Pronto Soccorso e base partigiana a Castel San Pietro
Dopo l'arresto del fronte sulle colline di Castel San Pietro, i Tedeschi approfittano del periodo di relativa inattività militare per rinforzare le proprie postazioni nella parte del paese, che si affaccia sulla valle del Sillaro.
La sponda sud del fiume è trasformata in un campo minato, le case e gli alberi abbattuti per un chilometro, pronto per essere distrutto il ponte verso Imola. Dalle Terme alla ferrovia è costituita una linea continua di camminamenti e appostamenti, lungo l'argine sinistro e sotto l'abitato.
Vengono usate a questo scopo tutte le case e gli edifici pubblici della zona, comprese le scuole Albertazzi, gli istituti delle suore e l'Ospedale Civile, del quale viene intimato lo sgombero entro poche ore, con l'intenzione di sottrarre il materiale sanitario.
I rappresentanti del Cnl locale convincono il Podestà e il Direttore dell'Ospedale a richiedere una proroga del trasferimento.
Viene deciso di trasportare a Bologna gli ammalati e l'80 per cento delle attrezzature e di riservare le restanti per un punto di Pronto Soccorso, che viene allestito in palazzo Pantaleoni, nel centro del paese.
L'operazione è effettuata più in fretta possibile con mezzi di fortuna e con l'aiuto dei partigiani della zona, del Fronte della Gioventù e dei Gruppi di Difesa della Donna.
Nel Pronto Soccorso si stabilirà una base partigiana, che manterrà i collegamenti con le varie zone operative della Resistenza tramite staffette.
Poche settimane prima dell'arrivo degli Alleati un giovane tenterà di introdursi nella base per uccidere Eros Poggi (Polino) e Aldo Bacchilega (Tommaso), il comandante e il commissario della 66a Brigata Garibaldi.
Il primo sarà presente anche come assistente sanitario, in quanto studente del 5° anno di medicina. L'attentato sarà sventato e la spia catturata e soppressa. Nelle sue tasche sarà trovato un elenco degli antifascisti della zona.
Nei giorni successivi i Tedeschi scateneranno una feroce caccia all'uomo, che costringerà la maggior parte dei resistenti di Castel San Pietro a fuggire o a nascondersi.
Anche dopo il rilascio dei primi ostaggi - una cinquantina di persone più volte interrogate, picchiate e alcune anche torturate - le SS continueranno le ricerche dei partigiani casa per casa, con numerosi arresti fino alla vigilia della liberazione.
- Luigi Arbizzani, Antifascismo e lotta di Liberazione nel Bolognese. Comune per comune, Bologna, ANPI, 1998, p. 81
- Luigi Arbizzani, Nazario Sauro Onofri, Giuliana Ricci Garotti, L'unione dei mille strumenti. Storia della cooperazione bolognese dal 1943 al 1956, Bologna, Emilia Romagna, 1991, p. 42
- Sara Prati, La Resistenza a Castel San Pietro, a cura del Comitato per il Trentennale della Resistenza, Imola, Grafiche Galeati, 1975, pp. 47-48, 67-68, 76-78, 82, 107, 137