copertina di L'ultima profezia del mondo degli uomini. L'Epilogo

L'ultima profezia del mondo degli uomini. L'Epilogo

Fanucci, 2012

Finalmente, ormai era un uomo adulto, quasi sedici anni, arrivarono di fronte al mare.
Kail rimase senza fiato davanti a quella cosa infinita, pensando che se c'era un dio che aveva creato le onde, non era possibile che fosse lo stesso dio delle sue terre, quello che passava il tempo a bere con le anime dei grandi guerrieri dentro ai teschi dei nemici uccisi.

 

Il mondo salvato dagli Ultimi

Gli Yurdioni sono un popolo di guerrieri. Di guerrieri e basta. I più terribili e feroci, non sanno cosa sia la pietà, né la strategia, né la paura, e hanno spazzato via il regno degli Orchi e quello degli Uomini. Amano la guerra, e sanno fare solo quella. Non scrivono, non leggono, non sorridono, quasi non parlano se non per darsi ordini.
Kail è uno di loro, ma sin da piccolo è rimasto isolato nel bosco, e non ha imparato completamente l'unica regola del suo popolo: che non esiste il singolo individuo, esiste solo il gruppo da imitare. Così è diventato Kail il Solitario, poi lo Stolto, e lo è anche ora che è nell'esercito, l'ultimo degli ultimi. Ma Kail, silenzioso e quasi invisibile, ha imparato a pensare, grazie ad un oggetto proibito che gli ha tramandato la madre, una trottola vecchia di secoli. Una trottola con lo stesso disegno, la spirale aurea, simbolo dell'infinito, e lo stesso potere di aprire la mente è in mano anche a qualcun altro. Il mondo è sull'orlo del collasso, nessuno ha più speranze. Ma bastano poche anime, anche le più disgraziate, ancora pronte a pensare, per poter accendere una luce nell'oscurità più assoluta.