Letteratura ceca

La letteratura ceca conobbe le sue prime espressioni già nel IX secolo, a seguito della predicazione dei santi Cirillo e Metodio e l'introduzione, da parte di questi ultimi, dell'alfabeto glagolitico. Terminata l'esperienza della Grande Moravia, il territorio dell'attuale Repubblica Ceca, sottratto all'influenza bizantina, ricadde sotto quella di Roma e dei paesi germanici. Assieme all'impiego dell'alfabeto latino, iniziò una duratura osmosi culturale con i paesi occidentali. Dal 1620, dopo la battaglia della Montagna Bianca e l'affermarsi nel paese della religione cattolica, si assiste ad una progressiva emigrazione degli intellettuali protestanti verso altri più tolleranti paesi europei. L'esperienza degli intellettuali cechi in esilio cessa alla fine del XVII secolo, mentre la letteratura nazionale ceca, largamente influenzata dal cattolicesimo, si arrocca su modelli del passato. Nei secoli successivi il territorio ceco darà i natali a molti scrittori di grande livello, intrisi di cultura locale, ma con espressione in altre lingue, come Kafka e Meyrink. Nella lingua boema, un grande scrittore e drammaturgo fu, all'inizio del '900, Karel Capek. Tra gli autori recenti, Vàclav Havel, intellettuale e uomo politico, nella sua produzione teatrale provoca l'intelligenza dello spettatore, invitandolo a riflettere su tematiche che lo riguardano direttamente. Bohumil Hrabal, rappresentante di una corrente realistica e fantastica assieme, è molto amato nei paesi slavi e ampiamente tradotto in italiano. Milan Kundera è forse lo scrittore ceco vivente più famoso: costretto all'esilio dopo il 1968, vive da molti anni in Francia e ha scritto in francese le sue ultime opere. Molto popolare è anche il più giovane Michal Viewegh, che nei suoi romanzi reinterpreta la storia del suo paese in chiave postmoderna.