesta Biennale d'arte antica curata dal prof. Guido A. Mansuelli. Indaga sullo sviluppo dell'arte romana nel nord Italia e sulle influenze che su di essa esercitarono le civiltà precedenti (Etruschi, Galli, Veneti, Liguri). Illustra inoltre le modalità della romanizzazione dell'area padana. A fare da filo conduttore nelle varie sezioni è la dialettica tra arte colta e linguaggi locali: i dislivelli di stile dell'arte romana sono infatti un nodo centrale nella storia dell'arte europea. Il cortile e il quadriportico dell'Archiginnasio sono trasformati da Leone Pancaldi (1915-1995) in un museo a cielo aperto, con un allestimento "emozionante e originale". I reperti, esposti in grande numero, sono collocati sotto il portico con soluzioni che si ritroveranno in interventi successivi dell'architetto bolognese. Nel loggiato superiore le vetrate sono coperte con telai disegnati da Pancaldi per la prima biennale d'arte dedicata a Guido Reni nel 1954dettagli
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1967Il film "Edipo re" di PasoliniIl prologo e l'epilogo del film Edipo re di Pier Paolo Pasolini (1922-1975) sono ambientati a Bologna.Tra i luoghi raffigurati vi sono il portico dei Servi e di piazza Maggiore con la basilica di San Petronio. Il regista scrittore girerà nella sua città natale - in particolare nel parco di Villa Aldini - anche una parte del suo ultimo film, Salò o le 120 giornate di Sodoma, realizzato nel 1975, pochi mesi prima della sua tragica morte.dettagli
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7 novembre 1976Si ferma per sempre la funivia per San LucaLa funivia per il colle di San Luca si ferma il 7 novembre. Quella che doveva essere una interruzione temporanea del servizio diviene una sospensione definitiva. Lo chalet di partenza al Ghisello sarà trasformato in condominio, mentre la stazione a monte rimarrà in abbandono. Di riapertura si riparlerà a più riprese nel nuovo secolo. Nel 2003 il sindaco Guazzaloca parlerà della funivia come di elemento essenziale del “sistema San Luca” - assieme al portico e alla basilica - e solleciterà i privati a farsi avanti. In anni successivi altri politici e amministratori giudicheranno la riattivazione della funivia un "buon progetto", che "sta in piedi ambientalmente ed economicamente".dettagli
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1 agosto 1987Restauri al portico di San LucaViene inaugurata l'illuminazione dei portici di San Luca, finanziata dall'Associazione dei Commercianti (ASCOM). L'anno seguente verrà lanciata l'iniziativa Mille sponsor per san Luca, una grande raccolta fondi per il restauro dei portici. Nel 1989 saranno restaurati vari archi, compreso quello di testa a Porta Saragozza, l'Arco Bonaccorsi. Si interverrà, inoltre, su alcuni affreschi e sulla cosiddetta “Madonna Grassa”, la venerata statua della Vergine col bambino, che si trova non lontano dall'incrocio del portico di San Luca con il torrente Ravone.dettagli
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1 gennaio 1988Il murale di Luis Gutierrez in via ZamboniL'artista colombiano Luis Gutierrez dipinge un grande murale dedicato ai 500 Anni dalla Conquista dell'America sotto il portico di via Zamboni, tra la Facoltà di Lettere e Piazza Scaravilli. L'opera diventerà un simbolo di via Zamboni, crocevia della vita studentesca cosmopolita dell'Alma Mater. Riuscirà a sopravvivere abbastanza integra ai periodi di più intense lotte studentesche, ai frequenti attacchinaggi di manifesti e volantini e agli eccessi goliardici delle feste di laurea. Il murale sarà restaurato nel 2014 da un gruppo di studenti dell'Accademia di Belle Arti, coordinati dalla docente Lucia Vanghi e riportato agli originali vivaci colori, da tempo offuscati dallo smog. Luis Gutierrez continuerà a lavorare e studiare a Bologna, realizzando negli anni numerose altre opere. Dipingerà a più riprese i muri del rione Cirenaica in occasione della festa multietnica e parteciperà all'impresa artistica collettiva promossa nel 2016 da Roberto Morgantini sul ponte di Stalingrado.dettagli
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1 gennaio 1989Il film "Il decimo clandestino"Tra il portico dei Servi, una casa in Strada Maggiore e i vivai di via Orfeo la regista Lina Wertmuller gira il film per la tv Il decimo clandestino, da un racconto di Giovannino Guareschi. E' la storia di una contadina, vedova con nove figli, che cerca tra mille difficoltà e stratagemmi una casa in città. Protagonista è l'attrice bolognese Piera Degli Esposti.dettagli
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1 luglio 1991Via dell'Archiginnasio chiusa al trafficoDal mese di luglio via dell'Archiginnasio è interdetta al traffico privato. La strada - centralissima - collega via Farini a Piazza Maggiore, costeggiando il lungo portico del Pavaglione e il fianco orientale della basilica di San Petronio.dettagli
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1 gennaio 1998Restauri in cittàMel corso del 1998 sono portati a termine alcuni importanti restauri in città. E' ripristinata la rocchetta della Torre Asinelli e vengono ripulite le lunette del portico dell'Annunziata, con affeschi di Giacomo Lippi e Paolo Carracci (1619). All'interno del Palazzo comunale è restaurata la statua Ercole e l'Idra di Alfonso Lombardi nella grande sala al primo piano.dettagli
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1 gennaio 2002Restauri e manutenzioni alla Madonna di Galliera e al BaraccanoNel corso del 2002 è restaurata la statua di Marco Minghetti nella piazza a lui dedicata. Altri importanti restauri vengono portati a termine nella chiesa della Madonna di Galliera (cappella di San Filippo Neri, pala del Guercino con San Filippo che riceve lo Spirito Santo ) e al Baraccano. E' inoltre rinnovata l'illuminazione del portico di via Fondazza, la strada di Giorgio Morandi.dettagli
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31 maggio 2003Il "Passamano per San Luca"Lungo il portico di San Luca una lunga catena umana di ragazzi e adulti si passa di mano in mano delle piccole parti di un dipinto, che raffigura tre arcate del portico e le fa giungere fino alla Basilica sulla cima del colle della Guardia, dove vengono ricomposte dentro la loro cornice. L’iniziativa, promossa nel contesto dell’annuale “Festa della Storia” dal prof. Rolando Dondarini, docente di Storia medievale e di Didattica della storia all’Università di Bologna, vuole ricordare il “passamano” fatto il 17 ottobre 1677 dai cittadini bolognesi di ogni estrazione sociale per portare sulla collina di San Luca i materiali edilizi destinati alla costruzione del portico più lungo del mondo. La rievocazione del "Passamano per San Luca" avverrà anche negli anni seguenti, con il coinvolgimento di numerose scuole della città.dettagli
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8 maggio 2004Il Museo della Beata Vergine di San LucaNel cassero di Porta Saragozza è inaugurato il Museo della Beata Vergine di San Luca. Il fulcro è costituito dalla collezione di documenti e cimeli dello studioso Antonio Brighetti, integrata da oggetti di proprietà del santuario mariano. L'intenzione è quella di creare un punto di informazione e divulgazione sulla basilica, il portico e la devozione secolare dei bolognesi per la Sacra Immagine della Madonna di San Luca.dettagli
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9 settembre 2005John Grisham ambienta a Bologna il best seller "The Broker"Scrittore americano di grande successo, John Grisham ambienta tra i portici e le strade di Bologna il suo ultimo best-seller, The Broker, edito in Italia da Mondadori. Bologna è infatti la città scelta da Joel Backman, ricco avvocato di New York, per rifarsi una vita. Implicato in un intrico internazionale, condannato a una lunga pena, “The Broker” ottiene la grazia presidenziale, che si rivela una trappola ordita dalla CIA e che gli mette alle calcagna i servizi segreti di mezzo mondo.dettagli
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29 giugno 2007Hotel “I Portici” ricordando l’Eden KursaalIn via Indipendenza 69 è inaugurato l'Hotel I Portici. Si tratta di un albergo di lusso, che occupa il Palazzo Maccaferri, costruito nel 1900 alle pendici della Montagnola dall'architetto Attilio Muggia. Al suo interno fu ospitato il café chantant Eden Kursaal, definito “il tempio del varietà a Bologna”, che rivive ora con il nome di Ristorante Teatro Eden. I locali sono stati nell‘occasione accuratamente restaurati, riportando alla luce le originali decorazioni in stile eclettico e liberty.dettagli
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25 gennaio 2014La mostra “Next Level” del Gruppo Cracking ArtPresso il salone di parrucchieri Orea Malià si tiene tra gennaio e marzo la mostra antologica Next Level del Gruppo Cracking Art, realizzata in collaborazione con la Collezione Rosini-Gutman di Riccione. Il movimento Cracking Art è nato nel 1993 a Milano con l’intenzione di proporre un arte di forte impegno sociale, che utilizza in modo innovativo materiali plastici. Il Gruppo ha partecipato nell’ottobre 2013 a Bologna alla promozione della campagna di raccolta di fondi per il restauro del portico di San Luca, mettendo a disposizione 500 rane colorate in plastica rigenerata da offrire come ricompensa alle donazioni dei cittadini. In via Ugo Bassi il collettivo propone una raccolta di tutte le variopinte creature prodotte in venti anni di lavoro: rane, chiocciole, delfini, tartarughe, ecc. Le opere invadono le pareti del salone Orea Malià e anche la pensilina esterna. Gli animali di Cracking Art mirano a portare l’attenzione su luoghi urbani di passaggio quotidiano, rigenerandone l’immagine.dettagli
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13 marzo 2014Un passo per San LucaInizia dagli archi 605-609, quindi in prossimità del santuario, il restauro del secolare portico di San Luca, completato nel 1765 e considerato il più lungo del mondo, con i suoi 3.975 metri di lunghezza. Da ottobre 2013 il Comune ha promosso una raccolta di fondi presso i privati cittadini, intitolata Un passo per San Luca, nell'intenzione di raccogliere almeno una parte dei 300.000 euro necessari a completare i lavori.dettagli
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17 novembre 2014La Fiera di Santa Lucia si rinnovaRicordi fu con te a Santa LuciaAl portico dei Servi per NataleCredevo che Bologna fosse mia (F. Guccini, Eskimo) Nei giorni che precedono il Natale il lungo portico dei Servi in strada Maggiore si riempie di bancarelle che espongono statuine del Presepe, addobbi, luminarie, articoli da regalo. E' la Fiera di Santa Lucia, il più antico mercatino natalizio dell'Emilia-Romagna, risalente al XVI secolo. Fu qui trasferita nel periodo napoleonico. Prima si teneva il 13 dicembre presso la chiesa omonima in via Castiglione. Oltre che per la vendita di addobbi natalizi, la Fiera è rinomata per i dolciumi preparati sul posto. Oggi sono croccanti, torroni, zucchero filato, un tempo erano le mistocchine - frittelle di farina di castagne aromatizzate all'anice e abbrustolite su una piastra di ferro - o i biscotti di farina gialla chiamati, appunto, zalett (gialletti), prodotti in varie forme. Sotto il portico si udiva allora il grido ripetuto del venditore: “Si al baioch, al mistuchein!” (cioè: sei mistocchine per un soldo!). Dal 1991, in occasione della Fiera, sotto gli archi di strada Maggiore vengono esposte alcune opere di Gino Pellegrini, già scenografo di Hollywood e curatore a Bologna di numerosi allestimenti. Sono sagome in legno a grandezza naturale dei personaggi del Presepio, oppure riproduzioni di famose Annunciazioni e Natività o delle Arti per Via del Mitelli. Nel 2014 la Fiera si rinnova: le bancarelle cambiano e diventano più moderne e funzionali. L'offerta dei prodotti avvicina il tradizionale mercatino delle figurine di terracotta a una delle numerose manifestazioni generaliste, che si tengono a Bologna durante l'anno.dettagli
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22 gennaio 2015CHEAP on BoardIn occasione di Art City si svolgono alcuni interventi artistici site specific organizzati da CHEAP, associazione promotrice del festival di street poster art, che si tiene ogni anno a Bologna nel mese di maggio. Essi vengono realizzati in strade centrali, su spazi di affissione pubblica del Comune da anni in disuso. In viale Masini l'artista 2501 (Jacopo Ceccarelli) svolge sul muro dell'autostazione l'intervento dal titolo Negative Spaces 02, 43 riquadri ricoperti da fogli di carta sovrapposti e dipinti a mano. In via Indipendenza e via San Giuseppe James Kalinda e Signora K utilizzano 24 bacheche collocate sotto i portici per lavori dal forte linguaggio figurativo. Gosthmother di Kalinda presenta ritratti di bambini, sostenuti da madri la cui immagine è volutamente esclusa. Il lavoro di Signora K mette invece al centro la donna, raffigurata come "madre-dea". Dal 1° al 10 maggio si terrà il Cheap Festival, che occuperà con importanti lavori murali alcuni spazi della periferia, dal parcheggio di piazza Azzarita all'Ippodromo dell'Arcoveggio, mentre gli ormai consueti poster in bianco e nero animeranno alcune bacheche del centro.dettagli
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12 marzo 2015Escher in mostra a Palazzo AlbergatiDal 12 marzo al 19 luglio si svolge, nelle sale di Palazzo Albergati in via Saragozza, una mostra di Maurits Cornelis Escher (1898-1972), incisore e grafico olandese. Le circa 150 opere esposte provengono in gran parte dalla Collezione Giudiceandrea e dalla Fondazione Escher. Testimoniano le due fasi principali della carriera dell'artista: la prima, naturalistica, legata alla sua passione per il paesaggio italiano; la seconda vicina al surrealismo e ricca di fascino, permeata da studi scientifici. Tra i principali palazzi bolognesi del pieno Rinascimento, Palazzo Albergati ha una lunga facciata senza portico, costruita semplicemente in mattoni con decorazioni di arenaria. Al piano terreno si aprono due portali in stili diversi, uno dei quali in linea con la sottostante via Nosadella. L'edificio fu gravemente danneggiato nel 2008 da un incendio che provocò la perdita di importanti affreschi del XVII e XVIII secolo. La mostra di Escher è significativa anche per la riapertura al pubblico di questo importante palazzo senatorio.dettagli
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24 maggio 2015"Muri di Versi" in via FondazzaVia Fondazza, la prima social street bolognese (2013), è tappezzata di poesie. Il tratto di portici tra Strada Maggiore e via San Petronio Vecchio si riempie di fogli di carta, con poesie, fotografie, disegni appesi ai muri, sospesi a fili di cotone, ordinati con le "mollette" su stendibiancheria. “Il muro non è barriera, confine, ma, al contrario, si presenta come prolungamento esterno di una tensione poetica privata che cerca la condivisione” è il chiaro messaggio degli organizzatori dell'evento, voluto dalla associazione culturale "Tutto in un punto", con la collaborazione di alcune riviste letterarie e degli stessi abitanti del quartiere.dettagli
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24 giugno 2016Chiude il laboratorio Elios di Giuliano GiulianiIl 24 giugno chiude la storica tipografia Elios. Fu fondata nel 1953 in via Parigi dall'imprenditore Giuliano Giuliani con un modesto impianto: una macchina rudimentale per riprodurre i lucidi degli ingegneri, geometri e architetti. Nel 1957 la ditta fu tra le prime a introdurre in città la macchina fotocopiatrice. Nel 1966 si trasferì in via Testoni, nel laboratorio realizzato dal Gruppo Architetti Urbanisti "Città Nuova" (U. Maccaferri, G.P. Mazzuccato, M. Zaffagnini). Si trattava di un progetto carico di utopia ed estremamente curato nei dettagli. L'isola ricavata tra il portico esterno su via Testoni e il cortile del palazzo, consentiva alle auto dei clienti di accostarsi direttamente al laboratorio: una sorta di drive-in senza il film. Il disegno originale è stato in seguito modificato. Fino alla fine della sua attività, la Elios, da tempo gestita dai figli del fondatore, ha introdotto innovazioni e tecnologie d'avanguardia, che hanno consentito prodotti personalizzati, come stampe a colori in grande formato. Giuliani è stato anche uno scultore di notevole levatura: ha lasciato opere di grandi dimensioni, in vari materiali e soprattutto di carattere geometrico. Alcune di esse sono conservate alla Galleria d'Arte moderna di Bologna, davanti al mausoleo Marconi a Pontecchio, a Marzabotto, a Senigallia e anche all'estero. L'imprenditore scomparirà il 18 dicembre 2017.dettagli
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8 aprile 2017Bottega PorticiNel Palazzo Bega in piazza Ravegnana apre Bottega Portici. Sulla bella terrazza sotto le due torri è possibile degustare a prezzi contenuti alcuni piatti tipici della cucina bolognese. Assieme al Ristorante I Portici, presente in via Indipendenza dal 2013, il locale punta a creare un “brand della bolognesità”, che accompagna il notevole aumento, in questo periodo, del flusso turistico in città.dettagli
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25 maggio 2017La pista ciclabile dei ServiDopo due anni di attesa è inaugurata la nuova barriera che, sostituendo i vecchi paletti di ghisa, protegge il portico dei Servi e delimita una pista ciclabile di circa 200 metri su Strada Maggiore, da via Guerrazzi a via dei Bersaglieri. Progettata dall'Ufficio Tecnico comunale, è composta da 46 elementi lunghi 3 metri e provvisti di luci al led per la illuminazione notturna. L'opera è contestata da personalità della cultura e associazioni come Italia Nostra, che la ritengono non in armonia con l'ambiente architettonico circostante e chiedono, alla luce di altri recenti interventi di riqualificazione urbana, il ripristino dell'Ufficio Città Storica e Qualità Urbana del comune, da tempo abolito.dettagli
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23 giugno 2017La croce ritrovata di Santa Maria MaggioreDal 23 giugno 2017 al 7 gennaio 2018 è esposta al Museo Medievale una antica croce in pietra ritrovata nel 2103 presso la chiesa di Santa Maria Maggiore - durante i lavori di pavimentazione del portico, lesionato dal terremoto del 2012 - e di recente restaurata. Sul braccio destro riporta la data 1143 ed è quindi una delle più antiche a Bologna. Un tempo croci monumentali simili a questa erano abbastanza frequenti nelle strade cittadine. Esse risalgono agli inizi della storia cristiana, ma si diffusero particolarmente in epoca comunale, in un periodo di grande sviluppo della città. Segnalavano la presenza di un luogo di culto o erano collocate nei trivi. Alcune di esse furono nel tempo protette in piccole cappelle corredate del necessario per le celebrazioni liturgiche.dettagli
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14 marzo 2019Bologna candida i suoi portici come patrimonio UNESCOIl 14 marzo, alla presenza del sottosegretario per i Beni e le attività culturali Lucia Borgonzoni, si tiene in Sala Farnese l'illustrazione pubblica della candidatura dei portici di Bologna a patrimonio dell'umanità UNESCO. Dal 2006 i portici sono inseriti nella lista italiana dei siti proposti per divenire patrimonio UNESCO. Il Comune deve preparare un dossier di candidatura, sviluppato da un apposito gruppo di lavoro, con lo scopo di mettere in evidenza il valore eccezionale e universale dei portici. Il dossier sarà accompagnato da un Piano di Gestione, che descriverà i compiti dei vari attori pubblici e privati coinvolti.dettagli
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2 aprile 2019"Bologna a testa in su" di Daisy HuoDal 2 aprile al 5 maggio 2019 il Museo Davia Bergellini ospita la mostra Bologna a testa in su, dell'illustratrice Daisy Zuo, curata dall'Associazione culturale Hamelin. Nei suoi disegni Bologna è un luogo in cui realtà, fantasia, mistero si confondono: a immagini descrittive, che inquadrano alcuni scorci noti della città - il portico dei Servi. Il Teatro comunale, San Luca - si alternano visioni surreali, popolate di ombre, maschere, animali fantastici. Daisy Zuo è il nome d'arte dell'illustratrice cinese Zouchao Zuo (n. 1984), originaria di Hangzhou, presente alla Bologna Children's Book Fair nel 2018. E' stata scelta tra i tanti artisti che nel 2018 hanno partecipato al concorso indetto da Bologna Città della Musica Unesco e dall'Associazione Collegio di Cina. Ha trascorso un periodo in città con una residenza d'artista, esplorandola e raccogliendo immagini che hanno poi popolato l'album Bologna a testa in su. Nella mostra i disegni di quell'album, assieme a quelli di un calendario fantastico ispirato a Bologna e al Davia Bargellini, si insinuano tra i mobili, le ceramiche e gli oggetti del museo.dettagli
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21 gennaio 2020I portici di Bologna candidati per l'Italia al patrimonio UnescoIl Consiglio Direttivo della Commissione Nazionale Italiana per l'Unesco, riunito presso il Ministero dei Beni Culturali, delibera la presentazione della candidatura dei portici di Bologna alla Lista del Patrimonio Mondiale per il 2020. L'esito si avrà nel 2021 a Parigi. Bologna vanta 62 chilometri di portici, dei quali 42 nel centro storico. Nel dossier della candidatura sono stati messi in evidenza alcuni tratti particolarmente significativi, come via Santa Caterina, via Santo Stefano, il Baraccano, via Galliera, il Pavaglione, via Zamboni, la Certosa, Strada Maggiore, San Luca. La Commissione Nazionale riconosce i portici come elemento qualificativo della città di Bologna, “punto di riferimento per uno stile di vita urbano sostenibile, in cui gli spazi religiosi e civili e le abitazioni di tutte le classi sociali sono perfettamente integrate”.dettagli
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4 luglio 2021Restaurata la facciata dell'Arena del SoleDopo un restauro a cura del Comune durato nove mesi, la facciata dell'Arena del Sole, con le decorazioni e le statue di Alfredo Neri (1862-1928), è di nuovo visibile nella sua veste originale. L'intervento ha riguardato anche le volte del portico e il sistema di deflusso delle acque piovane. Una nuova illuminazione a led contribuisce a valorizzare l'antica architettura e l'apparato decorativo.dettagli
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28 luglio 2021I portici di Bologna diventano patrimonio dell'UmanitàI portici di Bologna sono dichiarati Patrimonio dell'Umanità dall'Unesco. Durante una riunione a Fuzhou, in Cina - solo virtuale a causa del covid - il 44° Comitato del Patrimonio Mondiale li inserisce nella World Heritage List ed essi diventano il 58° sito italiano. Si conclude pertanto positivamente l'iter iniziato nel 2019 con la presentazione della candidatura da parte del Comune di Bologna, che ha anche diretto la cabina di regia composta da numerosi enti e istituzioni. Nel dossier di candidatura spiccano, tra i tratti scelti come rappresentativi, portici di diverse tipologie ed epoche storiche. Oltre a quelli più classici, medievali e rinascimentali, vi sono quelli della Bologna napoleonica e post unitaria, fino a quelli più recenti del MAMbo - ex Forno del Pane e nuova Galleria d'Arte Moderna - e del “Treno”, il lunghissimo edificio a due piani che caratterizza il quartiere Barca. La notizia viene accolta con gioia dalla cittadinanza e in particolare da coloro che hanno direttamente promosso e lavorato alla candidatura.dettagli
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25 febbraio 2022In piazza contro la guerra in UcrainaOltre diecimila persone partecipano in piazza Maggiore alla fiaccolata convocata dal Portico della Pace a poche ore dall'inizio dell'invasione russa in Ucraina. Nell'appello che promuove la manifestazione si chiede la "dichiarazione da parte dell'Italia di indisponibilità a partecipare a conflitti armati, la riduzione della tensione da parte della Russia e della Nato mediante il ritiro dei soldati russi e la rinuncia a far entrare l'Ucraina nella Nato". Aderiscono oltre quaranta associazioni, dai sindacati a Pax Christi, alle Donne in Nero. Sono presenti i sindaci della provincia con la fascia tricolore, il rettore dell'Università, il presidente ANPI. Dal palco l'Arcivescovo Zuppi cita le parole pronunciate il 1° gennaio 1968 dal cardinale Lercaro contro la guerra nel Vietnam: "Noi non siamo neutrali, l'unica parte da scegliere è quella della pace". Accanto al sindaco di Bologna c'è la direttrice ucraina del Teatro Comunale Oksana Lyniv. Al presidio si presenta Gianni Morandi, che imbraccia una chitarra e canta il suo famoso inno C'era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones. Sale sul palco anche l'ex presidente del consiglio Romano Prodi. Una prima mobilitazione No War si è svolta il giorno precedente: circa cinquecento persone appartenenti a collettivi e gruppi di sinistra hanno tenuto un presidio in piazza Nettuno, poi hanno sfilato per le strade cittadine al grido di "Nè con Putin, nè con la Nato". La comunità ucraina si è raccolta invece in piazza Santo Stefano. La bandiera ucraina sventola accanto a quella della pace dalle finestre di Palazzo d'Accursio, mentre l'Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna fa illuminare la sede della Fiera con i colori giallo e azzurro. La città si prepara ad accogliere decine di profughi in fuga dalla guerra.dettagli
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1 giugno 2022Festa della "Repubblica che ripudia la guerra"Il Portico della Pace promuove per il 1 giugno in Piazza Maggiore una manifestazione nazionale contro la guerra. Il fronte dei pacifisti si ritrova a Bologna per la terza volta dallo scoppio del conflitto in Ucraina. Ci sono già state iniziative il 25 febbraio e il 12 marzo. Sono numerose le associazioni che aderiscono: l'Arci, la Comunità Papa Giovanni XXIII, Libera, Mediterranea, il Movimento nonviolento, la Rete italiana pace e disarmo e numerose altre. Con lo slogan "La Repubblica ripudia la guerra" è richiesto un immediato “cessate il fuoco” e un impegno dello Stato italiano a ridurre le spese militari e a promuovere iniziative per la pace. Durante la kermesse si succedono interventi di attivisti e terstimonianze di cooperanti e volontari. In un documento si esprime la preoccupazione per una politica che affida la soluzione del conflitto all'invio di armi, piuttosto che alla mediazione della diplomazia.dettagli
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1 marzo 2023Lucio OttantaIl 4 marzo Lucio Dalla avrebbe compiuto 80 anni. Dal 1° al 5 marzo Bologna lo celebra con tanti eventi, curati dalla Fondazione Dalla con il Comune di Bologna e vari altri enti e associazioni. Il 1° marzo vengono scoperti una lapide sulla sua casa natale in piazza Cavour e un cartiglio sulla sua ultima casa in via D'Azeglio. Il 2 marzo al Teatro delle Celebrazioni si tiene la prima edizione della Rassegna Lucio Dalla dedicata alla innovazione musicale. Viene assegnato il prestigioso “Ballerino Dalla” disegnato da Mauro Balletti. Il 3 marzo la casa in via D'Azeglio è aperta per visite guidate. Lo stesso giorno al Paladozza apre l'Expo Village, che accoglie i partecipanti alle gare organizzate da Bologna Marathon 2023 nel nome di Dalla. All'artista sono dedicate le medaglie della Maratona, della 30 km dei Portici e della Unipol Move Run Tune Up, previste per il 5 marzo. Il 4 marzo all'Auditorium di via Manzoni si svolge una speciale serata con il titolo Tutta la vita. I maestri dell'Orchestra del Teatro Comunale si cimentano con le più belle canzoni del cantautore. Sul palco si alternano una serie di talenti che si ispirano alla sua poetica, da Emma Nolde a Erika Mou, da Fabio Curto a Claudia Ceraulo. Il 4 e il 5 marzo inoltre è presentato il libro di Dalla Il parco della luna illustrato da Sarah Mazzetti, legato anche a un progetto della Fondazione Policlinico Sant’Orsola per l’infanzia.dettagli
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1 febbraio 2024Pirro Cuniberti. 12 teste 3 cani 1 topoDal 1 al 4 febbraio, in occasione di Art City, sotto al portico del Pavaglione vengono appesi alcuni stendardi con disegni di Pirro Cuniberti (1923-2016) per celebrare il suo centenario. All’interno del Museo Civico Archeologico è possibile ammirare gli originali, conservati in teche sotto vetro. La mostra, intitolata Pirro Cuniberti. 12 teste 3 cani 1 topo, è curata da Lorenzo Balbi e Paola Giovetti, in collaborazione con Archivio Pier Achille Cuniberti. Allievo di Giorgio Morandi e di Giovanni Romagnoli all'Accademia di Belle Arti di Bologna, Cuniberti è un artista tra i più originali del '900. Creatore di forme e figure immaginarie, alfabeti inventati, segni grafici disposti senza un ordine apparente, mappe della memoria, è stato definito un “sognatore di segni”. Sue opere si conservano presso la Galleria d'Arte Moderna di Bologna e in numerosi musei della provincia e dell'Emilia-Romagna.dettagli