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Il coltello che mi ha ucciso

“Quando entrai in quella scuola, capitai nella classe dei ragazzi più ottusi, e per forza di cose divenni uno di loro.” Paul è un ragazzo tranquillo, silenzioso, che vorrebbe starsene sulle sue, al punto che non si taglia mai i capelli per non destare l’attenzione. Per non farsi notare si è adattato al basso livello dei suoi compagni, e ha dimenticato la voglia che aveva sempre avuto di imparare. Non si è inserito, per scelta, in alcun gruppo, e si tiene alla larga sia dalla banda di Roth, un ragazzo carismatico e molto violento che terrorizza persino i docenti, sia dai “freaks”, gli strani, che tutti evitano proprio perché vogliono essere diversi dagli altri, nei gusti e nei comportamenti. Ma ora è successo qualcosa di terribile, e Paul ci parla da un luogo grigio e freddo: “poteva andarmi peggio, visto e considerato com’è l’inferno”, racconta. E racconta anche di quell’evento che, dice, lo ha ucciso: come ci si è arrivati, e cos’è successo in quel preciso istante. Racconta di quando per la prima volta si è ribellato alla banda di teppisti, di quando ha rischiato l’espulsione ma è rimasto zitto, di quando si è avvicinato ai freaks, a Shane e anche a Maddy, che forse è la ragazza che aspetta da tempo; e di quando Roth lo ha convinto a seguirlo, chissà come, e a guidare in un pericolosissimo scontro tra i ragazzi della sua scuola e i rivali di sempre del campus vicino.