Briganti del papa re

La notte dell'8 agosto 1860, poche settimane dopo che la legge sabauda ha imposto la leva obbligatoria di cinque anni, una banda armata, guidata dal mugnaio di Lognola Gaetano Prosperi detto "lo Spirito" assale la sede delle guardie di Monghidoro, abbattendo lo stemma dei Savoia. Sfuggendo alla prevedibile caccia all'uomo, Spirito riesce a riparare nelle Marche e ad arruolarsi nel cosiddetto "Esercito della Fede".

Dopo il suo ritorno a Monghidoro è protetto dai parroci e dai contadini del luogo. Il 15 luglio 1861, però, uccide in uno scontro a fuoco un brigadiere. Catturato nel 1862, dopo che un incidente con lo schioppo gli ha sfracellato una mano, è processato a Bologna e condannato a morte: la sentenza viene eseguita il 15 dicembre 1863.

Il caso dello Spirito, il più famoso brigante del bolognese, non è molto diverso da quello di Terenzio Grossi, protagonista del fumetto di Michele Petrucci, a capo di una masnada ribelle al nuovo Regno nel territorio di Pesaro e Urbino.

Entrambe sono uomini "incapaci di sottostare alle regole e a qualunque tipo di costrizione e padrone", ma l'ex bracciante marchigiano e i suoi accoliti hanno ben altro profilo criminale, che li accomuna semmai al celebre Passatore romagnolo, già morto e sepolto al tempo dell'Unità d'Italia: decine di furti, grassazioni, omicidi e il terrore seminato tra le genti dell'Appennino, assieme all'inevitabile fascinazione per il bandito spietato e imprendibile.

(Le notizie sono tratte da un testo di G. Berti nel progetto "Monghidoro crocevia dell'Europa" - Comune di Monghidoro. La citazione è di A. Consonni)