Giovanni Pascoli

1855-1912

Nasce a San Mauro di Romagna nel 1855.  Rimane orfano nel 1867, a soli 11 anni, dopo che il padre Ruggero (Zvanì), amministratore dei principi Torlonia, viene assassinato con un colpo di fucile, mentre torna a casa in calesse da Cesena.

Il delitto, rimasto impunito, lascia tracce profonde nell'animo del futuro poeta e porta al dissesto economico e alla disgregazione la famiglia, funestata negli anni successivi da una serie incalzante di lutti.

Nel 1871, dopo la morte del fratello Luigi, Giovanni deve lasciare il collegio dei padri Scolopi di Urbino e si trasferisce a Rimini per frequentare il liceo classico.

Nel 1873 si diploma  al Liceo "Vincenzo Monti" di Cesena, superando gli esami come alunno esterno. Nei giorni immediatamente successivi invia all'Università di Bologna i documenti per l'iscrizione alla Facoltà di Lettere.

Quell'anno l'Università di Bologna mette in palio sei borse di studio di 600 lire. Tra i concorrenti, esaminati da una commissione di cui fa parte Giosuè Carducci, c'è il giovane Pascoli, che risulterà tra i vincitori. Il superamento delle prove per il concorso vale anche per l'ammissione al corso di laurea.

A Bologna prende dimora presso la famiglia di un imbianchino nel popolare Borgo di San Pietro. I suoi primi compagni e amici sono Ugo Brilli e Severino Ferrari. E' Brilli

a presentare, nel 1873, il Ferrari, studente dell'ultimo anno di liceo e bisognoso di un aiuto in latino, al Pascoli, iscritto invece al primo anno della Facoltà filologica e già conosciuto ed apprezzato dai condiscepoli per le eccezionali competenze di latinista.

Nasce tra i due giovani un'amicizia profonda, fraterna, duratura, dovuta ad affinità letterarie e anche politiche.

Tra i docenti con cui Giovanni sostiene i primi esami spicca il nome di Giosue Carducci, conosciuto di fama al collegio degli Scolopi come il cantore di Satana. Un suo insegnante, padre Donati, lo ha descritto come "il poeta più classico e più novatore, lo scrittore più antico e più moderno, che abbia l'Italia".

Il primo periodo di studi universitari si interrompe al secondo anno. Dopo la morte, nel 1876, del fratello maggiore Giacomo, il "piccolo padre", la sua vita a Bologna diventa più precaria.

Tra gli internazionalisti

Come tanti altri studenti rimane affascinato dalla propaganda di Andrea Costa, la cui parola vibrante e suggestiva aveva risuonato persino nella Corte d'Assise durante il processo per l'insurrezione del 1874. Tra il 1875 e il 1880 Pascoli interrompe gli studi "per dedicarsi alla redenzione del proletariato".

Nel dicembre 1876, in un'adunanza di internazionalisti, prende la parola dopo Andrea Costa con un breve discorso, propugnando in modo sereno il metodo rivoluzionario e rivelando la sua gentilezza d'animo.

Inizia la sua collaborazione al giornale "Il Martello" di Costa, in cui scrive sonetti e aiuta a spogliare giornali esteri e riviste. Diventa segretario della Federazione bolognese dell'Internazionale dei lavoratori tra il 1876 e il 1877, in sostituzione di Alceste Fagiuoli, morto di tisi dopo una lunga prigionia.

Frequenta l'osteria del Foro Boario, ritrovo di anarchici in cui opera Teobaldo Buggini, ex garibaldino, tra i principali organizzatori della fallita sommossa del '74.

La vicinanza ai primi movimenti socialisti ha per lui gravi conseguenze personali. Nel 1876 gli viene tolta la borsa di studio per la partecipazione ad una manifestazione studentesca.

Dal marzo all'agosto 1878, grazie a una richiesta inoltrata da Carducci, ottiene una supplenza retribuita presso il Ginnasio comunale "Guinizelli" di Bologna. Il preside Atti lamenta le sue continue assenze. Risulta irreperibile anche dalla sua nuova residenza in via Pelacani (poi Petroni).

Nel 1879 Il tribunale di Bologna condanna per Associazione di malfattori un gruppo di internazionalisti imolesi. Durante una manifestazione in loro favore, Pascoli è arrestato e condannato a una breve pena detentiva, scontata tra il 7 settembre e il 22 dicembre. L'episodio, che rallenterà la sua carriera, è ricordato nella poesia La voce: "Si processavano come malfattori quelli che aspiravano a togliere dal mondo il male e si condannavano".

La situazione di Pascoli in questo periodo è commentata da una lettera dell'amico e compagno di studi Ugo Brilli a Severino Ferrari:

Vedi, il Pascoli si è rovinato col suo poco giudizio; non dico già rovinato perché s'è fatto mettere in prigione, ma perché non ha saputo fin qui far nulla nulla e ha tolto negli altri - in tutti forse - la fede al suo ingegno.

Studente modello e poeta

Dopo questa turbolenta parentesi, Giovanni decide di chiedere la riammissione alla Facoltà di Lettere, dichiarando di essere stato "distolto dagli studi per sventure domestiche".

Giulia Cavallari, sua compagna di studi in questo periodo, ne ha tratteggiato un vivido ritratto:

Mingherlino allora, biondo, piuttosto pallido, presentava un insieme di timidezza e di spavalderia; col cappello storto, con una cravatta rossa fiammante si atteggiava un po' a rivoluzionario, mentre aveva pudori di fanciullo, che lo facevano arrossire con la più grande facilità; aveva cuore di una tenerezza che solo sarebbesi potuta paragonare con la materna. Ruvido e affabile ad un tempo, non schivava i compagni e non li cercava; si diceva che non si affannasse troppo a studiare: certo non mancava mai alle lezioni ed interrogato primeggiava sempre.

Nonostante le difficoltà economiche, attestate dalla dispensa dal pagamento delle tasse di iscrizione, frequenta con successo i corsi degli anni accademici 1880-81 e 1981-82, ottenendo buoni risultati in tutte le materie.

Carducci, insegnante di Letteratura italiana, attesta con soddisfazione l'attività del suo allievo: "ha dato prova e saggi d'ingegno benissimo dotato e di attitudine singolare nella conoscenza scientifica e nell'esempio pratico e didattico delle lettere classiche e italiane".

Si laurea in Letteratura greca, relatore il prof. Gaetano Pelliccioni. La sua tesi sulla produzione poetica di Alceo ottiene il massimo dei voti e la lode.

Il 23 settembre 1882, poco prima di partire da Bologna, il giovane professore chiede l'affiliazione alla Loggia "Rizzoli", dove viene accolto all'unanimità.

Negli anni successivi insegna nei licei di varie città italiane. Nel 1885 a Massa chiama a vivere con sé le sorelle Ida e Maria. La ricostruzione del "nido" famigliare inaugura un periodo di serenità.

Nel 1892 il giovane professore sale alla ribalta nazionale per la vittoria nel Certamen Hoeufftianum, concorso di poesia latina promosso dall'Accademia delle Scienze di Amsterdam. Il successo si ripeterà numerose volte, consacrandolo come uno dei maggiori esperti in quest'ambito.

Nell'estate del 1895 trova dimora in una bella casa a Castelvecchio di Barga, in provincia di Lucca. Qui si rifugia, con le sorelle Ida e Maria, quando i doveri dell'insegnamento glielo permettono. Riuscirà ad acquistarla solo nel 1902.

Primo ritorno

Il 26 ottobre 1895 con deliberazione ministeriale è nominato professore straordinario di grammatica greca e latina all'Università di Bologna. La destinazione è accettata dal poeta un pò di malavoglia. Essa gli fa "riaffiorare il ricordo di anni che avrebbe voluto invece dimenticare. Anni di fame e di miseria più che di spensieratezza studentesca". Si trova inoltre stretto tra gli insegnamenti di Puntoni e Gandino "non potendo spaziare nella materia con quella libertà di cui aveva bisogno".

Il 21 gennaio pronuncia la prolusione del suo corso, dal titolo Il ritorno. In febbraio, in omaggio ai 35 anni di insegnamento di Carducci, pubblica sul "Resto del Carlino" i suoi ricordi di scolaro. Nei mesi seguenti ha gravi e continui problemi di salute, che gli impediscono di svolgere appieno il suo ruolo di docente.

Nel 1897 rassegna le dimissioni dall'incarico di professore, per uno scandalo provocato dal fratello Giuseppe, "venuto per sfruttare quel disonore a mie spese, a spese del mio posto". Decide di guadagnarsi la vita "con articoli, poesie, libri scolastici (grama vita)". Nel 1898 è nominato ordinario di Letteratura latina all'Università di Messina.

Le raccolte di Myricae e dei Canti di Castelvecchio (1903) costituiscono le sue opere poetiche più significative: Pascoli prende spunto dall'ambiente familiare e agreste in cui ha scelto di vivere, lontano dalla città e dalla vita moderna. La natura è il luogo dell'anima dal quale contempla le vicende luttuose della sua vita. Secondo A. Battistini

per quanto realizzata in seno a una poetica classicistica, la poesia di Pascoli sviluppa l'arditezza della sperimentazione, il bisogno di espressività non convenzionale, la tensione innovativa.

Nel 1904 esce presso l'editore Zanichelli la prima edizione dei Poemi conviviali, corredata di xilografie di Adolfo De Carolis.

Sulla cattedra di Carducci

Nel 1906 è designato a succedere a Carducci sulla cattedra di Letteratura italiana dell'Università di Bologna. Pur tra tanti "motivi d'indecisione, di turbamento, d'ansia interiore", sente il dovere d'accettare, soprattutto dopo la malattia e la morte dell'amico Severino Ferrari, l'erede designato dal Maestro.

Considera, tra l'altro, il prestigioso incarico bolognese un risarcimento per i torti subiti nella sua vita, a partire dall'assassinio impunito del padre, che ha gettato nella disperazione e nella miseria la sua famiglia. Il 27 novembre commemora Carducci leggendo la sua ode Cadore e ricordando il suo impegno per l'istruzione del popolo.

Quello dell'ultimo periodo è comunque un Pascoli stanco, che in genere non entusiasma il suoi studenti: prima di riformularsi, in parte, come il poeta civile della "Gran Proletaria", il professore immalinconisce "il folto uditorio eterogeneo e irrequieto col commento filologico di Dante".

Pascoli esalta a più riprese la sapienza nell'insegnamento e la grande tempra morale di Carducci, ma non ne parla come poeta. Il suo temperamento lirico è, come ha attestato Luigi Federzoni, distante da quello del maestro.

Due diversi orientamenti di fantasia e di espressione: il "grande Artiere" e il "Fanciullino", l'uno che per sé faceva uno strale d'oro e lo lanciava verso il sole, e l'altro che scopriva riflesso nelle piccole cose l'eterno mistero dell'universo.

Nel 1908 pubblica La canzone dell'Olifante, prima parte del poema storico Le Canzoni di Re Enzio. L'opera, prevista in cinque parti, è ambientata a Bologna durante la lunga prigionia del figlio dell'imperatore Federico II. E' descritta dall'autore come "tentativi e saggi epici ricavati dalla nostra fiera storia medievale", che hanno soprattutto "un fine di cultura".

Il ciclo, che rimarrà incompiuto alla morte del poeta, è ispirato tra l'altro all'opera di Alfonso Rubbiani, responsabile proprio in questi anni del discusso restauro del palazzo di Re Enzo.

Pascoli si spegne nel 1912 all'età di 56 anni, nella sua casa bolognese in via dell'Osservanza. Dopo un solenne funerale in città, è sepolto, secondo le sue volontà, nella cappella annessa alla sua residenza di Castelvecchio di Barga.

  • Andrea Battistini, La cultura letteraria tra classicismo e avanguardia, in: ... E finalmente potremo dirci italiani. Bologna e le estinte Legazioni tra cultura e politica nazionale 1859-1911, a cura di Claudia Collina, Fiorenza Tarozzi, Bologna, Editrice Compositori - Istituto per i Beni artistici, culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna, 2011, pp. 196-197
  • Bologna Caput Mundi. I grandi e la città da Dante ai giorni nostri, testi di Fabio Morellato, foto di Paolo Zaniboni, Gianni Castellani, ricerca storica e bibliografica di Isabella Stancari, Bologna, L'inchiostroblu, 2011, pp.182-189
  • Giovanni Capecchi, Giovanni Pascoli, in: Atlante dei movimenti culturali dell'Emilia-Romagna. Dall'Ottocento al contemporaneo, a cura di Piero Pieri e Luigi Weber, Bologna, CLUEB, 2010, vol. 1., p. 81
  • Pier Mario Fasanotti, Tra il Po, il monte e la marina. I romagnoli da Artusi a Fellini, Vicenza, Neri Pozza, 2017, pp. 111-133
  • Luigi Federzoni, Bologna carducciana, Bologna, L. Cappelli, 1961, pp. 70-79
  • Carlo Manelli, La Massoneria a Bologna dal XII al XX secolo, Bologna, Analisi, 1986, pp. 111-112
  • Leonello Manzi, Aspetti del magistero bolognese del Pascoli, in: "Strenna storica bolognese", 30 (1980), pp. 173-192
  • Alberto e Giancarlo Mazzuca, Romagna nostra, con le fotografie di Lorenzo Capellini, Argelato, Minerva, 2019, pp. 78-79
  • Pascoli. Vita e letteratura. Documenti, testimonianze, immagini, a cura di Marco Veglia, Lanciano, Carabba, 2012
  • Federico Ravagli, Dino Campana e i goliardi del suo tempo, 1911-1914. Autografi e documenti, confessioni e memorie, Bologna, CLUEB, 2002, p. 36
  • Gian Luigi Ruggio, Giovanni Pascoli. Tutto il racconto della vita tormentata di un grande poeta, Milano, Simonelli, 1998
  • Severino Ferrari e il sogno della poesia, mostra documentaria, Biblioteca comunale S. Ferrari, 28 febbraio-28 marzo 1999, a cura di Simonetta Santucci e Carlotta Sgubbi, Molinella, BIME Tipo-Litografia, 1999, p. 21, 29

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