Cartigli di Bologna

giardini

Bologna è costellata di aree verdi e parchi nel centro storico, nella periferia, nella zona collinare. Entro la cerchia delle mura antiche i giardini sono spesso scrigni segreti, capaci di sorprendere: alberi centenari, tromp-l'oeil, angoli di paradiso floreali.

copertina di Parco di Villa Angeletti
Parco di Villa Angeletti
Nel ‘700 la pianura che si estendeva tra il canale Naviglio e l’antico corso del Savena era punteggiata di case coloniche e ville disposte lungo gli stradelli che si aprivano a ventaglio fuori porta Galliera. In prossimità di un ampio meandro del Navile, ben visibile ancora oggi, era situato il palazzo della famiglia senatoria Calderini. Dell’edificio, passato agli Angeletti nel secolo successivo, non restano più tracce (venne ridotto in macerie dai bombardamenti dell’ultima guerra), mentre i terreni circostanti sono stati donati dalla Carisbo al Comune per ospitare un parco pubblico. L’area verde, terminata nel 1997, si sviluppa per 8,5 ettari lungo la sponda destra del canale. Il progetto ha puntato ad assecondare la morfologia del luogo e a conservare le alberature preesistenti (alberi da frutto, qualche esemplare ornamentale) e i lembi di vegetazione spontanea che fiancheggiano il corso d’acqua. Nel resto del parco, caratterizzato dal disegno delle piste ciclabili, ampi prati si alternano a zone alberate con latifoglie autoctone. In posizione centrale si trova una attrezzata area giochi per i bambini.
copertina di Giardino della Lunetta Gamberini
Giardino della Lunetta Gamberini
Il nome del giardino ricorda la linea difensiva voluta dal generale Fanti tra il 1860 e il 1867, che contava 9 forti e 17 lunette munite di cannoni intorno a Bologna e sparse fortificazioni sulle colline. La lunetta prese il nome da una Cà Gamberini che sorgeva nei pressi della via Emilia. L’ingombrante trincea fu un’apparizione effimera, perché il piano regolatore del 1889 ne decretò il rapido smantellamento. Furono conservati solo piccoli presidi, come la Lunetta Gamberini, adibita alla fabbricazione di fulminato di mercurio. Il complesso dell’area verde, che si estende per 14,5 ettari, è frutto di una serie di acquisizioni degli anni ’70. Circondata da una folta siepe con alberi di Giuda, forsizie, scotani, sanguinelli, sinforine e altri arbusti ornamentali, ospita al suo interno impianti sportivi, scuole, un centro sociale e un centro giovanile. Gli ampi prati sono spesso ombreggiati da filari di pioppi bianchi e tigli. Dall’ingresso di via Sigonio, oltre un prato alberato, si alza un rilievo, con le pendici rivestite di robinie, biancospini e olmi, che era probabilmente il nucleo centrale della vecchia postazione.
copertina di Parco dei Calanchi di Sabbiuno
Parco dei Calanchi di Sabbiuno
È situato all’estremità del territorio bolognese, in confine con Sasso Marconi, e si estende su entrambi i versanti del crinale tra Reno e Savena, qui percorso da via di Sabbiuno (sul tracciato di un’antichissima strada per la Toscana). L’area verso il Savena è occupata da prati, cespugli di rose selvatiche e biancospini, filari di aceri di monte, olmi, ornielli e lembi boscati di impianto recente; molto suggestivo è il panorama sulle pareti dirupate, le sottili creste e il pinnacolo isolato delle arenarie plioceniche sotto Monte Sammorè. Il versante verso il Reno, selvaggio e non praticabile, è interamente occupato da uno spettacolare anfiteatro di calanchi, con i bordi punteggiati di ginestre. Sul margine è sorto il notevole monumento in memoria dei 100 partigiani assassinati in questo luogo dai nazifascisti nel dicembre 1944, opera del Gruppo Architetti Città Nuova (1972-73). Gli edifici colonici della vicina Cà Croce ospitano una piccola mostra sull’eccidio. Dal ciglio dei calanchi si aprono belle visuali verso il Reno e il Monte Sabbiuno, con l’antico abitato di Sabbiuno di Montagna.
copertina di Parco dei Pini
Parco dei Pini
L’area era nota fino a pochi anni fa come parco Triumvirato, dal nome della via su cui si apre uno degli ingressi (la strada ricorda il convegno dei triumviri del 43 a.C., che ebbe luogo in un’isoletta del Reno nelle vicinanze di Bologna). Il terreno, compreso all’interno di una vasta acquisizione pubblica del 1919, in seguito accolse impianti dell’acquedotto comunale. Tra gli anni ‘60 e’70 circa 4 ettari furono scorporati dall’area di pertinenza dell’acquedotto e destinati a ospitare strutture sportive e verde pubblico. Un vialetto collega i tre ingressi del parco, completamente recintato e parzialmente chiuso dalle vicine costruzioni, e conduce a vari gruppi di panchine e giochi per i bambini, convergendo verso il piazzale del fabbricato che ospitava la piscina comunale. Il parco è caratterizzato da una densa e costante copertura arborea, che si fonde con quella dell’area dell’acquedotto, anch’essa fittamente alberata. Prevalgono frassini e bagolari, ma sono frequenti anche olmi, tigli, spini di Giuda, platani, ippocastani e gruppi di pini, cedri, cipressi.
  • Giardini Margherita viale Giovanni Gozzadini
    E’ il più esteso e frequentato parco cittadino. Realizzato, su disegno del piemontese Sambuy, per dotare Bologna di un grande spazio verde pubblico sull’esempio delle maggiori città italiane ed europee, venne inaugurato nel 1879 con il nome di Passeggio Regina Margherita (in omaggio alla moglie di Umberto I). I giardini, che hanno una superficie di 26 ettari, conservano buona parte dell’assetto originario, vagamente ispirato ai parchi romantici inglesi, con ampi viali alberati, un laghetto contornato da finte scogliere di gesso, vaste superfici a prato, boschetti di querce e altri angoli più naturali, un corredo di notevoli esemplari arborei in prevalenza esotici (cedri, pini, ippocastani, platani, cipressi calvi, qualche farnia, una sequoia). Durante i lavori per la realizzazione del parco, nell’area venne alla luce un sepolcreto etrusco, dal quale proviene la pregevole tomba in travertino che si ammira ai margini del prato centrale. Una curiosità, sul lato meridionale del laghetto, è il breve tratto all’aperto che ancora compie l’antico canale di Savena (1176), una delle vie d’acqua che un tempo caratterizzava la città.
  • Giardino della Montagnola via Irnerio 2/3
    È il più antico giardino cittadino, da secoli luogo di passeggio e teatro di manifestazioni, giochi, gare sportive. A partire dal 1662 l’area, sopraelevata rispetto a quelle circostanti perché dal medioevo deputata all’accumulo di macerie e rifiuti, venne destinata a uso pubblico: in parte occupata da orti e colture di gelso, per il resto era dotata di ampi viali e di un piazzale centrale a disposizione dei visitatori. Il disegno attuale risale ai primi anni dell’800, quando per espressa volontà di Napoleone venne ripensato da G. B. Martinetti secondo geometrie ispirate ai giardini alla francese. Nel 1896 la Montagnola fu arricchita con la grande scalinata monumentale che guarda verso la vecchia porta e i ruderi dell’antica fortezza di Galliera. Più tardi al centro del giardino venne sistemata la vasca circolare, impreziosita da gruppi scultorei di Diego Sarti, che era stata creata per i Giardini Margherita al tempo dell’Esposizione Emiliana (1888). Fra gli alberi del giardino, che ha una superficie di 6 ettari, risaltano le grandi chiome di alcuni platani monumentali, il cui impianto è di epoca napoleonica.
  • Giardino di piazza Giovanni XXIII Piazza Giovanni XXIII
    L’area verde, di poco superiore all’ettaro, è inserita al centro del Villaggio CEP Barca, davanti al lungo edificio porticato noto come “il treno”. In origine destinata a ospitare la piazza del quartiere, realizzato a partire dalla fine degli anni ‘50 su progetto di Giuseppe Vaccaro, si è invece conservata per decenni come una grande superficie erbosa, punteggiata da gruppi di alberi. Pur mantenendo la sua destinazione a verde, nel 1997 ha parzialmente recuperato la funzione originaria attraverso la costruzione del percorso pavimentato che si allarga a formare una sorta di ansa in cui si riconoscono tre piccole “isole”: un intervento ispirato alla vicinanza del fiume Reno, che è all’origine del nome della località (per secoli, fino all’ultimo dopoguerra, nella zona era in funzione un traghetto verso Casteldebole). Nell’occasione il giardino è stato anche notevolmente arricchito di specie arboree e arbustive, in prevalenza autoctone. Su un lato del prato centrale spicca un busto in bronzo di papa Giovanni XXIII, opera di Valerio Cattoli (1991), collocato per volontà dei cittadini.
  • Parco di Villa Spada Via di Casaglia 3
    Si estende per circa 6 ettari all’estremità della stretta dorsale tra il rio Meloncello e il Ravone. Macchie di alberi e prati si alternano lungo il pendio che dalla collina di Casaglia scende su via Saragozza. Dai punti più elevati (120 m) si godono begli scorci sul centro storico, incorniciato dalle chiome dei tanti sempreverdi mediterranei (lecci, cipressi, allori, pini domestici e marittimi, corbezzoli). Nella porzione subito a destra dell’ingresso principale cresce un boschetto seminaturale con specie tipiche della collina (orniello, carpino nero, acero campestre, ciavardello, biancospino). Nella vicina torretta neomedievale, secondo la tradizione, venne rinchiuso prima della fucilazione il martire risorgimentale Ugo Bassi. La villa in stile neoclassico fu costruita dalla famiglia Zambeccari alla fine del ‘700. Il progetto è attribuito a G. B. Martinetti, che disegnò anche il piccolo giardino all’italiana terrazzato e adorno di vasi e sculture. Sul frontone della villa, che è sede del Museo Storico Didattico della Tappezzeria, campeggia lo stemma dei principi Spada, i proprietari di cui conserva il nome.
  • Giardino di Villa delle Rose Via Saragozza, 228-230
    Una bella scalinata a più rampe e un sinuoso viale di platani poco lontano sono gli accessi che, da via Saragozza, risalgono il breve pendio verso la villa, ornata da un elegante loggiato (fu costruita nel ‘700 come casa di villeggiatura della famiglia Cella). Nel piazzale davanti all’edificio spicca un superbo esemplare di faggio; tutt’intorno sono disposte varie opere scultoree risalenti alla fine dell’‘800 e ai primi decenni del ‘900. Il parco, che si estende per poco meno di due ettari sulle prime pendici del colle della Guardia, è caratterizzato dalla presenza di un giardino ornamentale di sempreverdi soprattutto esotici (abeti di Spagna, tassi, cipressi, cedri, magnolie, pini, un’araucaria), siepi di Poncirus trifoliata e tasso, uno scenografico viale di ippocastani. Donata al Comune di Bologna nel 1916, la villa è stata per lunghi periodi sede della Galleria d’Arte Moderna, di cui oggi ospita mostre temporanee.
  • Giardino Emilio Alessandrini Via Domokos
    Realizzato all’inizio degli anni ‘80, il giardino è una tranquilla oasi dall’aspetto decisamente naturale che si estende per circa 3,5 ettari. Lunghi corridoi verdi tra i condomini conducono dagli ingressi all’ampio prato centrale, che è circondato da una cortina di alberi e, più all’esterno, da una fitta siepe. All’interno tutto suggerisce l’idea di uno spazio pensato come una rappresentazione, seppure ingentilita, dei modi e dei tempi della natura. Gli arredi, particolarmente discreti, sono collocati ai margini di un percorso erboso con pavimentazione in legno. Gli alberi, quasi tutti appartenenti a specie caducifoglie autoctone, sono disposti a gruppi in una fascia irregolare ai lati del sentiero; i più diffusi sono bagolari, pioppi bianchi, tigli, noci neri e frassini. Alcune di queste essenze arboree, insieme a tante altre in prevalenza arbustive, formano la densa siepe perimetrale che, nel tratto di confine con l’istituto religioso delle Farlottine, diventa una quinta di lauroceraso. Il giardino è dedicato al giudice (1942-1979) ucciso dai terroristi a Milano.
  • Parco di Villa Angeletti Via de' Carracci 73
    Nel ‘700 la pianura che si estendeva tra il canale Naviglio e l’antico corso del Savena era punteggiata di case coloniche e ville disposte lungo gli stradelli che si aprivano a ventaglio fuori porta Galliera. In prossimità di un ampio meandro del Navile, ben visibile ancora oggi, era situato il palazzo della famiglia senatoria Calderini. Dell’edificio, passato agli Angeletti nel secolo successivo, non restano più tracce (venne ridotto in macerie dai bombardamenti dell’ultima guerra), mentre i terreni circostanti sono stati donati dalla Carisbo al Comune per ospitare un parco pubblico. L’area verde, terminata nel 1997, si sviluppa per 8,5 ettari lungo la sponda destra del canale. Il progetto ha puntato ad assecondare la morfologia del luogo e a conservare le alberature preesistenti (alberi da frutto, qualche esemplare ornamentale) e i lembi di vegetazione spontanea che fiancheggiano il corso d’acqua. Nel resto del parco, caratterizzato dal disegno delle piste ciclabili, ampi prati si alternano a zone alberate con latifoglie autoctone. In posizione centrale si trova una attrezzata area giochi per i bambini.
  • Giardino Vittorio Melloni via Breventani 22
    Occupa una porzione del vecchio parco di Villa Melloni, un edificio di fine ‘800 contornato da verde ornamentale, che è ancora visibile appena oltre la recinzione. Sui terreni della vecchia proprietà, venduti a partire dai primi del secolo, furono costruiti i palazzi che oggi si affacciano sull’area pubblica. Il giardino venne ceduto all’Amministrazione comunale dalla vedova del colonnello d’aviazione Vittorio Melloni e aperto al pubblico nel 1984. Nell’area prevalgono alberi e arbusti ornamentali, fra cui numerosi sempreverdi, ma si incontrano ancora piante da frutto che testimoniano del passato uso agricolo di una parte dei terreni. Spiccano alcuni esemplari di notevoli dimensioni, fra cui una secolare sequoia e un pioppo bianco, relitti del parco della villa e della vegetazione spontanea che cresceva a ridosso del Ravone; il tracciato del piccolo corso d’acqua, coperto in anni recenti, è segnalato da un sentiero sopraelevato sul confine del giardino.
  • Giardino Gino Cervi via Argia Magazzari
    E’ uno degli spazi verdi legati al notevole insediamento INA Casa di via Andreini, sorto verso la fine degli anni ‘50. Il giardino, di forma triangolare, è stato invece realizzato nel 1972. E’ suddiviso in alcune porzioni dalle caratteristiche omogenee. La parte più ombrosa e movimentata, tra via Melato e uno dei lunghi caseggiati, è caratterizzata da gruppi di sofore, aceri americani, platani e pini neri. Un ampio prato, delimitato da una densa quinta di noccioli e da macchie di forsizie e pallon di maggio, è attrezzato per il gioco dei bambini. All’angolo tra le vie Magazzari e Melato l’area accoglie una piccola piazza nel verde, sottolineata da filari di pioppi cipressini, sofore e aceri montani. Il giardino è dedicato al grande attore bolognese (1901-1974), dagli anni ’30 tra i più importanti e popolari protagonisti del teatro e del cinema italiano. Nel dopoguerra la sua figura è stata indissolubilmente legata alle indimenticabili interpretazioni del sanguigno Peppone, nei film tratti dai romanzi di Giovanni Guareschi, e più tardi, per il pubblico televisivo, del celeberrimo commissario Maigret di Simenon.
  • Giardino di Casa Carducci Piazza Carducci
    Contiguo all’ultima abitazione del poeta, che vi si trasferì nel 1890, il piccolo giardino è addossato a un tratto residuo delle antiche mura. Alla morte di Giosuè Carducci (1907), la regina Margherita lo donò al Comune insieme all’edificio, il cinquecentesco oratorio di S. Maria del Piombo che, trasformato a uso residenziale nei primi dell’‘800, è oggi sede del museo a lui dedicato. Il monumento, opera in stile liberty di Leonardo Bistolfi (1859-1933), venne concepito poco dopo la scomparsa del poeta ma inaugurato solo nel 1928. Si compone di quattro elementi scultorei collegati da scalinate: al centro è la potente figura di Carducci, seduto in atteggiamento assorto; a destra il gruppo del Sauro destrier, cavalcato dalla Libertà e affiancato dal Ritmo e dalla Rima; in basso a sinistra il gruppo della Natura e il Poeta con un fauno che suona la sinfonia eterna delle solitudini piene di vita; sullo sfondo un altorilievo raffigura l’opera carducciana e il raggiungimento dell’Unità d’Italia. Un grandioso bagolaro reclina la chioma sul poeta. Spiccano alcuni svettanti cipressi, un imponente acero campestre a metà del pendio e cespugli di rose nel piano.
  • Giardino di piazza Cavour Piazza Camillo Benso Cavour 110
    Il giardino, sorto dopo il 1860 nell’ambito di un ampio progetto urbanistico municipale per il miglioramento del centro cittadino, prese il posto di palazzi cinquecenteschi e vecchie vie dai nomi singolari (Borgo Sàlamo, Sblisgapianelle). Intorno al giardino furono costruiti eleganti edifici porticati che oggi costituiscono il più significativo complesso urbanistico bolognese dell’‘800. L’impianto del giardino venne affidato nel 1870 al torinese Pietro Ceri, che realizzò secondo i canoni dell’epoca una piazza giardino di forma regolare, con aiuole e vialetti cinti da una cancellata. Nel 1902 vi fu collocata la statua a mezzobusto di Cavour, opera di Carlo Monari. Nonostante le dimensioni limitate, il giardino ospita una discreta varietà di piante: tra gli arbusti, in prevalenza sempreverdi, spiccano Poncirus trifoliata, pittosporo, Aucuba japonica, mahonia, tasso, lauroceraso; tra gli alberi, i più imponenti sono un esemplare maschile di ginkgo, tre ippocastani e un faggio.
  • Giardino Ferruccio Busoni di Villa Mazzacorati Via Toscana, 19
    Si estende intorno alla monumentale villa, antica residenza suburbana di nobili famiglie bolognesi come i Marescotti, gli Aldrovandi e i Mazzacorati, che la abitarono dai primi del ‘600 fino al secolo scorso (l’aspetto neoclassico è dovuto a trasformazioni e ampliamenti della seconda metà del ‘700). Fin dalla costruzione, alla villa faceva da contorno uno sfarzoso giardino che si prolungava nella grande tenuta circostante. Nelle linee essenziali il disegno è rimasto quello di un tempo: lo spazio davanti alla villa è occupato da un giardino all’italiana con aiuole fiorite (fra cui una collezione di rose antiche), siepi, due grandi esemplari di leccio e tasso, alberelli di arancio spinoso e fontane; alle spalle dell’edificio, viali alberati fiancheggiano composite macchie boscate che conservano qualche notevole esemplare sopravvissuto agli scempi dell’ultima guerra; la serra ospita una collezione di orchidee tropicali. Il giardino, di proprietà dell’Azienda USL Città di Bologna, ha una superficie di 3,6 ettari; è intitolato al celebre pianista e compositore (1866-1924), per un periodo direttore del liceo musicale bolognese.
  • Giardino Graziella Fava via Milazzo 24
    Il giardino è un triangolo di verde, il cui muro di cinta lungo il viale di circonvallazione ricalca il tracciato delle mura trecentesche. Tutto il territorio circostante, un tempo compreso tra le antiche vie del Porto e del Maglio e occupato da estensioni di orti, venne completamente trasformato dal piano regolatore del 1889 con la creazione di piazza dei Martiri e della sua radiale di strade. L’area verde, realizzata alla fine degli anni ’70, è dedicata a una vittima dell’attentato terroristico alla sede dell’Associazione della Stampa Emilia-Romagna e Marche del 13 marzo 1979. Due lati del piazzale centrale, segnati da filari di acero riccio, terminano con piazzole dominate da grandi pioppi bianchi e confluiscono in un vialetto di ippocastani in lieve salita fino al terrazzo su viale Pietramellara. Gli alberi e gli arbusti si addensano lungo il perimetro, formando una fitta siepe di carpini, alberi di Giuda, scotani, forsizie, pittospori, liquidambar e altre specie ornamentali. All’esterno, lungo via Milazzo, l’edera lascia intravedere tratti di muro con moderni inserimenti metallici e incisioni graffite.
  • Giardino del Guasto via del Guasto 1
    Il giardino, realizzato da Gennaro Filippini nel 1974, è un originale esempio di moderno intervento in uno dei due storici “guasti” della città (l’altro è la Montagnola). Un tempo il luogo era parte del vasto e sontuoso palazzo dei Bentivoglio, signori di Bologna sino al 1506, ridotto in macerie dalla furia popolare l’anno seguente. Il Guasto dei Bentivoglio rimase in abbandono sino a metà del Settecento, quando su buona parte dell’area sorse il Teatro Comunale; la parte rimasta fu delimitata ai primi dell’Ottocento da muri di sostegno in selenite. Dalla piazzetta di largo Respighi, attrezzata per la sosta e ombreggiata da esemplari di ginkgo, una doppia rampa conduce al giardino vero e proprio. Lo spazio pensile, rinfrescato da un percorso d’acqua, è caratterizzato da uno studiato impiego del cemento, sagomato in forme evocative del continuo variare della natura, che mira a stimolare la fantasia dei bambini e la loro libera espressione nei giochi. Gruppi di aceri, alberi di Giuda, bagolari, carpini, brussonezie e tassi sono disposti a corona sulle scarpate. Durante il restauro del 2000 un secondo ingresso è stato aperto in via del Guasto.
  • Giardino di piazza Minghetti Piazza Minghetti
    Frutto delle scelte urbanistiche postunitarie, la piazza giardino venne realizzata tra il 1893 e il 1896 in seguito alla demolizione di un vasto isolato tra via de’ Toschi e il palazzo della Cassa di Risparmio (sorto una quindicina di anni prima). Il progetto, inizialmente affidato al piemontese Sambuy, che aveva da poco terminato i Giardini Margherita, venne poi realizzato con un disegno più formale e su una superficie più limitata. Al centro della piazza fu collocata la statua dello statista bolognese Marco Minghetti, opera di Giulio Monteverde (1896). Nel 1911 su un lato della piazza venne edificato il palazzo delle Poste. Nel giardino si impone all’attenzione un gigantesco platano che ha quasi due secoli di vita. Tra gli altri alberi spiccano una sempreverde Magnolia grandiflora, una splendida magnolia a foglie caduche, uno dei rarissimi esemplari presenti a Bologna di Cladastris lutea, un grande faggio (a foglia rossa), due maclure, due ginkgo, un gruppo di maggiociondoli, un acero di monte.
  • Giardino Scoto (ex Parco di San Michele in Bosco) via Codivilla 5
    Addossato al centro cittadino, il colle (132 m) è uno dei luoghi più suggestivi di Bologna. Il complesso monastico, oggi sede degli Istituti Ortopedici Rizzoli, fu edificato nel ‘300 dagli Olivetani nell’area di un cenobio duecentesco. La chiesa, ricostruita come il campanile nei primi decenni del ‘500, è attribuita al celebre architetto ferrarese Biagio Rossetti. Le pendici del colle sono rivestite soprattutto di conifere; solo nel versante occidentale del parco, che ha un’estensione complessiva di 7 ettari, prevalgono le specie tipiche della collina, con alcune secolari roverelle. La sistemazione del parco, di proprietà degli Istituti, risale alla fine dell’‘800, in concomitanza con l’apertura dell’ospedale. Dal piazzale a lato della chiesa si gode uno spettacolare panorama su Bologna e la pianura, oggi parzialmente compromesso da un impianto arboreo dell’immediato dopoguerra. Nel corso dei secoli il celebre belvedere è stato illustrato in centinaia di stampe e ha colpito visitatori di tutti i paesi (tra i tanti, Stendhal che, di passaggio a Bologna nel 1817, ne magnificò la vastissima visuale).
  • Parco di Villa Ghigi via San Mamolo 105
    Si estende sul versante destro dell’appartata valletta del rio Fontane (un tempo nota come Valverde). Nonostante la vicinanza al centro storico, sottolineata dalla vista su Bologna, il parco possiede già molti caratteri del paesaggio collinare. Al suo interno convivono prati, coltivi, vigneti, filari di vecchi fruttiferi, pregevoli esemplari arborei esotici e autoctoni (alcune secolari roverelle, un grande tasso), lembi di querceto e un insolito boschetto di faggi piantato più di un secolo fa. Da fine inverno a primavera inoltrata nel sottobosco e nei prati del parco, che ha una superficie di 29 ettari, si succedono belle fioriture spontanee (elleboro, anemoni, tulipani, orchidee). La villa, di aspetto ottocentesco ma di origine più antica, nel ‘600 appartenne alla potente famiglia Malvezzi. Nel 1874 venne acquistata da Callisto Ghigi. Il figlio Alessandro (1875-1970), zoologo di fama e rettore dell’Università, negli anni ‘60 donò parte dei terreni al Comune di Bologna, che acquisì l’intero patrimonio nel 1972. Da molti anni il Centro Villa Ghigi svolge nel parco un’intensa attività di educazione ambientale per le scuole bolognesi.
  • Parco di San Pellegrino via di Casaglia 36
    Si estende in bella posizione panoramica sulla stretta dorsale che, tra le vallette del Meloncello e del Ravone, scende da Monte Albano verso Villa Spada; splendida è la vista su S. Luca. I nuclei rurali di Casa Giuliani (di proprietà comunale) e Casa Breventan, che già esistevano nel ‘700 come Luogo Piccolo e Luogo Grande, appartennero alla famiglia senatoria De Buoi e in seguito ai Breventani. Nella seconda metà dell’‘800 Giuseppe e Luigi Breventani, entrambi ecclesiastici, fondarono il Ritiro S. Pellegrino, un istituto religioso al quale conferirono poi la proprietà (Luigi è stato un illustre studioso di storia locale). La sistemazione dell’area ha mirato a conservare l’assetto di un tempo, con i coltivi trasformati in prati e gli alberi da frutto che sottolineano la viabilità e i vecchi appezzamenti. La valletta del Meloncello custodisce la porzione più naturale: lungo il rio si sviluppano pioppi neri, salici bianchi e sambuchi, mentre il bosco che cresce nelle parti più stabili del versante è formato da carpini neri e noccioli, con qualche roverella nei punti più assolati. Il parco, che ha una superficie di 27 ettari, è stato aperto al pubblico nel 1995.
  • Giardino partigiani del Pontevecchio (ex Bitone) via Friuli Venezia Giulia 14
    Sorto al posto di un vecchio campo sportivo, il giardino, completato nel 1996, occupa un’area di circa mezzo ettaro. Da un’ampia superficie ghiaiata con panchine e giochi per i bambini prende il via un sentiero lastricato, fiancheggiato da un filare di gelsi, che attraversa tutto il giardino dividendolo in due parti. Su un lato si allarga un prato pianeggiante bordato da macchie di lillà, deutzia e lonicera; sul lato opposto si alza un dolce rilievo sulla cui sommità, all’ombra di farnie, ciliegi e pioppi cipressini, si trovano altre panchine. Fra le tante specie arboree ne compaiono alcune raramente impiegate nel verde cittadino (sorbo degli uccellatori, sorbo montano, ciliegio a grappoli), ma insolita è soprattutto la quantità degli arbusti presenti: dense macchie di nocciolo, sanguinello, sinforina, lantana e un lembo di roseto ricoprono i fianchi della collinetta; ibisco e spirea bordano a tratti il percorso centrale; laurotino ed eleagno crescono lungo il perimetro.
  • Parco dei Pini via del Triumvirato 16
    L’area era nota fino a pochi anni fa come parco Triumvirato, dal nome della via su cui si apre uno degli ingressi (la strada ricorda il convegno dei triumviri del 43 a.C., che ebbe luogo in un’isoletta del Reno nelle vicinanze di Bologna). Il terreno, compreso all’interno di una vasta acquisizione pubblica del 1919, in seguito accolse impianti dell’acquedotto comunale. Tra gli anni ‘60 e’70 circa 4 ettari furono scorporati dall’area di pertinenza dell’acquedotto e destinati a ospitare strutture sportive e verde pubblico. Un vialetto collega i tre ingressi del parco, completamente recintato e parzialmente chiuso dalle vicine costruzioni, e conduce a vari gruppi di panchine e giochi per i bambini, convergendo verso il piazzale del fabbricato che ospitava la piscina comunale. Il parco è caratterizzato da una densa e costante copertura arborea, che si fonde con quella dell’area dell’acquedotto, anch’essa fittamente alberata. Prevalgono frassini e bagolari, ma sono frequenti anche olmi, tigli, spini di Giuda, platani, ippocastani e gruppi di pini, cedri, cipressi.
  • Giardino Pier Paolo Pasolini via Casini 6
    Il primo nucleo del villaggio del Pilastro sorse negli anni ‘60 e l’espansione proseguì nel decennio successivo culminando con la costruzione del cosiddetto virgolone. Il parco, intitolato al celebre scrittore e regista (1922-1965), si estende per 16 ettari nell’area abbracciata dall’imponente edificio. Sul terreno dolcemente ondulato gli alberi sono in prevalenza disposti secondo precise linee geometriche. L’elemento di maggiore evidenza è il viale rettilineo di pioppi cipressini, lungo il quale si sviluppa lo spettacolare complesso scultoreo creato da Nicola Zamboni, con circa 200 figure umane a grandezza naturale, un teatro scultura e una sorta di necropoli all’interno di due conche nel prato (1974-84). Aceri di monte, noci neri, frassini, ontani, ippocastani, tigli e pioppi bianchi formano una densa fascia di vegetazione in prossimità dell’edificio. Nella parte meridionale dell’area, su un dosso vicino alla siepe ornamentale di confine, cresce un fitto gruppo di farnie. Per il resto domina il prato, attraversato dalle linee serpeggianti della viabilità, con ampie superfici attrezzate per il calcio e i giochi dei bambini.
  • Arboreto del Pilastro via del Pilastro 6/4
    Il parco, che si estende per circa 10 ettari e include due antichi nuclei rurali, è stato completato nel 1997. Numerosi elementi consentono ancora di cogliere la passata destinazione agricola dei terreni: cavedagne, scoline fiancheggiate da salici bianchi, filari di aceri campestri, grandi ciliegi, una siepe di biancospino, acero campestre e olmo lungo via del Pilastro e, nei pressi di uno degli edifici, un monumentale gelso capitozzato. La maggior parte delle piante è tuttavia di recente introduzione e rivela l’intenzione di caratterizzare il parco con una insolita ricchezza botanica. Nella parte meridionale specie rigorosamente autoctone (frassino, farnia, pioppo bianco, pioppo nero, acero campestre, biancospino, ginestra) formano un’ampia fascia di protezione dallo scalo ferroviario. Nella parte centrale, concepita come un vero e proprio arboreto, i prati si alternano a macchie alberate e siepi dove sono state messe a dimora più di 100 specie diverse di alberi e arbusti a foglia caduca, tra cui antiche varietà di meli, peri, pruni, varie specie di salici ed essenze ornamentali poco utilizzate come le esotiche hickory, zelkova e sterculia. Nota: il monumentale gelso capitozzato è stato da tempo abbattuto (Giuseppina Camellini - Interventi per il Verde)
  • Giardino Vincenzo Tanara via Weber 32
    L’area verde, che si estende per oltre 5 ettari accanto a un centro commerciale e a un vasto insediamento residenziale, è stata inaugurata nel 1997. La denominazione ricorda l’illustre agronomo bolognese (1591-1653) dell’età barocca, autore del celebre trattato Economia del cittadino in villa. Il disegno del parco è caratterizzato dalla chiara distinzione tra i sentieri pedonali in ghiaia e gli stradelli ciclabili in asfalto colorato, che si sviluppano seguendo tracciati indipendenti; nei punti in cui si incrociano e vicino agli ingressi si allargano piazzole in porfido. Nell’area dominano gli spazi aperti: prati in dolce rilievo limitati da alberi e arbusti di specie autoctone (aceri, querce, tigli, noci, carpini, platani, sorbi, peri), disposti a macchie o in filari oppure, come a ridosso della tangenziale, a formare veri e propri boschetti. Tra i nuovi impianti spiccano alcuni vecchi filari di acero campestre, due grandi salici bianchi e diversi esemplari di ciliegio rimasti dal recente passato agricolo. Da segnalare è l’attrezzato spazio per i giochi di bambini e adolescenti, dominato da una struttura piramidale per le arrampicate.
  • Parco del Paleotto via del Paleotto
    Si estende sul versante sinistro della valle del Savena e lambisce per un breve tratto le sponde del torrente. Il nome è legato all’antica casata bolognese dei Paleotti, che a lungo gestirono i terreni che risalgono la collina fino alla bella chiesa di Jola. Il Savena ha da sempre condizionato l’economia della zona, in cui spiccava la presenza di un antichissimo mulino, oggi scomparso, che prolungò la sua attività fino all’ultima guerra, ricevendo i prodotti dei fertili terreni di fondovalle. Divenuta di proprietà comunale nel 1973, l’area, che ha una superficie di 21 ettari, mantiene ancora l’impronta del passato: sentieri che ricalcano vecchie cavedagne separano grandi prati e seminativi, spesso attraversati da filari di alberi da frutto e aceri campestri (un tempo usati come sostegno della vite). Soltanto lungo il corso del Savena e sulle pendici più acclivi crescono lembi di bosco naturale in cui, accanto ad alberi e arbusti spontanei della bassa collina, compaiono varie specie estranee legate alla secolare presenza dell’uomo.
  • Parco di Monte Paderno via delle Lastre
    Si estende sulla parte sommitale di Monte Paderno (359 m), un piccolo rilievo tra i più frequentati della collina bolognese. La via del Forte, che conduce alla cima, ricorda una delle fortificazioni postunitarie a difesa della città. Le cavedagne e i sentieri del parco attraversano estesi boschi, freschi o più asciutti secondo l'esposizione, fitti arbusteti, grandi prati segnati da vecchi filari da frutto o da macchie di alberi messi a dimora più di recente. L’alternarsi di questi ambienti disegna un paesaggio nel quale le aree che testimoniano della passata attività agricola si integrano gradevolmente con altre destinate alla progressiva evoluzione naturale della vegetazione. Dal parco si godono bei panorami sulle zone circostanti, come i caratteristici calanchi che si estendono ai piedi del monte (furono visitati da Goethe nell’ottobre del 1786 per raccogliere campioni di baritina, un minerale noto per secoli come pietra fosforica di Paderno). Della vicina chiesa, dedicata a S. Apollinare, si hanno notizie dal ‘200. L’apertura del parco, che ha una superficie di 27 ettari, è avvenuta nel 1974
  • Parco Cavaioni via Cavaioni
    Abbraccia il tratto iniziale della valle del Ravone, un piccolo torrente che confluisce nel Reno subito dopo Bologna. Il nome è legato al bolognese cavajàn, che indica la massa di covoni e ricorda la passata destinazione a seminativo di gran parte di questi terreni. Cavaione è anche il toponimo di un vecchio edificio rurale appena oltre il confine dell’area verde, di fronte all’ingresso principale. Oggi il parco, nel quale prati e appezzamenti coltivati si alternano a lembi boscati, offre l’opportunità di gradevoli soste sull’erba e di tranquille passeggiate lungo i sentieri che si inoltrano nella penombra dei boschi di querce, dove ancora si incontra qualche roverella di notevoli dimensioni. Fra gli ambienti più interessanti è uno stagno, circondato da una fascia di vegetazione caratteristica, che ospita nelle sue acque una ricca vita vegetale e animale. Il parco, divenuto di proprietà pubblica tra gli anni ‘60 e ‘70, ha una superficie di 38 ettari.
  • Parco dei Calanchi di Sabbiuno via di Sabbiuno
    È situato all’estremità del territorio bolognese, in confine con Sasso Marconi, e si estende su entrambi i versanti del crinale tra Reno e Savena, qui percorso da via di Sabbiuno (sul tracciato di un’antichissima strada per la Toscana). L’area verso il Savena è occupata da prati, cespugli di rose selvatiche e biancospini, filari di aceri di monte, olmi, ornielli e lembi boscati di impianto recente; molto suggestivo è il panorama sulle pareti dirupate, le sottili creste e il pinnacolo isolato delle arenarie plioceniche sotto Monte Sammorè. Il versante verso il Reno, selvaggio e non praticabile, è interamente occupato da uno spettacolare anfiteatro di calanchi, con i bordi punteggiati di ginestre. Sul margine è sorto il notevole monumento in memoria dei 100 partigiani assassinati in questo luogo dai nazifascisti nel dicembre 1944, opera del Gruppo Architetti Città Nuova (1972-73). Gli edifici colonici della vicina Cà Croce ospitano una piccola mostra sull’eccidio. Dal ciglio dei calanchi si aprono belle visuali verso il Reno e il Monte Sabbiuno, con l’antico abitato di Sabbiuno di Montagna.
  • Parco di Forte Bandiera via Monte Donato 13
    Si estende intorno ai rilievi di Jola e Bandiera. Quest’ultimo è legato al nome di una famiglia che nel ‘700 possedeva vari beni nell’area, fra cui il Casino Bandiera proprio in cima al colle, dove oggi svetta un filare di cipressi. L’attuale denominazione ricorda una fortificazione eretta sulla sommità nel 1860, che insieme con altre sui rilievi vicini faceva parte di una linea difensiva per la città tra Reno e Savena. Del forte non restano tracce, mentre si è conservato qualche rudere di quello sorto sul vicino colle di Jola. Il parco è attraversato da belle sterrate, spesso fiancheggiate da siepi, che ricalcano la viabilità settecentesca e consentono di apprezzare, oltre ai panorami sulle colline circostanti, i vari ambienti che lo caratterizzano: grandi prati interrotti da filari di alberi, macchie arbustive ricche di fioriture primaverili, lembi di bosco, piccoli appezzamenti ancora coltivati. L’area del parco, uno dei primi tra quelli collinari, è stata progressivamente acquisita dall’Amministrazione comunale nel corso degli anni ‘60 e ‘70; oggi la superficie è di 16 ettari.
  • Parco di via dei Giardini (della Ca' Bura) via dell'Arcoveggio 114
    Si estende per oltre 9 ettari intorno a un asse centrale che, tra due grandi colline artificiali, collega una piazza pavimentata a un gazebo che si protende su un ampio specchio d’acqua. Il laghetto è il cuore del parco e ricorda l’epoca in cui intorno al Navile prosperavano fornaci e cave di argilla. Inaugurata nel 1996, l’area si presenta come una vasta superficie prativa che si spinge, interrotta solo dai due rilievi, sino alle strade e agli insediamenti residenziali circostanti. Gli alberi sono in prevalenza disposti a gruppi o a filari lungo la viabilità. Sulle sponde erbose del laghetto qua e là crescono lembi di canneto, salici e pioppi e sono collocati ricoveri per uccelli acquatici (cigni, anatre mandarina, codoni, oche del Nilo, volpoche). Alle cure e al costante arricchimento dell’area, con ricostruzione di lembi di vegetazione naturale, collezioni di erbe aromatiche e altri interventi, dà un fondamentale contributo l’associazione di volontariato Ca’ Bura (dall’antica stazione di posta lungo il Navile, che è presente nelle vicinanze e ha suggerito anche la denominazione del parco).
  • Giardino della Lunetta Gamberini via degli Orti 60
    Il nome del giardino ricorda la linea difensiva voluta dal generale Fanti tra il 1860 e il 1867, che contava 9 forti e 17 lunette munite di cannoni intorno a Bologna e sparse fortificazioni sulle colline. La lunetta prese il nome da una Cà Gamberini che sorgeva nei pressi della via Emilia. L’ingombrante trincea fu un’apparizione effimera, perché il piano regolatore del 1889 ne decretò il rapido smantellamento. Furono conservati solo piccoli presidi, come la Lunetta Gamberini, adibita alla fabbricazione di fulminato di mercurio. Il complesso dell’area verde, che si estende per 14,5 ettari, è frutto di una serie di acquisizioni degli anni ’70. Circondata da una folta siepe con alberi di Giuda, forsizie, scotani, sanguinelli, sinforine e altri arbusti ornamentali, ospita al suo interno impianti sportivi, scuole, un centro sociale e un centro giovanile. Gli ampi prati sono spesso ombreggiati da filari di pioppi bianchi e tigli. Dall’ingresso di via Sigonio, oltre un prato alberato, si alza un rilievo, con le pendici rivestite di robinie, biancospini e olmi, che era probabilmente il nucleo centrale della vecchia postazione.
  • Parco dei Cedri via Cracovia
    Si sviluppa su una superficie di 11 ettari lungo la sponda sinistra del Savena, che in questo tratto segna il confine tra Bologna e S. Lazzaro (il corso attuale del torrente, molto diverso da quello originario, è frutto di una deviazione settecentesca). Realizzato a partire dagli anni ‘70 su terreni agricoli residui di antiche proprietà, il parco è stato completato nel 1982. I suoi grandi prati sono attraversati da numerosi sentieri che, con andamento sinuoso, lambiscono siepi, macchie alberate ed esemplari arborei isolati; da segnalare è il frequentato percorso vita. Tra le specie arboree, in maggioranza esotiche, prevalgono sempreverdi come pini, abeti, cipressi e cedri (questi ultimi hanno suggerito il nome del parco). Lungo il Savena l’ambiente assume un aspetto più naturale per la presenza di una sottile fascia boscata con pioppi, salici e altre specie che vegetano sulle rive dei corsi d’acqua. Nella parte di parco più vicina alla via Emilia spicca l’oasi a libera evoluzione realizzata a cura del Wwf, con una ricca rassegna di piante tipiche della pianura.
  • Orto botanico via Irnerio 42
    Occupa un'area di oltre 21.000 mq. ove vegetano piante tipiche della flora italiana e dell'Emilia Romagna nonche' della flora esotica di clima arido tropicale e sud tropicale. Notevoli le culture delle piante medicinali italiane e le ricostruzioni di ambienti naturali della flora mediterranea, appeninica e di valle.
  • Giardino Nicholas Green via della Certosa, 32
    Il parco (14 ettari) si sviluppa tra la Certosa e l'asse attrezzato sud-ovest, che negli anni '60 tagliò di netto la trama agricola della zona. Nel progetto dell'area verde varie tracce del passato sono state conservate: cavedagne, canalette, filari, alberi da frutto, ex seminativi, insieme al nucleo colonico privato San Gerolamo, caratterizzano tuttora la fisionomia del parco. Il fossato e la lunetta della parte centrale rimandano al forte Villa Contri, uno dei capisaldi del campo trincerato creato intorno alla città dopo l'Unità d'Italia per difenderla da attacchi austriaci. Il forte, con polveriera, aveva trovato posto in una residenza signorile progettata agli inizi dell'Ottocento da Angelo Venturoli per la famiglia Galli-Canevelli e poi passata all'agronomo Giovanni Francesco Contri; l'edificio fu fatto esplodere nel 1944 durante una celebre azione partigiana. Il parco è intitolato a Nicholas Green (1987-1994), il bimbo statunitense ucciso in Calabria durante una tragica rapina e i cui organi furono poi donati dalla famiglia (un monumento lo ricorda nella zona centrale del parco).