L’Albero della Libertà
La sera del 18 ottobre alcuni cittadini democratici, tra i quali Giuseppe Gioannetti, i fratelli Ceschi e Giacomo Greppi, piantano in mezzo a Piazza Maggiore l’Albero della Libertà.
La cerimonia avviene a distanza di quattro mesi dall’occupazione francese. I promotori hanno dovuto superare l’ostilità del Senato, che teme l’entusiasmo popolare e ritiene “breve il passo all’animosità, al fermento, alle stragi, al massacro”.
L’albero è un lungo abete ornato di frasche e cartelli inneggianti contro la monarchia. Ha il tronco fasciato di tela bianca, rossa e turchina e in cima esibisce una berretta rossa, il berretto frigio della “plebe infima”, diventato simbolo repubblicano. A metà del tronco sono appese due bandiere, due fasci e altri emblemi repubblicani.
È stato fabbricato nel palazzo degli Aldrovandi in via Galliera. Carlo Filippo Aldrovandi è stato il primo nobile a indossare la coccarda tricolore dopo l’arrivo dei Francesi.
Viene innalzato al suono del tamburo tra gli evviva e i canti patriottici. Gioannetti intona in a solo l’inno propiziatorio: “Ecco il segnal benefico / della più dolce dea ...”. Poco dopo ai primi patrioti si uniscono molti popolani.
A una “provocazione” del cancelliere di piazza, il “popolaccio entusiasmato” risponde assaltando la caserma dei “birri” - i gendarmi - sotto il portico del Podestà e appiccando fuoco alla porta.
Il bargello Pietro Ferri è accompagnato fuori dall’edificio assieme alla moglie e mostrato sulla pubblica piazza alla luce delle fiaccole. La plebe comincia a devastare e bruciare tutto quanto trova.
Per fortuna viene fatta uscire in tempo una certa quantità di polvere da sparo presente nel camerino del bargello, evitando uno scoppio, che avrebbe potuto far saltare una parte dello storico palazzo.
Durante la notte la plebaglia si presenta in molte case, conventi e botteghe, “esigendo pane, vino e altro”. La sommossa dura fino al giorno successivo.
Per mantenere la quiete pubblica i Massari delle arti vengono incaricati di formare un corpo di Guardia Civica di seicento uomini, poi distribuiti nei quattro quartieri cittadini.
Da ognuno dei conventi utilizzati come caserme partono durante la notte squadre formate di “persone di buona condizione” per controllare le strade, mentre cittadini e soldati francesi fanno la guardia all’Albero della Libertà.
Intanto molti degli autori dei saccheggi della notte precedente vengono catturati e incarcerati.
Bonaparte, di passaggio a Bologna tra il 18 e il 19 ottobre, deplorerà l’accaduto e pretenderà l’arresto dei colpevoli della sedizione e la condanna a morte di uno dei capi dei saccheggiatori. La sentenza sarà però “commutata nella galera”, su insistenza di molti.
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